Il 1° febbraio è uscito per Nomos edizioni il libro Esperienze di vita nei giorni del silenzio. La Bicocca al tempo del Coronavirus che ricompone in una narrazione corale esperienze, attività e progetti per la salute e la sicurezza di studenti, docenti, personale dell’Università e cittadini adottati dalla comunità accademica e da alcune componenti del territorio per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19.
Una memoria collettiva, un viaggio tra parole e fotografie per documentare il periodo che va dai primi segnali di allarme del febbraio 2020 allo scoppio della pandemia, all’adozione del lockdown fino alla fase 2.
Ne parliamo con il curatore, il professor Giampaolo Nuvolati, Pro-Rettore per i Rapporti col Territorio.
Professor Nuvolati partiamo dalla sua premessa. Perché questo libro?
Nel momento di maggior crisi l’Università Bicocca ha avviato una serie di iniziative davvero ragguardevoli e impensabili fino a qualche mese prima, non solamente rivolte a dipendenti e studenti ma ancor più alla comunità esterna all’Ateneo nel senso più ampio del termine, assolvendo in pieno alla funzione della Terza Missione. Chi legge il libro ha la possibilità di trovare una quantità incredibile di azioni promosse in vari campi, con obiettivi e interlocutori diversificati, ma accomunate dall’impegno di affrontare con slancio la pandemia, senza lasciarsi scoraggiare. In tutto questo processo ancora una volta è emersa la riconosciuta multidisciplinarietà che contraddistingue il nostro Ateneo, come capacità di affrontare temi e problematiche che toccano i campi più disparati, dalla medicina agli interventi in campo sociale, dalla preparazione di miscele igienizzanti alla realizzazione di ventilatori meccanici per la respirazione assistita. È impossibile fare qui un elenco completo di tutto quello che è stato fatto. Occorre sfogliare il libro. Nello stesso tempo c’era qualcosa in più e di diverso rispetto alla normale routine. Le donne e gli uomini impegnati in queste iniziative si sono abbandonati anche ad emozioni, sentimenti che non sempre si mettono in campo.
Ci spiega il significato dell’immagine inserita a corredo del suo testo introduttivo?
Non disponevo di fotografie specifiche da inserire nel testo e ho pensato di mettere un quadro che avevo dipinto durante il lockdown. Rappresenta una stanza dove si consuma una forma di solitudine, quella che ci ha portati anche gli uni lontano dagli altri, ma anche dalla quale siamo usciti con tutta la nostra volontà per andare incontro agli altri, per aiutarli. In un processo di rinascita. C’è un bel libro di Georges Perec, Specie di Spazi, in cui si gioca sul binomio pubblico-privato per come viene a declinarsi, a partire dalla pagina del libro che stiamo leggendo, magari coricati sul nostro letto, passando poi alla camera, all’appartamento, al palazzo, alla strada e al quartiere, alla città e così via fino al mondo intero. Ecco, direi che le testimonianze che ho raccolto nel volume ci parlano spesso di docenti, studenti, altri collaboratori e operatori che hanno un ruolo pubblico e ben codificato secondo le mansioni che devono svolgere, ma a cui questa volta è stato chiesto (o meglio, hanno liberamente deciso) di dare qualcosa di più, di più personale, di più intimo, direi anche di più coraggioso, soprattutto per chi lavora negli ospedali.
Chi sono gli autori e come è l’architettura interna del libro?
Il volume ha 360 pagine ed è organizzato in otto sezioni. Nella prima, dopo la mia premessa ci sono i testi della Rettrice, Giovanna Iannantuoni del Pro-Rettore Vicario e del Delegato alla semplificazione che inquadrano l’evoluzione del virus dal mondo a Milano. Le sezioni successive “Voci della governace”, “Esperienze” “Cronache dai Dipartimenti” sono scritte dai docenti universitari e affrontano il tema Covid da differenti prospettive corrispondenti ai loro specifici ambiti di intervento. A intervallare i contributi accademici ci sono numerosi scatti fotografici in bianco e nero di una giornata in Bicocca nei giorni dell'emergenza sanitaria, che restituiscono questo tempo vivo ma sospeso. Nel libro trovano spazio inoltre diverse testimonianze dirette di studenti e del personale tecnico amministrativo dell’Ateneo e i “Racconti dal territorio” con le voci dei rappresentanti del Municipio 9, del Comitato Bicocca, dell’Ospedale Niguarda e di alcune società che hanno sede qui, nell’area Nord della città. Chiudono il libro due racconti sulla pandemia, vincitori dell’edizione 2020 del concorso letterario “Un giorno in Bicocca ...“Fuori dal tempo”.
Cosa ha significato realizzare un progetto editoriale completamente da remoto in tempo di pandemia e con un numero così elevato di autori?
Beh non è stato facile, ci tenevo che tutte le anime dell’Ateneo fossero presenti: dai docenti agli studenti, dal personale amministrativo alle figure esterne all’Ateneo rappresentative del quartiere e del territorio, e così talvolta è accaduto che abbiamo letteralmente inseguito alcuni autori e autrici (spero non me ne vorranno) affinché rispettassero i tempi, ma visto il risultato è valsa la pena insistere. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l'aiuto redazionale di Alessandra Scarazzato. Ha svolto un lavoro incredibile di raccordo tra il sottoscritto, gli autori e la casa editrice. Nomos edizioni ci ha accompagnato con cura e grande professionalità dal mese di giugno sino alla consegna dei volumi in Ateneo.
In questi mesi ci siamo scambiati centinaia di email, numerosissime telefonate e video chiamate che ci hanno permesso una più immediata condivisione di testi, immagini, didascalie e scelte grafiche, ma anche un confronto diretto su proposte e scelte da operare.
Chi sono nelle sue intenzioni di curatore i destinatari della pubblicazione, perché si dovrebbe leggere questo libro?
Si dovrebbe leggere perché altrimenti pochi crederebbero a quello che è stato fatto, naturalmente senza nessun obbligo, nessuna costrizione. E poi si dovrebbe leggere perché illustra esperienze molto interessanti che possono costituire punti di riferimento qualora si determinassero altre situazioni emergenziali. E infine si dovrebbe leggere perché questo libro può contribuire alla formazione di un senso di appartenenza, di identità dei singoli con una comunità: l’Università di Milano Bicocca. Nonostante la società post-moderna nella quale viviamo sia sempre più caratterizzata da una individualizzazione delle condotte umane, c’è ancora una certa voglia di comunità che aleggia nell’aria. Penso infine sia molto rilevante fare memoria di questa esperienza perché in futuro si possano aprire nuove prospettive di sviluppo dell’Ateneo anche sul fronte della ricerca, della didattica e della terza missione.
Esperienze di vita nei giorni del silenzio. Cosa è stato per lei scrivere, insegnare, fare ricerca sociale in questi mesi di emergenza sanitaria tra Università e lavoro da casa?
Direi che scrivere non è stato difficile, stando a casa ho continuato a lavorare su libri e articoli vari che avevo in programma. Anche insegnare non è stato poi così problematico, ancora una volta perché l’Ateneo ha fatto miracoli veri e propri nel rendere possibile la didattica, gli esami e le sessioni di laurea, tutto o quasi a distanza. Non nascondo che invece più complicato è stato fare ricerca. La ricerca sociologica presuppone molto spesso una presenza del ricercatore sul campo, una sua interazione con i contesti e le persone e ovviamente in questo periodo tutto è stato (e purtroppo ancora oggi è) molto più difficile. Dal mio osservatorio come direttore di un dipartimento e pro-rettore ho però visto una gran desiderio da parte dei colleghi e delle colleghe di non sospendere le proprie attività, ma al contrario di sfruttare questa occasione per elaborare nuovi progetti, nuove metodologie di ricerca che credo potranno avere un seguito.
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