Ha sconvolto la notizia della morte della sciatrice italiana Matilde Lorenzi, giovane promessa dello sci azzurro caduta in allenamento sul ghiacciaio della val Senales, in Alto Adige. Ma ha sollevato anche molte domande sulla sicurezza di uno sport incentrato sulla velocità come è lo sci. Ne abbiamo parlato con Giorgio Novelli Professore Associato in Chirurgia maxillo facciale dell’Università Milano-Bicocca e chirurgo presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori Monza, che ha allargato il discorso alla sicurezza sulle nostre strade.
Attualmente come valuta le norme di sicurezza adottate per lo sci?
Ritengo che le protezioni oggi siano incomplete: basti pensare che davanti al viso non c’è alcuna barriera. Purtroppo sono tanti gli incidenti sugli sci che coinvolgono il volto e ricordiamo che i tessuti molli e le ossa della faccia, che è anche sede degli organi di senso, hanno anche come scopo quello di proteggere il cervello. Da qui la gravità di un trauma facciale.
La famiglia di Matilde Lorenzi ha fatto appello alle università affinché si lavori di più sulla sicurezza per chi pratica questo sport. Come può essere d’aiuto la ricerca?
Lo sviluppo tecnologico è centrale, basti pensare che la normativa sui caschi protettivi per mobilità urbana o sportivi non si basa su studi e dati scientifici. Ci stiamo occupando da anni di questo tema anche perché tocca direttamente anche quello della sicurezza stradale: gli incidenti in moto sono una delle cause più frequenti di traumi facciali e la gravità delle lesioni dipende dai dispositivi di sicurezza e dai caschi in dotazione. Ecco perché stiamo lavorando con gli ingegneri aerospaziali del Politecnico di Milano proprio per la realizzazione di nuovi caschi più protettivi per faccia e cervello.
In che modo?
All’interno del laboratorio LAST e CRASHLAB, in collaborazione con il chirurgo maxillo-facciale Gabriele Canzi, direttore della Chirurgia Maxillo Facciale dell'ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, con il professor Marco Anghileri e l’ingegnere Ivan Colamartino del Politecnico, abbiamo sviluppato un pionieristico modello di testa, in grado di studiare virtualmente i modelli di frattura nei comuni scenari di incidente.
Il modello, che si chiama Tommy, sarà utilizzato per migliorare la sicurezza passiva degli utenti, consentendo di valutare le diverse tipologie di lesioni in caso di trauma, con vantaggi in termini di progettazione di dispositivi di protezione, sviluppo di trattamenti chirurgici, e in generale miglioramento della sicurezza.
Lei è impegnato da anni in campagne di informazione e sensibilizzazioni
Sì me ne occupo con il Dott. Gabriele Canzi fin dal 2018 e i nostri interlocutori privilegiati sono i giovani ai quali va spiegato che il casco sbagliato durante un incidente stradale può fare la differenza tra il ritorno a una vita normale, una grave disabilità o addirittura la morte. Abbiamo avviato diversi progetti come Scuole in Moto, SalviamociLaFaccia e più recentemente il progetto SafeFaces che ha visto la prima occasione di incontro con 300 ragazzi presso l’Ospedale Niguarda di Milano. Durante tale evento grazie al sostegno di Fondazione ANIA sono stati donati 150 caschi integrali a giovani motociclisti neopatentati.
Abbiamo in essere una stretta collaborazione con il professor Matteo Colleoni dell'Università di Milano-Bicocca nell’ambito della Summer School MUST (Mobility Urban Safe and Training).
Per capire quanto è importante il tema basti pensare che ogni anno gli incidenti stradali causano circa 1,3 milioni di morti al mondo ed è una delle cause più frequenti di morte. Gli incidenti motociclistici rappresentano, in molti Paesi, una delle principali cause di trauma sottoposte all'attenzione dei chirurghi maxillo-facciali: i motociclisti sono esposti a un rischio 30 volte maggiore di subire traumi rispetto ai conducenti di auto.