Troppo tempo su social e smartphone? I consigli dell’esperto digitale - Bnews Troppo tempo su social e smartphone? I consigli dell’esperto digitale

Troppo tempo su social e smartphone? I consigli dell’esperto digitale

Troppo tempo su social e smartphone? I consigli dell’esperto digitale
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Passiamo troppo tempo sui social. L’allarme arriva anche da Tim Cook, Ceo di Apple, in occasione della presentazione di uno strumento che serve a monitorare quanto tempo si trascorre con iPhone e iPad. Ma quella del numero uno di Cupertino è solo l'ulima mossa da parte dei grandi colossi americani della tecnologia per evitare le dipendenze da smartphone e social media. Già Facebook e Google, infatti, si stanno impegnando con azioni per un uso responsabile della tecnologia. Si tratta di strumenti realmente efficaci? Lo abbiamo chiesto a Marco Gui, ricercatore del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. All'interno del dipartimento, Gui si occupa di uso dei media digitali, di disuguaglianze a esso connesse e dei loro effetti collaterali e ha fondato il Centro di Ricerca "Benessere Digitale" www.benesseredigitale.eu che promuove ricerca e formazione sulla qualità della vita nella società digitale.

Gli strumenti che servono a controllare il tempo passato con lo smartphone o sui social network possono realmente incentivare un uso più consapevole della tecnologia? 

Lo scorso anno accademico abbiamo utilizzato uno di questi strumenti (RescueTime www.rescuetime.com)  in una sperimentazione in 18 scuole secondarie di II grado. Tra le altre cose, gli studenti usavano questa app per monitorare il proprio comportamento online per un periodo. Poi, sulla base di questi dati, scrivevano un proprio "Piano di gestione dell'attenzione", con una serie di propositi per una migliore gestione del proprio tempo nella vita quotidiana. I risultati del gruppo sperimentale, rispetto al gruppo di controllo, sono stati molto positivi, sia dal punto di vista della diminuzione dell'uso problematico dello smartphone auto-riportato sia da quello della soddisfazione per l'attività svolta da parte di studenti e docenti. Questa esperienza ci ha mostrato più chiaramente che questo tipo di applicazioni possono servire nei momenti in cui occorre ripensare il proprio utilizzo dei media digitali, soprattutto quelli mobili. Il fatto che Google abbia introdotto una simile funzionalità già all'interno del nuovo sistema operativo Android mostra che questa tematica è ormai centrale anche per le grandi aziende del web. Un'attenzione a come gli smartphone interagiscono con la nostra vita quotidiana è ormai imprescindibile per la difesa del benessere psico-fisico. Occorre tuttavia equilibrio nel non far diventare questi strumenti di monitoraggio una presenza costante di misurazione di performance e, nel lungo periodo, è meglio mirare al raggiungimento di una propria capacità autoregolativa. 

Quali sono gli effetti negativi dell'uso eccessivo dei social network e degli smartphone?

Esiste ormai un'enorme letteratura su questo tema. Al momento, sappiamo che un uso molto frequente e pervasivo dello smartphone si associa a problematiche di varia natura, soprattutto nella vita relazionale e di coppia, nella produttività per lo studio e il lavoro, nell'equilibrio del ritmo sonno-veglia e nella capacità di godersi momenti soddisfacenti di relax. Ovviamente, come succede anche in altri campi, solo alcuni studi riescono ad affrontare il problema della causalità in modo solido. Se quindi c'è accordo sul fatto che tutte queste problematiche si associno significativamente ad un uso intensivo dello smartphone, non sappiamo precisamente quanto sia lo smartphone a causare le problematiche o le problematiche stesse ad incentivare un uso più compulsivo dello smartphone. È probabile che, come spesso avviene, vi siano entrambe le direzioni in questo rapporto. Infine, sappiamo ancora molto poco sulla qualità del tempo speso sullo smartphone e su come questa si leghi ad un suo utilizzo problematico.

L'uso eccessivo dei media digitali può essere indice di qualcosa che non va nella vita reale?

La letteratura sta iniziando a distinguere due situazioni diverse. La prima è quella della cosiddetta "addiction", cioè un problema acuto di dipendenza dai media alla cui base si trovano spesso problematiche preesistenti di tipo psicologico, che vengono scaricate sullo smartphone, sui social o sui video giochi.  Sebbene la dipendenza da smartphone non sia considerata finora una vera e propria patologia psichiatrica, esistono delle misure per diagnosticare manifestazioni acute di attaccamento a questo strumento. Questi studi mostrano che i "dipendenti" da smartphone sono una piccola minoranza nella popolazione dei giovani e degli adulti. E qui si apre il secondo filone di letteratura, che non studia la addiction bensì una condizione meno acuta, più diffusa, che tocca la maggioranza degli utenti dei media digitali, in cui l'uso delle tecnologie viene percepito come problematico dagli stessi soggetti che le utilizzano. In questi casi è meno chiara la base psicologica del problema e probabilmente più rilevante Il design dell'hardware e del software di questi strumenti, che spinge le persone a farne un uso eccessivo. Non dimentichiamoci che molte società del web hanno un interesse commerciale a far permanere più a lungo possibile sulle loro piattaforme gli utenti e a questo fine disegnano le loro interfacce e i loro algoritmi.

 
Quali consigli possiamo dare a chi vuole tentare una "digital detox"?

L'idea del digital detox è sicuramente affascinante. L'eliminazione degli smartphone o dei social dalla propria vita può avere senso per un periodo limitato oppure come attività formativa per ripensare il proprio uso del digitale. In questo senso viene talvolta proposta nelle scuole o nelle associazioni giovanili. Tuttavia rischia di rimanere un po' velleitaria se non è accompagnata da un ripensamento sostenibile del proprio rapporto con i media. La soluzione a lungo termine non può che essere un uso più equilibrato di questi strumenti, per non perdere e anzi massimizzare le opportunità incredibili che offrono se ben indirizzati. Occorrerà in questo senso selezionare in modo strategico i momenti della giornata, i tipi di attività e anche le piattaforme in cui è veramente importante essere presenti. E anche il grado di coinvolgimento per noi ottimale in questi diversi ambienti.  Ad esempio, posso chiedermi quali finalità mi prefiggo nell'uso dei social network. Potrei decidere che voglio da un lato tenere i legami con amici e conoscenti e dall'altro usarli per la mia rete professionale. Posso decidere di utilizzare Facebook o Instagram per tenere i contatti con amici e familiari mentre LinkedIn per la mia rete professionale. Conseguentemente, potrei concentrarmi solamente su LinkedIn durante le ore di lavoro lasciando a Facebook o Instagram il tempo a casa e il tempo libero. Questo è solo un esempio banale di una progettazione esplicita del proprio uso dei social e della rete che può incidere positivamente sulla qualità della vita quotidiana. La ricerca mostra che le competenze digitali "strategiche", che servono per incanalare le potenzialità dei media digitali verso le nostre finalità personali, sono centrali nella società dell'informazione.

Il periodo di vacanze al quale si va incontro può essere un momento favorevole in tal senso?

Il periodo delle vacanze è un tempo chiave per ripensare il proprio uso dei media digitali. Esiste una crescente richiesta in questo senso. Lo dimostra l'aumento enorme di proposte turistiche "detox". Nel corso di laurea in Scienze del turismo e comunità locale, dove tengo un corso, abbiamo spesso affrontato questo tema in tesi di laurea e discussioni in classe. Parallelamente, sta emergendo anche una letteratura crescente sugli effetti collaterali della connessione permanente sulla qualità dell'esperienza turistica. La difficoltà è però quella di poter realmente ridurre, almeno per un periodo, l'esigenza di stare connessi senza cadere vittima della cosiddetta FOMO (fear of missing out) cioè la paura che avvenga qualcosa di importante mentre si è disconnessi, oppure il timore che gli altri ci considerino scortesi se non rispondiamo in tempo reale. A questo fine possono aiutare strategie ben orchestrate di messaggi di assenza, sia nella casella email che nei gruppi Whattsapp o simili, con i quali rassicurare (e rassicurarci) sulla nostra temporanea assenza digitale.