A meno di un anno dalla pubblicazione, il libro "Raccontare un quartiere. Luoghi, volti e memorie della Bicocca" è ora disponibile anche in lingua inglese, con il titolo “Story of a District. Milano Bicocca: People, Places, Recollections". Di questa nuova edizione del volume edito da Scalpendi e curato da Giampaolo Nuvolati, direttore del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca, e da Giorgio Bigatti, direttore scientifico di Fondazione Isec, parliamo con Mariangela Giusti, professoressa di Pedagogia generale e sociale all’Università di Milano-Bicocca.
Professoressa, ora si può leggere del quartiere Bicocca anche nella lingua di Sua Maestà…
È così: grazie alla scelta della traduzione in lingua inglese, per la prima volta le tante caratteristiche (antropologiche, storiche, sociologiche, urbanistiche, culturali) del nuovo quartiere Bicocca di Milano vengono proposte all’attenzione, allo studio e alla curiosità di un pubblico internazionale.
Ci descrive il libro?
È un libro molto interessante, proposto in un’edizione originale, curatissima nella grafica e ricca di immagini fotografiche di rara bellezza, che ha il pregio di segnare il punto sul quartiere che da vent’anni ospita la seconda università statale milanese: l’Università di Milano Bicocca. Il libro è uscito in occasione del ventennale dell’ateneo e contiene un saggio dell’attuale rettore Maria Cristina Messa. È un volume molto originale perché racconta il quartiere e lo fa attraverso una molteplicità di voci, di autori, di competenze, di sensibilità, di sguardi e di scritture.
Quale l’obiettivo degli autori?
L’obiettivo si trova già nel titolo del libro. La parola “racconto” contenuta nel titolo abbinata alla parola “quartiere” porta con sé molte possibilità. I due curatori insieme ad altri autori che hanno seguito più direttamente nel tempo il progetto di ricerca e il volume – Franca Zuccoli e Elena Dell’Agnese, in primo luogo – sono partiti dall’idea che la conoscenza di un territorio circoscritto possa avvenire in vari modi e attraverso varie tipologie di racconto, ma che in ogni caso i racconti si debbano misurare in modo diretto con i luoghi che si vogliono raccontare e presentare. Il progetto di conoscere un quartiere e di farlo conoscere ai lettori richiede di entrare in contatto con i suoi spazi aperti (le strade, le piazze, i monumenti…) e anche con quelli chiusi (l’Università, la sede della Fondazione Pirelli, l’Hangarbicocca…); con i suoi riferimenti identitari collocati vicini al passaggio dei mezzi di comunicazione (il Boulevard dell’Innovazione, la Torre Sarca, il palazzo della Deutsche Bank…) e con quelli più lontani, defilati, ma pur presenti (il cippo in memoria di Emma Manservisi in via Chiese, l’antico edificio della Bicocca degli Arcimboldi…); con gli spazi imponenti del presente (il modernissimo Teatro Arcimboldi…) e con quelli meno scenografici della memoria (il caratteristico Borgo Pirelli…).
C’è spazio anche per uno sguardo storico sul quartiere?
Sì, è così. Infatti uno dei pregi del libro consiste nel fatto che è stato dato il giusto rilievo sia agli sguardi attuali che interessano il quartiere nella sua realtà viva e vissuta di tutti i giorni, sia agli sguardi di coloro che conservano le immagini passate del quartiere, che risalgono agli anni del dopoguerra e trovano posto negli album privati degli antichi abitanti, nei diari personali, nelle immagini fotografiche ingiallite dal tempo. Si può proprio affermare che presente e passato sono presenti nel libro, in un binomio inscindibile che si fortifica reciprocamente in una proiezione evidente verso un futuro consapevole, attento e sostenibile che riguarda tutti. L’impegno di percorrere il quartiere e di raccontarlo comporta di accettare le sfide delle novità che esso contiene, ma comporta anche di entrare in contatto con l’estraneità e la fretta di coloro che percorrono il quartiere quasi senza guardarlo e senza rendersi conto delle sue tante possibilità sia negli spazi aperti sia in quelli un po’ nascosti. Ma la scelta operata dai curatori del libro ci fa capire che ciò non basta.
Tra gli autori, anche alcuni scrittori…
Sì, e non a caso… Infatti un quartiere nuovo, nato nel giro di alcuni decenni vicinissimi a noi, si può conoscere e si può presentare e raccontare a coloro che non lo vivono né lo abitano anche sperimentando il silenzio, il pensiero, l’invenzione, l’immaginazione, la descrizione. A questo proposito, i curatori del progetto hanno invitato quattro esperti di scrittura (Elisabetta Bucciarelli, Benedetta Centovalli, Gianni Biondillo, Giuseppe Lupo) ed hanno chiesto loro di percorrere e attraversare il quartiere a loro piacimento e di scrivere di uno spazio oppure di un edificio oppure di un luogo caratteristico o evocativo che per qualche strano e inspiegabile motivo avesse suscitato il loro interesse, la loro attenzione, la loro volontà di documentare, immaginare, scrivere. Solo dopo che gli spazi del quartiere (architettonicamente imponenti oppure minuscoli, poco importa) sono stati attraversati, vissuti, visti e rivisti dai quattro esperti di scrittura interpellati, solo allora sono stati descritti e hanno dato vita a pagine di prosa molto belle che offrono ai lettori del libro (che forse in futuro potranno diventare a loro volta visitatori curiosi del quartiere) alcune sfaccettature e alcuni scorci di paesaggi dell’anima assolutamente originali e impensabili in precedenza.
Insomma si può parlare di una vera e propria flânerie attraverso la realtà della Bicocca.
Formarsi una conoscenza di un luogo delimitato e complesso come un quartiere cittadino da trasmettere ad altri attraverso la scrittura richiede certamente di uscire, muoversi, percorrere strade, stazioni, piazze. Richiede di entrare per poco tempo o per lunghi pomeriggi nelle realtà e negli spazi di quel quartiere. I movimenti possibili sono tanti: camminare, sostare, entrare e un po’ perdersi nelle strade, negli slarghi, nelle piazzette e nei cortili interni dei grandi edifici moderni molto caratteristici del quartiere Bicocca. Sono strade, edifici, palazzi che possono assumere realmente l’aspetto del labirinto. E il libro – senza niente togliere alla fascinazione del perdersi nei luoghi – assume anche il ruolo di guida inconsueta che intende tener conto di molti aspetti per nulla in contrasto fra di loro: sociali, fisici, architettonici, storici, culturali, geo-emotivi del quartiere Bicocca.
Perché leggere questo libro?
La lettura del libro è consigliabile per molti motivi. Provo a dirgliene almeno alcuni. Siamo ben consapevoli che, negli anni che stiamo vivendo, le realtà cittadine spesso sono solo attraversate dalle persone, senza quasi essere osservate né tanto meno interiorizzate né amate. Eppure, vogliamo credere che il pensiero, l’esperienza e la competenza di coloro che si occupano di sociologia urbana, di geografia, di pedagogia (che hanno dato vita al progetto di ricerca da cui è nato il libro) possano consentire a tante persone che obbligatoriamente attraversano e vivono il quartiere Bicocca di essere cittadini migliori, meno distratti, più riflessivi, vere presenze attive per se stessi e per le generazioni giovanissime e future. Penso per esempio alle migliaia di studenti dell’ateneo Bicocca, agli impiegati, ai dirigenti, ai manager che lavorano nelle centinaia e centinaia di uffici dei palazzi presenti nel quartiere, alle giovani famiglie che abitano gli innumerevoli appartamenti del quartiere Bicocca. Per tutte queste persone un libro come “Raccontare un quartiere. Luoghi volti e memorie della Bicocca” ha anche una funzione etica e sociale perché rappresenta un punto di partenza e un sostegno per far maturare e far crescere, attraverso la personale riflessività di ciascuno e attraverso i vissuti individuali, un senso di riconoscenza, di rispetto, di ammirazione, di gratitudine verso coloro che, nel corso dei decenni, hanno avuto il coraggio e l’intraprendenza di far nascere un quartiere del tutto nuovo, curando al contempo che mantenesse le sue radici storiche e sociali.
Quali fonti sono alla base del materiale utilizzato in questo volume?
I vari autori che hanno scritto per questo libro (ricordo fra i tanti: Alessandra Scarazzato, Alessandra De Nicola, Luca Rimoldi…) hanno raccolto documenti d’archivio e hanno fatto interviste a testimoni privilegiati. I loro testi scritti, insieme alle immagini fotografiche bellissime e a un’accurata piantina che riporta i luoghi significativi del quartiere, fanno comprendere al lettore che, nelle nostre vite individuali, anche in un quartiere “periferico” e circoscritto nello spazio, possiamo incontrare l’Altro, l’alterità, le 3 differenze. Il libro documenta tanti incontri professionali diversi e mostra al lettore la possibilità di riflessioni, letture, riferimenti culturali che vanno ben oltre la cronaca e la situazione del momento.
Alla fine quale è il destinatario ideale?
Il libro si rivolge a un pubblico vasto perché fornisce un percorso di apprendimento e di autoapprendimento che prende avvio sì dagli spazi concreti del quartiere Bicocca e ma che offre una sorta di modello formativo che vale per tutti i quartieri. Gli autori sembrano dirci che ovunque (nei luoghi di vita, di studio, di lavoro) sarebbe necessario e utile per tutti interrogarsi di più sulle geografie e sulle storie dei luoghi che ci ospitano al fine di cercare e trovare diverse forme di osservazione, di conoscenza e di dialogo.