Neuropatie periferiche: chi è la scienziata di Bicocca tra i migliori 40 ricercatori under 40 - Bnews Neuropatie periferiche: chi è la scienziata di Bicocca tra i migliori 40 ricercatori under 40

Neuropatie periferiche: una scienziata di Bicocca tra i migliori 40 ricercatori under 40

Copertina-Paola-Alberti

Negli Stati Uniti c’è una classifica che riunisce i migliori 40 ricercatori under 40 che stanno dando un contributo fondamentale alla ricerca in tema di neuropatie periferiche ereditarie, ovvero una serie di malattie genetiche molto invalidanti che colpiscono il nervo periferico causando una riduzione di sensibilità e forza nelle mani e nei piedi e rendendo difficile, se non impossibile, il gesto e la camminata. In questa classifica c’è anche la “nostra” Paola Alberti, ricercatrice e neurologa del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca.

A stilare la classifica è stata la Charcot-Marie-Tooth Association che riunisce i malati e le loro famiglie e che ha lo scopo di sensibilizzare e contribuire alla ricerca sulla malattia di Charcot-Marie-Tooth (dal nome dei neurologi che nell’800 l’hanno descritta nel dettaglio). Paola Alberti si schermisce («Gli americani adorano queste liste che giocano sui numeri, come appunto i 40 ricercatori under 40…») ma, che cosa significa davvero essere entrati in questa prestigiosa classifica, ce lo spiega lei.

La ricercatrice di Bicocca Paola Alberti

Come è entrata in questa classifica?

In realtà io non mi occupo specificatamente di neuropatie periferiche ereditarie ma di recente ho partecipato a un lavoro di revisione sistematica, commissionato dalla Charcot-Marie-Tooth Association, che ha riguardato proprio il mio campo di ricerca. Io mi occupo infatti di neuropatie periferiche indotte dalla chemioterapia ovvero di quei pazienti oncologici in cui le cure hanno provocato neuropatie che hanno effetti simili alla malattia di Charcot-Marie-Tooth. Ed è proprio qui che ci siamo trovati a metà strada con l’associazione americana.

Ai pazienti affetti da neuropatie di origine genetica può capitare infatti di sviluppare un tumore, con la possibilità che i farmaci chemioterapici, potenzialmente neurotossici, peggiorino la loro condizione. Il mio lavoro è stato analizzare tutti i dati a partire dagli Anni ’90 sugli effetti dei chemioterapici su questi pazienti, verificando come si sia ridotto di recente il numero dei farmaci con effetti collaterali per i malati di Charcot-Marie-Tooth.

Quando ha iniziato a interessarsi alla neurologia?

Avevo un’idea precisa del mio futuro già alla scuola secondaria: volevo fare la neurologa. Mi è sempre piaciuta poi l’idea di coniugare i miei studi in neurologia e neuroscienze con l’utilità per la società e i cittadini. Ho iniziato il mio percorso riuscendo a entrare a Medicina in Milano-Bicocca, la mia prima scelta.

Sono stata fortunata e ho incontrato sulla mia strada chi mi ha permesso di sviluppare al meglio la mia inclinazione. Ho chiesto la tesi di laurea al professor Guido Cavaletti, uno dei massimi esperti al mondo di neuropatie del sistema nervoso periferico indotte da chemioterapia. Nella mia tesi, che è stata anche pubblicata, abbiamo realizzato un algoritmo con il quale predire il rischio di sviluppare neuropatia da chemioterapia a lungo termine. Tutt’altro che banale, visto che ancora oggi quando si inizia una chemioterapia non si ha un esame specifico in grado di predirne gli effetti. Mi sono appassionata a questa tematica di ricerca e ho continuato la specializzazione in questo campo, sempre in Bicocca.

Paola Alberti al lavoro

Dove l’ha portata la sua specializzazione?

Lavorando in questo campo ho capito che il mio intento finale era trovare una terapia per i pazienti neuropatici che non ce l’hanno, e che per farlo dovevo tornare dal letto del malato al bancone del laboratorio. E anche in questo, l’Università di Milano-Bicocca si è rivelata una scelta strategica. Sul cortile dell’ospedale San Gerardo di Monza si affacciano infatti gli edifici dell’U8, dove il professor Cavaletti è direttore di una unità molto eterogenea di neurologia sperimentale: c’è chi lavora in vitro sulle cellule, chi lavora in vivo con i modelli di roditore e chi lavora sull’istopatologia.

In questo modo, è possibile passare dalla molecola al trial clinico con l’obiettivo di vedere anche la fase successiva. Lavoro, infatti, anche in Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori dove c’è un centro di sperimentazioni cliniche di Fase I dove si fanno valutazioni circa la sicurezza e tollerabilità delle molecole dei nuovi farmaci, diretto da Marina Cazzaniga, professoressa di Oncologia medica.

Insomma un percorso targato Bicocca. Niente “fuga di cervelli” dunque…

Ho la fortuna di lavorare in una maniera così dinamica che essere qui è come essere all’estero: ho sempre avuto modo di avere collaborazioni con colleghi di tutto il mondo e anche di spostarmi per dei periodi. Sono stata visiting fellow presso la Johns Hopkins University dove ho potuto imparare dal professor David R. Cornblath come raffinare la mia conoscenza delle tecniche neurofisiologiche. Durante il dottorato sono stata a Baltimora nell’Università del Maryland, dove sono stata supervisionata per imparare tecniche neurofisiologiche precliniche invasive con le professoresse Susan G. Dorsey e Cynthia Renn.

Nel 2022, ho ricevuto un finanziamento da Fondazione Cariplo di 250mila euro per condurre un progetto preclinico della durata di 3 anni che si baserà anche sulla collaborazione con un collega della Georgia Institute of Technology ad Atlanta (Usa); questo progetto è la naturale estensione di alcune pubblicazioni derivate dal mio progetto di dottorato e di ricerche che ho condotto durante il periodo subito successivo.

In che cosa consiste questo progetto?

Il finanziamento di Fondazione Cariplo mi permetterà di approfondire alcuni meccanismi delle patologie di cui mi occupo per poi testare delle strategie per prevenire il danno da chemioterapico. Le neuropatie periferiche, cioè questi disturbi di forza e sensibilità a mani e piedi, infatti, sono dovute a moltissime cause, genetiche e non, tra cui anche patologie molto più comuni come il diabete e le alterazioni endocrine.

Se trovassimo una strategia di neuroprotezione che sia efficace nelle neuropatie da farmaco, potenzialmente possiamo aiutare anche altri tipi di malati. Insomma lo studio della sottocategoria di una patologia può avere un effetto a cascata su altre malattie.

Nella nostra chiacchierata abbiamo parlato tanto di malati oncologici e cure chemioterapiche. Ultimamente si parla molto della possibilità concreta di sviluppare vaccini contro i tumori. Che cosa ne pensa?

Non sono un’oncologa ma questo è sicuramente un argomento molto discusso in ambito oncologico. Sarebbe un’opzione molto interessante perché alcuni chemioterapici continuano ad avere effetti collaterali neurologici e non solo.

Pensare di avere una molecola in grado di istruire il sistema immunitario a sconfiggere le cellule tumorali sembrerebbe l’opzione ideale. Sembra davvero promettente anche grazie alla tecnologia dei vaccini mRNA che è valsa il premio Nobel ai suoi sviluppatori Katalin Karikó e Drew Weissman. Bisogna però fare tutti i passaggi giusti. Spero solo di potere vedere con i miei occhi questa nuova frontiera.