I piedi ben saldi sulla moto. La testa tra le stelle. Martina Gallieni, 28enne valdostana, studia Astrofisica in Bicocca ed è una campionessa di trial.
Non c’è un cronometro a decretare la vittoria, in questa specialità motociclistica contano soprattutto equilibrio e resistenza. Occorre affrontare ostacoli naturali e artificiali, senza mai mettere i piedi a terra e una gara può durare anche cinque ore.
Grazie all’impegno nello sport e nello studio, Martina è entrata a far parte del primo programma di dual career dell’Ateneo, il percorso che prevede una serie di benefit studiati per conciliare la carriera accademica e quella agonistica.
Martina, come nasce la tua passione per la moto?
Da valdostana si può dire che sia nata con gli sci ai piedi. Praticavo questo sport a livello agonistico, ma a 17 anni un grave infortunio mi ha costretta a fermarmi per un lungo periodo. Nel frattempo dovevo lavorare tanto con le tavolette propriocettive, fondamentali per recuperare l’equilibrio. Mio padre, già appassionato di trial, mi osservava fare questi esercizi e una volta mi ha detto: “Usare la tavoletta è come stare su una moto di trial, solo più noioso”. Quel giorno sono salita in sella e da allora non ho più abbandonato la moto, dedicandomi con passione crescente a questo sport.
Quali soddisfazioni ti ha regalato il trial?
Nel 2020 ho vinto il titolo di campionessa italiana. Il 2021 è stato l’anno del debutto nel campionato mondiale di trial femminile. Ho gareggiato insieme alle 15 donne più forti del mondo, arrivando nona a fine campionato. È stata un’emozione grandissima realizzare di essere nella top ten di questo sport, era un traguardo inimmaginabile.
Prossimi obiettivi?
Entrare nella top five delle donne più forti del mondo, mi sto allenando per questo. Il campionato italiano dello scorso anno, invece, non è andato bene come l’anno precedente a causa di alcuni cambiamenti nella mia squadra che mi hanno destabilizzata perciò voglio fare di nuovo bene in questa competizione.
Come ti sei avvicinata alle stelle?
A casa abbiamo una libreria gigante di testi di fantascienza. Ho iniziato ad appassionarmi a questo mondo così, divorando questi libri. In più, fin da ragazzina ero affascinata dall’astrofotografia: guardavo queste immagini meravigliose, ma non mi bastava godere della loro bellezza, volevo capire cosa fossero. Ho chiesto alle persone attorno a me cosa avrei dovuto fare per saperne di più: mi hanno consigliato di studiare fisica e specializzarmi in astrofisica e così ho fatto. Sono molto soddisfatta della strada intrapresa e non vedo l’ora di terminare il percorso con gli ultimi due esami e la tesi di ricerca.
Nel futuro ti vedi proiettata nel mondo dello sport o della scienza?
Allo sport in questo momento sto dedicando gran parte delle mie energie. Ma il mio futuro lo vedo nella scienza. Da appassionata di astrofisica, il sogno è quello di dedicarmi alle stelle, magari tornando verso le mie montagne e lavorando in un osservatorio. Da laureata in fisica, sono fortunata, ho tante altre possibilità: mi piace tanto anche l’ambito legato al monitoraggio dei ghiacciai.
Come procede con il programma di dual career?
Benissimo, se penso che è partito solo da due mesi, mi sembra fantastico tutto ciò che è stato fatto. Siamo affiancati e costantemente seguiti da psicologici che ci danno tanti consigli utili sia per migliorare la nostra prestazione in gara, sia a livello accademico. La psicologa che mi segue è venuta anche a vedere un mio allenamento proprio per conoscere più da vicino il mio sport che è difficile da spiegare. C’è flessibilità rispetto allo svolgimento degli esami. Insomma, sono molto contenta che le università possano spingere gli studenti a fare sport, mi stupisce che in Italia ci siano ancora poche realtà che hanno un programma apposito.
Ti muovi in due ambiti nei quali esistono ancora pregiudizi: donne e motori e donne nella scienza. Qual è la tua esperienza?
Nel trial siamo ancora poche donne, ma siamo molto supportate dai piloti maschi. Ora nel nostro sport stiamo diventando sempre più brave e la nostra voce è tenuta molto in considerazione. Nella scienza sento ancora meno il peso dei pregiudizi. La scienza è così oggettiva: va avanti chi si impegna e lavora sodo. Spero di non dovermi ricredere con l’ingresso nel mondo del lavoro ma per ora non ho riscontrato differenze, siamo alla pari: maschi e femmine.