Un’opera viva, mai uguale a se stessa. I diversi livelli di ossigeno, luce e temperatura dell’ambiente ne modificano colori, consistenza e aspetto. “Biologizing the Machine (spillover zoonotica)”, questo il titolo dell’installazione dell’artista coreano-americana Anicka Yi, realizzata e commissionata da Pirelli Hangar Bicocca per la mostra “Metaspore”, inaugurata lo scorso 24 febbraio e visitabile fino al 24 luglio.
L’opera è nata grazie alla collaborazione dell’artista con il dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca.
Il titolo si riferisce a un concetto divenuto familiare durante la pandemia da Covid-19: il “salto di specie zoonotico” – spillover – che identifica il processo con cui i virus vengono trasmessi da una specie all’altra.
L’installazione si compone di sette grandi teche sospese al soffitto che ospitano ognuna una coltura di Vinogradskij, come ci ha raccontato Andrea Franzetti, docente di microbiologia dell’Ateneo e coordinatore scientifico della partnership: “Si tratta di un ecosistema microbico costituito da batteri ed alghe che presentano diverse capacità metaboliche, contenenti pigmenti in grado di renderli molto colorati. Questi ecosistemi in natura si trovano prevalentemente in zone illuminate e ad alta concentrazione di sostanze organiche, come le paludi e le lagune”.
I campioni raccolti e inseriti nelle teche provengono dalla Riserva naturale “Fontanile Brancaleone” a Caravaggio (BG): “L’aspetto artistico dei sedimenti presenti in queste colonne – prosegue Franzetti – dipende, oltre che dalla tipologia di microrganismi presenti, dalle fonti di nutrimento utilizzate per la loro costruzione, come il carbonio e lo zolfo”.
Mettere a punto la ricetta ideale, dunque, per questo scopo è stato fondamentale il lavoro degli scienziati Bicocca che dallo scorso anno collaborano con lo staff dell’artista e di Pirelli Hangar Bicocca per la composizione delle colonne: “I campioni prelevati sono stati utilizzati in laboratorio per fare delle prove su piccola scala. Questi test ci hanno consentito di identificare la condizione più adatta a fornire una risposta artistica ed estetica apprezzabile. Così, con la ricetta ottimizzata in laboratorio, è stato possibile riempire le teche”.
I pannelli di dimensioni variabili sono stati allestiti dallo scorso novembre e da allora sono rimasti sempre illuminati in modo da permettere la crescita dei batteri fotosintetici che danno vita all’opera. Cambiano i colori e le stratificazioni dei sedimenti: l’installazione che muta nel tempo restituisce un aspetto artistico sempre differente al visitatore.
La ricerca di Anicka Yi si basa proprio sulle contaminazioni tra arte e scienza e le collaborazioni con biologi, architetti e ingegneri rappresentano un aspetto fondamentale nel processo di realizzazione dei suoi progetti. L’installazione visitabile presso la fondazione milanese è una versione rinnovata e ampliata di “Biologizing the Machine (terra incognita)”, presentata alla Biennale di Venezia del 2019: “L’idea che ci siamo fatti – spiega Franzetti – è che con quest’opera l’artista voglia trasmettere il concetto di unità degli ecosistemi, esplorare le interrelazioni che gli uomini hanno con gli altri organismi presenti sulla Terra. Un concetto emerso con molta forza alla luce della pandemia, in cui tutti si sono resi conto di come entità biologiche microscopiche come i virus abbiano effetti potentissimi sulla nostra vita”.
Le attività dei batteri che compongono l’opera vengono monitorate anche elettronicamente. L’opera infatti include dei sensori in grado di rilevare le variazioni nei livelli di idrogeno solforato, un gas prodotto quando i microrganismi sperimentano periodi alternati di crescita, decadimento e stasi, mentre un display mostra l’attività microbica nell’immediato passato: da poche ore a una settimana.
Il mix di arte, scienza e tecnologia dell’opera di Anicka Yi riesce a mostrare al pubblico la complessità dell’ambiente in cui viviamo: “Così anche l’Università, – conclude Franzetti - grazie alle suggestioni generate dalla fruizione artistica, riesce ad avvicinare alla scienza una popolazione molto più ampia di quella che normalmente è attenta alla ricerca”.