L'analisi del professor Lorenzo Mantovani, docente di Economia sanitaria, sul sistema sanitario lombardo.
Secondo lei il percorso di autonomia invocato da Regione Lombardia e Veneto con il referendum per l’autonomia potrà portare ancora più efficienza in questo settore fondamentale per i cittadini?
Se Lombardia e Veneto avessero la possibilità di trattenere le tasse per finanziare il servizio sanitario regionale, probabilmente avremmo molti più fondi e potremmo offrire dei servizi che attualmente non vengono forniti a causa dei limiti obiettivi di budget. E questo nonostante la Lombardia eroghi una sanità di alto valore.
Dai dati di OsservaSalute, infatti, emerge che il rapporto tra la spesa sanitaria regionale pubblica e il Pil regionale nelle regioni come Veneto, Lombardia, ma anche l’Emilia Romagna, Toscana e Lazio, sta fra il 6 e il 7 per cento. Questi valori sono tipici di aree non ancora sviluppate economicamente come alcune nostre regioni o come la Bulgaria e la Romania. Le regioni del Sud hanno un rapporto intorno al 10 per cento, perché il numeratore, determinato dalla quota capitaria, è simile, ma cambia il denominatore, ossia il Prodotto interno lordo. Paradossalmente la Lombardia ha un Pil simile a quello della Baviera, ma ha un rapporto tra spesa sanitaria pubblica e Pil simile a quello della Bulgaria.
Se Lombardia o Veneto, avessero l’autonomia di trattenere le tasse e di spenderle in sanità, i livelli di spesa sanitaria pubblica si livellerebbero verso l’alto, intorno al 10 per cento, come le altre nazioni o regioni comparabili per il Pil (parlo dei grandi Land tedeschi, della Svezia, del Belgio, dell’Austria). In questo momento Lombardia e Veneto, rispetto al reddito che producono, stanno facendo le nozze con i fichi secchi.
Alcune regioni del Sud vorrebbe negare ai propri cittadini la possibilità di decidere dove farsi curare per evitare di rimborsare le altre regioni. Secondo lei è possibile?
E’ una tendenza periodica. Fintanto che c’è la libera scelta sono tentativi velleitari. In passato è stato già fatto un tentativo, ma gli organi giurisdizionali competenti hanno sentenziato a favore della libertà di cura del cittadino.
Quello che è stato fatto, in passato, è definire una tariffa unica di compensazione (TUC), che prescinde dai costi sostenuti da una singola regione per erogare una determinata prestazione, anche se con tecniche innovative e quindi molto costose.
La Regione Lombardia è l’unica regione italiana con il bilancio della sanità in pareggio. Secondo lei quali sono i motivi di questa virtuosità?
Ci sono dei motivi storici, gestionali ed economici. Storici perché la cultura della gestione della cosa pubblica in Lombardia è sempre stata decisamente elevata, soprattutto nella sanità e nella tutela della salute. La seconda, gestionale, è stata la tanto amata e odiata apertura al privato accreditato. Il privato ha degli strumenti competitivi migliori di quelli del pubblico in quanto ha una flessibilità maggiore. Una pura competizione tra pubblico e privato non è comparabile perché il pubblico ha molti più vincoli amministrativi e burocratici. Ma il privato ha costituito un pungolo al miglioramento dell’efficienza del pubblico. Questo ha portato, dalla fine degli anni ’90, un recupero notevole dell’efficienza nel pubblico in accoppiata con la gestione centrale della Regione che è stata notevole. Il terzo punto è economico: la sanità lombarda virtuosa si regge anche grazie alla possibilità che hanno alcuni cittadini di poter pagare alcune prestazioni direttamente nel privato, con una minima differenza rispetto al costo del ticket. Questo scarica il sistema di costi, riduce le liste di attesa e riduce anche in costi di produrre quelle prestazioni, in quanto i cosiddetti “costi fissi” vengono spalmati su un output maggiore.
Leggi l'intervista completa al professor Mantovani pubblicata su Lombardia Speciale