La Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, nota come COP28 è un importante evento internazionale che riunisce i rappresentanti di governi, organizzazioni non governative, aziende e altri attori chiave per discutere e negoziare azioni concrete per affrontare il cambiamento climatico a livello globale e mitigarne gli effetti.
Durante la COP28, gli obiettivi chiave includeranno la revisione degli impegni nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra, la definizione di politiche più ambiziose per limitare il riscaldamento globale e il raggiungimento di un consenso su misure pratiche e sostenibili per proteggere il nostro pianeta. La conferenza rappresenta un punto di svolta per tradurre i precedenti impegni, come l'Accordo di Parigi, in azioni tangibili e ambiziose.
Abbiamo chiesto ad Andrea Giuliacci, divulgatore scientifico e docente presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra di esaminare le questioni chiave e le opportunità che emergono dalla COP28 che si sta svolgendo a Dubai sino al 12 dicembre.
Professor Giuliacci, quali sono le principali sfide che il mondo affronta attualmente in termini di cambiamenti climatici, e come la COP28 può contribuire a risolverle?
Il clima sta subendo cambiamenti rapidi nell'arco di pochi decenni, manifestandosi attraverso eventi atmosferici estremi in diverse parti del mondo. Si assiste a un'intensificazione di fenomeni meteorologici, con piogge intense seguite da periodi di siccità. Un esempio eloquente di questo fenomeno si riscontra negli Stati Uniti, dove, nonostante una minore quantità di neve, le bufere non hanno registrato una diminuzione.
Un ulteriore esempio di questa situazione critica si può individuare nell'acidificazione degli oceani, causata dall'eccessiva emissione di anidride carbonica. Questo fenomeno minaccia gli ecosistemi marini, mettendo a rischio specie vitali come i coralli e influenzando la catena alimentare globale.
Invito a evitare il tranello etico: dal punto di vista scientifico, il problema è di natura geofisica. Sebbene il nostro pianeta abbia già attraversato periodi climatici più intensi, l'aumento attuale delle temperature rappresenta una minaccia significativa per la nostra sopravvivenza, influenzando persone e attività. L'uomo è il principale responsabile di questo cambiamento, e per prevenire il peggio, è essenziale correggere i nostri comportamenti, riducendo l’utilizzo di combustibili fossili.
Intende rallentare o abbandonare?
Non possiamo più permetterci di bruciare combustibili fossili, e nemmeno di estrarli. Dal punto di vista della scienza del clima, la soluzione è abbandonarli, ma attenzione: non vorrei ci aspettassimo che cambiasse immediatamente qualcosa. Tutte le proiezioni IPCC, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, dicono che entro il 2040 le temperature saliranno comunque perché a lavorare sono i gas serra che abbiamo già emesso; la terra ci mette più tempo a riassorbire quanto abbiamo già inviato in atmosfera, non è un passaggio immediato, seppure abbandonassimo immediatamente l’utilizzo di fonti fossili. Dobbiamo interrompere gli effetti per il lungo periodo. Non è un interruttore, abbandonarli significa riconvertire interi settori industriali e nel frattempo riqualificarli, e ci vuole una certa gradualità che comporta un periodo di transizione dove più fonti coesistono. Naturalmente, più il mix energetico è sbilanciato verso i combustibili fossili, maggiori sono le emissioni di CO2. Il mix energetico può variare notevolmente da un paese all’altro in base alla disponibilità delle risorse energetiche, alle politiche energetiche, alle considerazioni ambientali e ai costi di produzione dell’energia.
Un’altra motivazione per abbandonare i combustibili fossili è che non sono infiniti; sono una risorsa limitata del nostro pianeta e se quando finiranno non ci saremo avviati verso un percorso di transizione energetica, il problema sarà molto peggiore.
Qual è il ruolo delle fonti rinnovabili?
Le fonti rinnovabili sono democratiche nel senso che rispettano le risorse provenienti dalla natura e offrono numerosi vantaggi. Tuttavia, presentano una sfida importante: non sono programmabili per soddisfare i fabbisogni energetici. Non abbiamo il controllo diretto sulla direzione del sole o sulla forza del vento, pertanto, fino a quando non saremo in grado di accumulare in modo efficiente l'energia da fonti rinnovabili, è essenziale integrarle con altre fonti disponibili, compreso il nucleare.
La necessità di una transizione verso un mix energetico più pulito è indiscutibile, ma questo processo può rivelarsi complesso e richiedere notevoli investimenti in nuove tecnologie energetiche. Un esempio tangibile di questa complessità è l'adattamento delle reti elettriche per gestire efficacemente l'energia intermittente fornita da fonti come il sole e il vento. Questa integrazione richiede innovazioni significative nel campo della gestione energetica e delle infrastrutture.
Un altro aspetto critico riguarda la necessità di sviluppare sistemi avanzati di stoccaggio energetico che consentano di accumulare l'energia prodotta dalle fonti rinnovabili quando è disponibile, per poi utilizzarla quando la produzione è ridotta. Questa è una sfida tecnologica che richiede ricerca e sviluppo costanti per garantire una transizione energetica di successo.
In che modo la COP28 può favorire l'adozione di politiche che incoraggino la transizione verso energie rinnovabili e la sostenibilità ambientale?
Adattamento è la parola d’ordine in questo momento, una strategia indispensabile da implementare, insieme a un significativo sostegno per coloro che subiscono i danni più gravi. L'istituzione del fondo Loss & damage (perdite e danni) nel primo giorno dei negoziati è stata una mossa positiva, con impegni finanziari iniziali dichiarati il 30 novembre per un totale di circa 550 milioni di dollari. Il giorno successivo ha visto l'aggiunta di ulteriori 100 milioni di dollari da parte della Francia, seguiti da un contributo analogo dell'Italia. Sebbene questi finanziamenti non siano sufficienti, rappresentano un inizio concreto, avendo portato alla creazione del fondo.
I risultati dei negoziati possono svolgere un ruolo fondamentale nel superare le differenze socioeconomiche. Un esempio tangibile di questa disparità è evidente nello status di migrante climatico, non ancora riconosciuto a livello internazionale. Il proseguimento dei negoziati potrebbe contribuire a sensibilizzare e affrontare questioni cruciali come questa, stabilendo le basi per un riconoscimento più ampio e l'attuazione di misure adeguate.
L’attenzione sull'adattamento e il sostegno finanziario sono componenti vitali dell'impegno globale per affrontare le sfide climatiche. La COP28 e i negoziati successivi dovrebbero consolidare questi sforzi, lavorando verso soluzioni che promuovano la resilienza e garantiscano un aiuto efficace a chi ne ha più bisogno.
Come coinvolgere attivamente la società civile e le giovani generazioni nell'azione climatica e nella consapevolezza ambientale?
Rispetto all’ambiente, ci si dimentica un tassello: di cosa c’è bisogno? Che vengano condivise con un maggior numero di persone possibili per aumentare la consapevolezza. Ci si dimentica dell’educazione e del ruolo fondamentale della scuola. Queste informazioni arrivano a chi ha già una certa sensibilità; bisogna lavorare dalla scuola dell’infanzia per aumentare la consapevolezza ed istruire per il futuro verso comportamenti antispreco, che saranno efficaci quando si sono già introiettati da bambini. Da adulti, gli individui saranno maggiormente predisposti ad interagire sia con le aziende in qualità di consumatori verso scelte di mercato attente all’ambiente ad esempio scegliendo operatori che in bolletta utilizzino risorse rinnovabili, sia come cittadini attivi per orientare la politica verso azioni efficaci in questa direzione.
Tutto nasce e si sviluppa dalla conoscenza.
Quali sono i passi successivi critici che dovrebbero emergere dalla COP28 per garantire un futuro sostenibile per il nostro pianeta?
L'adozione del fondo Loss & damage della COP28 rappresenta un punto di partenza significativo, ma ora è cruciale intraprendere nuovi passi verso una cooperazione internazionale più ampia.
Giudicheremo i risultati al termine dei negoziati ma mi piacerebbe che emergesse non solo la necessità di fornire aiuti economici, ma anche la promozione di uno scambio sostanziale di know-how e conoscenze critiche. Questo processo dovrebbe partire dai Paesi più avanzati, che possono condividere le loro migliori pratiche con quelli in via di sviluppo, contribuendo così a identificare e attuare soluzioni sostenibili per problemi cruciali come l'urbanistica, la gestione delle foreste, la conservazione degli oceani e l'agricoltura.
Questa forma di cooperazione non solo beneficerà i Paesi in via di sviluppo ma rappresenterà un vantaggio per la comunità globale nel suo complesso. La condivisione di conoscenze può accelerare l'adozione di pratiche sostenibili a livello mondiale e contribuire a mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici. Inoltre, questa collaborazione può essere un catalizzatore per l'innovazione, stimolando la ricerca e lo sviluppo di tecnologie avanzate che supportino la transizione verso un futuro più sostenibile.
Risolvere insieme le sfide ambientali in modo più efficace e solidale conviene a tutti.