Italia e Algeria: un patto strategico per il futuro del Mediterraneo - Bnews Italia e Algeria: un patto strategico per il futuro del Mediterraneo

Italia e Algeria: un patto strategico per il futuro del Mediterraneo

Italia e Algeria: un patto strategico per il futuro del Mediterraneo
gasdotto

Il 23 luglio 2025, a Villa Doria Pamphilj a Roma, nel corso del Business Forum Italia-Algeria sono state siglate decine di intese nei settori dell’energia, telecomunicazioni, formazione, agroindustria, sicurezza, migrazione e cultura.

Protagonista di un nuovo capitolo del “Piano Mattei per l’Africa, il vertice ha sancito in particolare la cooperazione per l’esplorazione e lo sviluppo di giacimenti di idrocarburi in Algeria, rafforzando le forniture di gas verso l’Italia.

L’intesa comprende anche progetti di economia circolare, formazione tecnica, cinematografica e agroalimentare, nonché iniziative legate ai diritti civili, tra i quali il riconoscimento reciproco delle patenti di guida e la collaborazione per i diritti delle persone con disabilità.

Massimo Beccarello, docente di economia applicata presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l'Economia Di.SEA.DE e direttore scientifico del CESISP, commenta gli accordi e le prospettive future per l’Italia e il Mediterraneo.

Professor Beccarello, sul versante energetico, cosa comporta il ruolo dell’Algeria come principale fornitore di gas per l’Italia?

Il rafforzamento della cooperazione energetica con l’Algeria rappresenta un elemento cruciale per il posizionamento dell’Italia come hub strategico del gas naturale nel Mediterraneo. Dopo la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, l’Italia ha saputo riconfigurare la propria rete di approvvigionamento, sostituendo progressivamente i 29 miliardi di metri cubi di gas russo con forniture diversificate, tra cui un ruolo centrale spetta proprio all’Algeria. Oggi, grazie a questo partenariato, l’Italia non è solo più sicura sul piano energetico, ma diventa anche un Paese di transito per il gas destinato ad altri Stati europei, con impatti potenzialmente positivi anche sul fronte dei costi per imprese e famiglie. L’intesa va letta anche in ottica futura: progetti come il South Corridor, che porterà idrogeno verde dall’Algeria fino in Germania, segnano l’inizio di una nuova fase della cooperazione energetica e ambientale euromediterranea.

Sul fronte digitale, il progetto del nuovo cavo sottomarino tra Sparkle e Algérie Télécom promette di potenziare la connettività tra Europa e Nord Africa. Quali effetti avrà in termini di sviluppo tecnologico, capacità infrastrutturale e formazione digitale nei due Paesi?

Il cavo sottomarino rappresenta un tassello fondamentale per rafforzare la resilienza e la capacità della rete digitale nel bacino mediterraneo. Da un lato, potenzia la connettività e la competitività tecnologica dei Paesi coinvolti, dall’altro apre nuove prospettive per una cooperazione rafforzata nel quadro di un contesto geopolitico sempre più incerto. Proprio in questo scenario, il consolidamento del rapporto tra Europa e Africa può ispirare un nuovo modello di sviluppo: un passaggio dal vecchio paradigma di cooperazione basato sullo scambio tra energia e beni di consumo, verso una prospettiva fondata sull’integrazione delle filiere industriali. Un modello nel quale la cooperazione diventa strumento per sostenere processi strutturali di industrializzazione e crescita del continente africano, generando benefici reciproci e duraturi.

Tra gli accordi firmati figura anche la cooperazione nella formazione tecnica e scientifica: che ruolo possono giocare le università italiane in questa alleanza mediterranea?

Le università italiane possono diventare attori centrali nella costruzione di un partenariato euromediterraneo orientato allo sviluppo. Non si tratta soltanto di trasferire competenze, ma di progettare una cooperazione strutturata nei settori strategici della formazione tecnica, della ricerca applicata e dell’innovazione. In questo quadro, l’Università di Milano-Bicocca, insieme ad altri atenei lombardi e sotto il coordinamento della Regione Lombardia, ha presentato proposte progettuali all’interno del Piano Mattei nei settori dell’energia e della sanità. Si tratta di due ambiti fondamentali del piano di cooperazione e al centro dei bisogni comuni: quello della sicurezza energetica e quello dello sviluppo dei sistemi sanitari locali. Le università possono contribuire a creare le competenze che mancano oggi per accompagnare percorsi concreti di sviluppo, industrializzazione e autonomia dei Paesi partner.

Qual è la sfida maggiore per trasformare queste intese in una partnership solida e benefica per entrambe le sponde del Mediterraneo?

La sfida principale è quella di trasformare gli accordi firmati in un modello di cooperazione di nuovo conio, capace di rispondere alla nuova realtà geopolitica. La transizione ecologica europea richiede infatti filiere industriali sicure per le green technologies, in particolare per le materie prime critiche. Oggi la direttrice geopolitica africana è fortemente orientata verso la Cina, con un modello che scambia materie prime contro infrastrutture. L’Europa ha l’opportunità di differenziarsi, proponendo un partenariato basato sull’integrazione industriale: un modello in cui le filiere produttive europee si sviluppano insieme a quelle africane, creando opportunità reali di crescita per il continente. In questo senso, il Piano Mattei può diventare una piattaforma concreta per assicurare al tempo stesso sviluppo locale e sicurezza strategica europea sulle tecnologie della transizione.