Gli intervistati sostengono che la maggior parte degli studenti di Barcellona facesse parte della fazione indipendentista. Come stanno reagendo agli avvenimenti recenti?
Arianna: «Ciò che sorprende maggiormente è la convinzione e la determinazione con cui persone di tutte le età si battono per ciò in cui credono: la possibilità di una Catalogna indipendente. Tutto questo si avverte con particolare intensità nell’ambiente universitario: più volte le lezioni sono state interrotte per organizzare delle assemblee per decidere come reagire alle azioni del governo di Madrid, sono stati indetti numero scioperi ai quali molti studenti aderivano, riempiendo la piazza universitaria con i colori della bandiera catalana. Parlando con i miei compagni di corso, percepisco quanto questi avvenimenti siano per loro significativi, si capisce il timore di non veder riconosciuti i propri diritti, l’incertezza di quel che succederà. C’è però l’onesta di riconoscere che non è solo Rajoy ad aver commesso degli errori e la capacità di riconoscere anche quelli di Puigdemont.»
L’atmosfera è cambiata in città o nell'Ateneo? Quali sono le tue sensazioni o i tuoi timori a riguardo? C’è tensione nell’aria?
Arianna: «Il clima era più teso nei giorni a ridosso del referendum: tutte le altre manifestazioni sono state pacifiche e si poteva tranquillamente passeggiare per Barcellona senza quasi accorgersi che ci fossero. Nonostante tutto però, ogni giorno si vedono persone camminare con la bandiera catalana sulle spalle, o lavoratori con un fiocco giallo sul petto.»
Da quel che puoi percepire, i tuoi compagni di corso sono preoccupati per il loro futuro di cittadini spagnoli ed europei?
Arianna: «Ciò che ho capito in questi primi due mesi è che la Spagna è una terra ricca di culture molto diverse fra loro e l'identità culturale in Catalogna vuole essere riconosciuta. Non ci sono solo le posizioni più "estreme" ma anche tante altre che chiedono semplicemente di essere ascoltate, cercano un dialogo e credono che si possa trovare un compromesso senza per forza staccarsi dalla Spagna. Non è facile schierarsi dalla parte di Madrid o di Bacellona, ognuno ha i suoi torti e le sue motivazioni. Da quando sono qui però ho capito quanto sia importante ciò che sta accadendo e mi sono resa conto, leggendo i quotidiani italiani, di quanto siano riduttive le notizie riportate e di come ci si concentri solo sugli aspetti politico-economici, tralasciando le vere motivazioni che spingono tante persone a scendere in strada e a lottare per la propria terra.»