Gli influencer in Italia generano un giro d’affari maggiore di 280 milioni di euro. E aprono ampi spazi di lavoro per i giuristi. Per capirne la portata e le prospettive, per conoscere più fondo alcuni casi giuridici che hanno interessato i vip del mondo virtuale, il professore Gioacchino La Rocca, dipartimento di Giurisprudenza, ha lanciato e coordinato un seminario dal titolo “Diritto privato degli influencer”. Boom di iscrizioni e di seguito, replica già prevista per il prossimo anno accademico. Al professore abbiamo chiesto di spiegarci i temi affrontati durante il seminario.
Come è nata l’idea di questo seminario?
Parto da un esempio. C’è un ragazzo di una ventina di anni, star su TikTok e Instagram, che ormai tutti conoscono: si chiama Khaby Lame, basta fare un gesto con le mani ravvicinate e puntate verso il basso, gli occhi spalancati con le sopracciglia inarcate, che tutti, e soprattutto i più giovani, non possono fare a meno di pensare a lui. Questo gesto, all’apparenza semplice, sul piano giuridico ha una immensa rilevanza: è un segno distintivo, o meglio un marchio, e come tale propone una nuova frontiera sul piano del diritto privato e commerciale. Da studiare e approfondire.
Quali temi ha affrontato nel seminario?
Attraverso l’esame di casi celebri sul piano del diritto, abbiamo discusso del tema della pubblicità e dei contratti tra influencer e impresa, della brevettazione dei gesti e della loro tutela dalla concorrenza sleale di altri influencer o dall’uso improprio del gesto da parte delle aziende, dei diritti di copyright su contenuti foto e video e del diritto alla tutela dei dati personali, e infine del rispetto delle regole inerenti la trasparenza commerciale: i follower di un influencer devono essere consapevoli che alcuni momenti di vita quotidiana dell’influencer, ripresi in video e pubblicati nelle stories di instagram o su TikTok, vengono utilizzati come veicoli promozionali. Sono quindi soggetti all’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha fissato per esempio hashtag precisi per il riconoscimento del messaggio pubblicitario sui social network. Ormai il marketing si fa sui social network, che alle aziende costano meno rispetto agli spot televisivi o sui giornali cartacei, con la conseguenza che gli influencer possono guadagnare cifre importanti. Secondo una ricerca di mercato di DeRev Lab, gli influencer in Italia generano un giro d’affari del valore di oltre 280 milioni di euro.
Qual è stata la risposta degli studenti al seminario?
Abbiamo dovuto chiedere un’aula più grande, passando da 90 a 200 posti. E si sono iscritti anche esterni. Inizialmente il seminario era stato pensato per gli studenti del dipartimento di Giurisprudenza. Ma hanno seguito le due giornate in cui si divideva il seminario anche studenti di Economia, avvocati, operatori e commerciali di marketing impegnati in questo specifico segmento di mercato. Tutti in presenza.
Nasceranno nuovi studi legali e figure di avvocati ad hoc?
Già ci sono. Gli influencer hanno problemi di carattere giuridico a 360 gradi. Hanno bisogno di consulenti legali, di figure che siano in grado di difenderne gli interessi davanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato o in un’aula di tribunale. È un segmento del mercato in cui c’è carenza di professionisti. Ed è vocato per i giovani, perché sono quelli che hanno più esperienza diretta sui nuovi mezzi di comunicazione e che quindi possono essere più facilitati nella comprensione dei problemi.
Ci sarà un’altra edizione del seminario?
Sì. Al prossimo giro con tutta probabilità ci occuperemo specificatamente dei diversi contratti che intervengono nella materia a disciplinare i rapporti tra i tanti attori. Inoltre, è possibile che a maggio del prossimo anno sia replicato il seminario sul “diritto privato degli influencer”, vedremo se con la stessa formula o con una diversa