Violenza ai minori, nasce il laboratorio che punta su ascolto e formazione - Bnews Violenza ai minori, nasce il laboratorio che punta su ascolto e formazione

Violenza ai minori, nasce il laboratorio che punta su ascolto e formazione

Violenza ai minori, nasce il laboratorio che punta su ascolto e formazione
shutterstock_5950126_0.jpg

L’educazione come strumento per il contrasto alla violenza ai minori. Di questo intende occuparsi il Viole-Lab, il progetto di ricerca del dipartimento di Scienze umane per la formazione “Riccardo Massa” dell’Università di Milano-Bicocca, presentato lo scorso 29 gennaio, nel corso del seminario dal titolo “Ombre e ferite dell’educazione”. «Ci indirizziamo anche alla formazione degli operatori che nello specifico si occupano di interventi di tutela, dagli educatori di comunità a quelli che operano nell’assistenza domiciliare minori ma, miriamo anche al supporto degli altri professionisti della tutela - assistenti sociali, psicologi, medici, avvocati, magistrati, perché la qualità dello stesso sistema di tutela ha ricadute formative importanti sui bambini e sulle loro famiglie», ci hanno spiegato le pedagogiste Elisabetta Biffi e Stefania Ulivieri Stiozzi,. Insieme a loro scopriamo le diverse forme di violenza di cui sono vittime ogni giorno bambine e bambini.

Violenza sui minori diretta e indiretta: che differenza c’è?

La violenza ai minori è un fenomeno complesso. Bambine e bambini sono vittime della violenza non solo quando ne vengono toccati in maniera diretta (abusi e maltrattamenti in testa), ma anche quando indirettamente assistono alla violenza diffusa nei diversi contesti della loro vita (famiglia, scuola, media). In particolare la violenza indiretta o assistita si consuma tra le mura domestiche o quando è diretta dal padre contro la madre o quando si esprime in un alto tasso di conflittualità nella coppia protratto nel tempo, a cui i minori sono costretti ad assistere come vittime silenti.

Si parla anche di violenza invisibile, incompresa e negata, in quali casi?

Di fronte a un fenomeno che scuote l’opinione pubblica solo in casi di grande clamore, molta violenza resta sommersa perché, anche in casi di abusi e maltrattamenti, il processo di richiesta d’aiuto è complesso per i minori. La maggior parte delle volte, infatti, le violenze accadono ad opera di adulti di cui i bambini si fidano, che sono per loro adulti significativi (che siano genitori, parenti, allenatori sportivi, insegnanti), e questo rende ancora più difficile per il minore comprendere e accettare che si tratta di comportamenti lesivi della propria dignità da cui devono poter essere protetti e tutelati. Spesso, intorno ai minori vittima di violenza, vengono create delle vere e proprie barriere d’omertà e di minaccia per impedire loro anche solo di pensare che sia possibile chiedere aiuto. La violenza più grande a cui i bambini sono esposti è, infatti, proprio quella che si esprime nel diniego della violenza stessa. Il genitore che minimizza l’accaduto, che manipola il bambino facendogli credere “che non è accaduto nulla di grave” sta compromettendo la facoltà del bambino di dare un senso di verità a ciò che vede e sente, con conseguenze importanti sugli esiti del suo sviluppo.

I pericoli maggiori sono in casa o fuori dalle mura domestiche?

Gli studi a disposizione riportano la violenza in famiglia come quella più diffusa, non solo quando agita dai genitori ma anche da parenti, amici di famiglia, nuovi compagni nel caso di famiglie allargate. Ma, in realtà, il ‘pericolo’ sta in una relazione abusante fra adulto e bambino e questa può accadere anche fuori dalla famiglia (a scuola, nelle associazioni sportive, sui canali del web). La prima forma di prevenzione resta la costruzione di una rete di relazioni ‘buone’ intorno ai minori: i servizi educativi e la scuola svolgono un ruolo fondamentale, affinché i bambini e le bambine vittime di violenza riescano a trovare adulti disposti ad ascoltarli, ad essere testimoni solleciti (come sostenuto da Alice Miller) della loro esperienza. Uno strumento fondamentale, a tale scopo, è la formazione degli educatori e degli insegnanti che devono poter sviluppare delle qualità di ascolto e di osservazione sottili che non si improvvisano ma sono piuttosto l’esito di percorsi formativi mirati.

Rispetto ai maltrattamenti sui minori esiste uno squilibrio di genere? Le vittime continuano a essere in maggioranza femmine?

La violenza ai minori non ha barriere di genere, ma è pur vero che la violenza contro le bambine è quella maggiormente identificata, anche per il coinvolgimento delle bambine nello sfruttamento sessuale, nella tratta della prostituzione e così via. Al tempo stesso, però, come ha ricordato l’onorevole Vanna Iori nel suo intervento al nostro seminario, lunedì’ 29 gennaio, non possiamo trascurare l’incidenza del fenomeno dello sfruttamento sessuale dei bambini e dei ragazzi, che resta ancora più difficile da individuare, e dunque può restare invisibile agli studi, ma è fortemente in aumento e bisogna assolutamente farsene carico.