Il vuoto come spazio, dove far crescere il sé e creare nuovi significati. E' la sfida lanciata dall’edizione 2024 della manifestazione Scrivere a Ceglie, intitolata Il Vuoto e lo Spazio interiore, che da quest’anno vede come responsabile scientifica la prof.ssa Emanuela Mancino, docente dell’Università di Milano-Bicocca di Filosofia dell’educazione e di Pedagogia della comunicazione.
Sostenuto dall’Amministrazione comunale di Ceglie Messapica, il ciclo d’incontri è stato progettato in due fasi, una prima che si è svolta a fine luglio presso il Chiostro di San Domenico e una seconda in programma il 4, 5 e 9 settembre presso il MAAC (Museo Archeologico e di Arte contemporanea) della località pugliese.
In calendario, una serie di laboratori gratuiti con ospiti illustri del panorama letterario e culturale italiano e la Prof.ssa Mancino a gestire i dialoghi e guidare l’avvicendarsi delle diverse voci. Fra i partecipanti, Mario Desiati, scrittore pugliese vincitore del Premio Strega 2022, Paolo Di Paolo, nella sestina finalista dello Strega di quest’anno, l’autrice e attrice teatrale Lucilla Giagnoni e lo scrittore Marco Balzano, anche lui di origine pugliese ma milanese di adozione e premio Campiello. Il 3 settembre, inoltre, sarà inaugurata presso il MAAC una mostra fotografica e audio-video, aperta sino al 30 settembre, celebrativa di questa esperienza culturale.
Approfondiamo il tema con Emanuela Mancino, che ha maturato una lunga esperienza nell’ambito della filosofia della scrittura e della pratica di narrazione di sé grazie ai corsi universitari da lei tenuti e alla direzione scientifica della Scuola di Autobiografia presso la Casa della Cultura di Milano e della Scuola di Sguardo, bellezza e scrittura, presso il Convento dei Cappuccini di Monterosso.
Quali sono le peculiarità di “Scrivere a Ceglie”? Che obiettivi si pone la manifestazione?
La manifestazione si propone come un’occasione di formazione estiva per chiunque sia interessato alla scrittura, a chi la pratichi, a chi legga, a chi ne faccia un metodo di lavoro o di ricerca professionale o personale. Scrittura intesa come strumento e metodo di esistenza, pensiero e progettazione, sia individuali, sia collettivi.
Dal 2008 Ceglie Messapica è un luogo che dedica alla scrittura tempo e idee. Una pratica condotta ogni anno in forma di laboratori guidati da docenti universitari, scrittori, giornalisti, musicisti e autori e organizzati in spazi che variano, tra campagne o nel centro storico, spesso sfidando la calura estiva. Gli incontri sono momenti e opportunità di ascolto, scrittura, lettura e condivisione di pensieri, esperienze e visioni. Nel corso degli anni, si è così venuta a formare una vera e propria “comunità che scrive” aperta e libera, composta da corsisti provenienti da tutta Italia.
L'edizione 2024 rende omaggio alla figura del fondatore del progetto, il professor Cosimo Laneve, scomparso a marzo. In particolare, il messaggio che abbiamo inteso veicolare è che, attraverso la scrittura, il vuoto può divenire spazio accogliente, ospitando gesti che trasformano lo spazio interiore – e noi – in fonte sorgiva.
Negli incontri di luglio si è dato spazio al vuoto come possibilità e come vastità. La seconda fase prevede incontri con Paolo Di Paolo, Lucilla Giagnoni, Marco Balzano. Per questi autori, la scrittura è una ricerca inesausta: è una pratica di espressione di sé e di indagine sulle possibilità che anche il vuoto diventi materia, tempo, apertura e incontro.
Inaugureremo anche una mostra presso il Museo Maac che vuole valorizzare la storia del percorso “Scrivere a Ceglie” e ricordarne la figura del fondatore, il Prof. Laneve, e dei principali protagonisti, tra cui Alessandro Leogrande, Domenico Starnone, Duccio Demetrio, Marco Dallari, Maura Striano, Marco Baliani, Paolo Giordano, Raffaele Nigro.
Ci chiarisce il rapporto fra vuoto e scrittura?
Siamo comunemente portati a pensare che il vuoto sia una dimensione da colmare, abbiamo paura di ciò che ci appare aperto perché sembra privato di qualcosa, di presenze, di esperienze… Quel che mi premeva era proprio rivitalizzare l’idea di ciò che è vuoto ma può diventare, attraverso soprattutto la pratica della scrittura, un luogo di risonanze, di attenzione e ascolto, che ci permette di porre in dialogo la vastità che spaventa con l’intensità del nostro universo interiore. A porvi l’attenzione, ne emergono scambi e corrispondenze che rinsaldano il sentimento dell’appartenenza, dell’unione, della propria stessa presenza.
Il vuoto è smisurato e conseguentemente lo avvertiamo come vago, incerto. È - anche - questo che ci tiene lontani. Qualcosa di poco comprensibile e misterioso sembra parlarci e ci richiede lo sforzo di esplorare, di decifrare. Eraclito insegnava che ciò che è misterioso si esprime per simboli, attraverso “confuse parole”. Scrivere, allora, diventa un modo per dialogare con la propria confusione, con i propri modi di intendere o fraintendere.
A luglio, nel dialogo con Mario Desiati, abbiamo provato a mettere a tema proprio questo aspetto: l’importanza di interrogare le parole, i nomi. Dallo scrittore, in risonanza con Bacchelli, è emersa l’esigenza, per chi scrive, di mettersi a nudo, tentando un’interpretazione della voce con cui chiamiamo le cose e noi stessi.
Come si impara a scrivere di sé?
Sia presso la Casa della Cultura, dove dirigo la Scuola di Autobiografia da molti anni, sia presso il Convento di Monterosso, dove è nata da una collaborazione scientifica con il nostro dipartimento, la Scuola di Sguardo, bellezza e scrittura, impariamo che scrivere non è un atto spontaneo. È un gesto che impariamo o che torniamo ad imparare. Non è neanche naturale, ma accompagna un istinto sorgivo che è quello di raccontare, di esprimersi. Prendere o riprendere in mano la penna vuol dire rimettersi in contatto con sé, ma anche con chi ha scritto prima di noi o scrive accanto a noi, in silenzio. Ricominciare a scrivere dilata i pensieri, i momenti, i ricordi ed il futuro perché diviene metodo capace di cogliere, interpretare, tradurre, trasformare tutte quelle emozioni, tutti quei sentimenti e quelle esperienze di pensiero e dei sensi che rischierebbero, altrimenti, di rimanere nascosti o di continuare a sussurrare segnali che, senza le parole, potremmo non riconoscere, confondere. Muoversi nel vocabolario della propria grafia significa creare continui vestiboli, possibili pertugi e aperture per aprire lo sguardo a un mondo che si fa più nostro quando lo sappiamo raccontare. E quando sappiamo attribuirgli senso e nuovi inizi.
È così che la scrittura - e in particolare la scrittura autobiografica o la scrittura filosofica - può mettersi in dialogo con un fare poetico che non si muova solo verso l’interpretazione, ma che provi il terreno dell’incanto, trasformando le nostre parole in passi in grado di inventare e di inventarci a una nuova vita. Scrivere di noi sarà, quindi, avere tra le mani e in punta di penna una materia cui dar forma, per poterla conoscere, riconoscere e progettare nuovamente.
Può tracciare un primo consuntivo sull’esperienza in corso a Ceglie?
Sono felice che l’esperienza di Scrivere a Ceglie ogni anno sia condivisa da appassionati di scrittura da Milano, studenti della Bicocca, di Monterosso, della Casa della Cultura. Il senso politico della promozione della scrittura consiste anche nell’intento di portare in salvo il potenziale emancipatorio e formativo del gesto di leggere e scrivere, strappando la mossa del prender la penna, o metter mano alla tastiera, al rischio che in diversi contesti (anche scolastici) la assediano: la misurazione, l’uniformità, la standardizzazione minano l’originalità e soprattutto la libertà soggettiva di un bisogno umano autentico, complesso ed entusiasmante, come quello di dar forma al pensiero andando incontro al sentire di altri.
Inoltre, per questa edizione abbiamo anche rinnovato Graphein - Società Nazionale di Pedagogia e Didattica della Scrittura, che annovera tra i suoi membri docenti di numerose accademie italiane. Il progetto “Scrivere a Ceglie”, infatti, ha sempre rappresentato uno dei momenti di espressione operativa degli intenti della Società, che promuove lo studio e la ricerca scientifica sul ruolo della scrittura nei vari ambiti della formazione e l’organizzazione di spazi di confronto tra studiosi e ricercatori, anche appartenenti a campi del sapere diversi da quelli pedagogici.