Spedizione italiana di geologi di Milano-Bicocca aiuta a far luce sui misteri di Stonehenge - Bnews Spedizione italiana di geologi di Milano-Bicocca aiuta a far luce sui misteri di Stonehenge

Spedizione italiana di geologi di Milano-Bicocca aiuta a far luce sui misteri di Stonehenge

Spedizione italiana di geologi di Milano-Bicocca aiuta a far luce sui misteri di Stonehenge
stonehenge

Il sito neolitico più famoso al mondo. Una pietra misteriosa. Scienziati italiani in missione in Inghilterra e …uno spettrometro Raman trasportabile.

Sono gli ingredienti della fase clou del progetto Stonehenge portato avanti dal Centro di Studio Dipartimentale Provenance, il Laboratorio di studi di provenienza, minerali pesanti e spettroscopia Raman del Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente dell'Università di Milano-Bicocca (Disat). Lo racconta il direttore scientifico del centro, Sergiò Andò, geologo specializzato in sedimentologia e professore associato del Disat.

Il vostro centro si chiama Provenance, provenienza: di cosa vi occupate?

L’attività del centro, finanziato dal "Progetto MIUR Dipartimenti di Eccellenza", è focalizzata sul mantenere e promuovere la cultura geologica di base in ambito didattico e si concentra sugli studi di provenienza dei sedimenti trasportati dai fiumi e deposti nelle spiagge e nelle profondità degli oceani, in molte regioni del mondo, attraverso uno studio ad alta risoluzione della composizione petrografica e mineralogica dei sedimenti. Questi studi trovano notevoli applicazioni nel campo dell’analisi dei cambiamenti climatici, del passato e attuali, e anche per riconoscere l’impatto delle attività antropiche sul sistema Terra. Il gruppo di ricerca è attualmente coinvolto nello studio di carote di sedimenti raccolte in Antartide, con un team di studiosi provenienti da molti paesi europei ed extra europei, per decifrare insieme i cambiamenti climatici del pianeta.

Provenance ha poi recentemente ampliato la sua sfera d’interesse e attività includendo temi di ricerca che richiedono un approccio multidisciplinare, come lo studio quantitativo dell’inquinamento da plastica nell’ambiente marino e gli studi sulla provenienza applicati in campo archeologico. Il progetto Stonehenge rientra proprio in quest’ultimo ambito.

Che questioni pone il sito archeologico di Stonehenge dal punto di vista della geologia?

Il sito di Stonehenge, probabilmente il più iconico dei monumenti neolitici del mondo, sorge isolato nella piana di Salisbury, nel Wiltshire, nel sud-ovest dell’Inghilterra. Secondo i più recenti studi, sarebbe stato eretto a partire dal tardo Neolitico, intorno al 3000 a.C.. Alla fase iniziale di costruzione seguirono altre fasi di rimodellamento, l’ultima delle quali risale all’età del bronzo medio, intorno al 1600 a.C. Non tutti gli studiosi concordano però sulle cronologie.

Nel sito sono presenti megaliti che presentano caratteristiche geologiche diverse. Quelle che formano il cerchio esterno e il ferro di cavallo centrale hanno dimensioni maggiori, in alcuni casi più di 4 metri, e sono pesanti più di 20 tonnellate e sono pietre chiamate sarsen di provenienza relativamente locale: con tutta probabilità, sono state ricavate da una cava che si trovava a West Wood, circa 25 km a nord del sito archeologico di Stonehenge. L’arco più interno, invece, è composto dalle bluestone, che già nell’Ottocento i primi scavatori Ottocenteschi del sito definirono “pietre straniere”, essendo esotiche per il paesaggio del Wiltshire. Fra di esse spicca la Pietra Megalitica 80, la cosiddetta Pietra dell'Altare, disposta orizzontalmente, lunga circa 4 metri, larga circa 1 metro e spessa 60 cm. È un’arenaria grigio-verde di naturale continentale, probabilmente fluviale, anomala per composizione rispetto alle altre, ricca in bario e mica. Mentre l’origine della maggior parte degli altri megaliti dell’arco interno è stata ricondotta all’area di Mynydd Preseli, nel Galles occidentale, a circa 225 km a ovest di Stonehenge, gli studi specifici per individuare la provenienza della Pietra dell’Altare non hanno, a oggi, portato a conclusioni definitive. Il fatto di aver attribuito negli anni tale pietra al gruppo delle “bluestones” ha certamente influenzato i ricercatori nella localizzazione delle cave di origine, precludendo origini diverse. Gli studi da noi condotti hanno tolto questa attribuzione errata, aprendo nuovi orizzonti sulle origini di questa pietra enigmatica!

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Che attività di ricerca avete svolto a Stonehenge?

Tutto è nato da una conferenza tenuta qualche anno fa al Disat dal professor Nick Pearce della Aberystwyth University, che ci ha coinvolti nella ricerca finalizzata a scoprire le caratteristiche geologiche della Pietra dell’Altare e la sua origine geografica. Siamo partiti dall’analisi di un campione della pietra - raccolto nel 1844 dalla sua parte inferiore e oggi conservato nel museo di Salisbury - e poi, a luglio 2023, abbiamo effettuato un sopralluogo direttamente sulla pietra dell’altare, lavorando nel sito archeologico.

Sergio Andò in sopralluogo a Stonehenge
Sergio Andò in sopralluogo a Stonehenge

In questa occasione, per procedere in modo non invasivo alle analisi mineralogiche, è stata perfezionata la proposta di utilizzare uno spettrometro Raman portatile, il Renishaw VirsaTM, costruito nei laboratori inglesi Renishaw. Si tratta della versione trasportabile degli apparecchi che usiamo nel nostro laboratorio in Bicocca, basati sulla spettroscopia Raman e dotati di un potente laser e detector.

Come funzionano questi apparecchi?

La spettroscopia Raman è una tecnica non distruttiva: il campione da analizzare viene colpito da una radiazione elettromagnetica monocromatica, proveniente da una sorgente laser di colore verde. Negli studi di provenienza, questa tecnologia può essere utilizzata per creare un’impronta digitale mineralogica e consente di ipotizzare le sorgenti geologiche e geografiche dei sedimenti studiati, come è avvenuto in questo caso.

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Come avere operato nel sito? Che dati avete ottenuto?

Abbiamo effettuato un sopralluogo a fine luglio e fatto tutte le misure in una sola nottata, tra l’11 e il 12 settembre, approfittando della chiusura notturna ai turisti del sito archeologico. Operare nel sito per tutta la notte, dal tramonto all’alba è stato emozionante, un privilegio straordinario: eravamo lì da soli, i primi ricercatori a fare misure Raman in situ. Come unica compagnia, alle prime luci dell’alba, numerose lepri curiose, forse attratte dalle luci usate per illuminare l’area studiata. L’analisi dei dati ottenuti con i nostri strumenti ha confermato che la composizione prevalente della Pietra dell’Altare è diversa da quella delle altre pietre del cerchio interno ed è la stessa del campione storico da noi analizzato: in particolare, è stata riconosciuta in situ la presenza di un minerale caratteristico di questa arenaria, la barite, responsabile dell’alto contenuto in bario di questa roccia.

Progetto senza titolo (3)

Stonehenge sopralluogo notturno

A che conclusioni siete giunti sulla possibile provenienza della Pietra dell’Altare?

In proposito, abbiamo appena pubblicato un articolo sulla rivista internazionale Journal of Archaeological Science: Reports, redatto con Richard Bevins, Nick Pearce, Rob Ixer e altri autori per l’alta presenza di bario e la peculiare associazione di minerali osservati, abbiamo escluso che la Pietra dell’Altare possa provenire dal bacino anglo-gallese (che comprende il Galles meridionale, il Welsh Borderland, le West Midlands e il Somerset), come sino a oggi era stato ipotizzato.

Siamo giunti a questa conclusione dopo un’attenta analisi dei dati e il confronto della composizione della pietra con quella di nuovi campioni di arenarie rosse provenienti dalla formazione chiamata Old Red Sandstone (ORS), affioranti nel bacino anglo-gallese. Il risultato è frutto della fortunata collaborazione con un team internazionale di studiosi, che ha permesso la combinazione di diverse tecniche di analisi, dalla tradizionale petrografia ottica, alle tecniche XRF portatili, SEM-EDS automatizzate e alla spettroscopia Raman.

Se non viene dal Galles, da dove potrebbe provenire la Pietra dell’Altare?

Abbiamo fatto luce su un quesito a lungo dibattuto; ora è necessario ampliare l’orizzonte geografico della ricerca. Le caratteristiche geologiche della pietra fanno ipotizzare a una sua provenienza da un luogo ancora più lontano rispetto al Galles: tra le ipotesi che stiamo valutando, campionando nuovi siti e analizzando nuovi campioni, si potrebbe trattare dell’Inghilterra settentrionale o addirittura delle isole Orcadi in Scozia. In tutte queste regioni sono presenti siti che hanno caratteristiche geologiche potenzialmente compatibili ed evidenze archeologiche ben studiate che ci portano a rivolgere lo sguardo verso il lontano nord. Abbiamo già iniziato a lavorarci, analizzando campioni provenienti da alcuni siti più “promettenti” ma il lavoro richiede tempo, pazienza e anche un po’ di fortuna.
Una volta identificata la provenienza geografica della pietra, ci sarà molto lavoro per gli archeologi e gli storici. Spetterà a loro affrontare importanti questioni e cercare di dare le risposte giuste: perché trasportare una roccia tanto grande e pesante da un luogo lontano centinaia di km da Stonehenge? Come è stata trasportata? Ogni scoperta conduce a nuove domande: nel mio lavoro ero solito dire “quante storie in un pugno di sabbia”; in questo caso mi viene da dire “quanta storia in una arenaria”, e le migliori scoperte devono ancora arrivare!