Rimanere lettori, un aiuto nelle ore più lunghe - Bnews Rimanere lettori, un aiuto nelle ore più lunghe

Rimanere lettori, un aiuto nelle ore più lunghe

Rimanere lettori, un aiuto nelle ore più lunghe
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Da quando il coronavirus ci ha investiti, il nostro tempo è sempre più scandito da preoccupazioni e da incertezze. Nel momento della responsabilità, a seguito delle misure restrittive prese dal Governo per il contenimento del contagio, abbiamo visto le nostre abitudini cambiare, stravolgere la nostra normalità. Abbiamo dovuto cercare nuovi spazi di scambio e di condivisione, nuovi modi per lavorare al chiuso delle mura domestiche, con giornate affollate di ore di studio e di lavoro da remoto, da inventare e da dedicare ai nostri figli, o fin troppo silenziose, soffocate da notizie che ci lasciano distratti, sospesi, sempre all’erta come sentinelle. A fatica, stiamo imparando a vivere questo tempo e a adattarci a nuove modalità di relazione. Per provare a sentirci più uniti nella distanza, insieme ai docenti e ai ricercatori dell’Università, noi della redazione abbiamo pensato di proporre a chi segue il blog alcuni consigli di lettura, perché i nostri pensieri e i ritagli delle nostre giornate (troppo piene per alcuni, troppo vuote per altri) possano essere affidati anche a un buon libro, come usavamo fare un tempo, che provi a rapirci anche solo per poco. 
Rimanere lettori non è facile, in un momento come questo, in cui persino chi ha sempre amato i libri fatica a riprovare le stesse emozioni o la passione che ci davano un tempo. E’ complicato, lo sappiamo, ma da brevi romanzi di autori noti o da scoprire, a testi più divulgativi sui cambiamenti climatici, passando per le letture da fare in famiglia, ci auguriamo comunque che anche le loro pagine possano essere d’aiuto nelle ore più lunghe.
 
"Vi hanno mandato loro?" -  chiede Tom il Greco ai due sconosciuti che si sono presentati alla porta della sua casa di vacanza di Grand Lac, in Quebec.
"Loro" sono  gli uomini della Cia, l'Agenzia di cui è stato membro, con ruoli importanti, tutta la vita. I due personaggi sono colleghi più giovani desiderosi di interrogarlo in privato prima che Tom venga interrogato formalmente dalla Commissione del Senato sull’intelligence. C'era proprio Tomas Karamessines, detto Tom il Greco, a capo della stazione di Roma tra il 1961 e il 1963 quando, con la morte di Mario Tchou, l'attentato a Enrico Mattei e le incriminazioni e condanne di Felice Ippolito e Domenico Marotta, l'Italia perdeva il ruolo competitivo e indipendente in campo elettrico, energetico e scientifico che grazie all'Olivetti, all'Eni e alle figure di spicco stava conquistando. Una perdita di conoscenza e potere che la porteranno a un declino che l'avrebbe segnata per sempre e resa dipendente dalle altre potenze. Coincidenza o complotto? 
A partire dalla figura ambigua e sfuggente di Tomas Karamessines e dalle domande  e ossessioni nel tentativo di scoprire la "verità" di un giornalista e scrittore contemporaneo - che ha lo stesso nome dell'autore - Bruno Arpaia costruisce  un romanzo complesso e intrigante  che si muove su due piani narrativi, da un lato il romanzo, la parte narrativa,   storia di due giornate del settembre 1978, ultime 48 ore di vita del protagonista , e dall'altro  il diario di più di  10 anni di domande, ricerche, letture, scambi per cercare indizi e risposte alla domanda "Ci fu cospirazione da parte della Cia?".
Dunque da un lato romanzo e dall'altro inchiesta. I due piani si intrecciano nella trama architettata da Bruno Arpaia in questo libro "Il fantasma dei fattiuscito meno di un mese fa per Guanda (2020) editore e che merita attenzione e potrebbe suscitare importanti dibattiti storico-politici e scientifici  sul ruolo dell'Italia nei primi anni '60 e sull'immediato declino successivo. Il problema affrontato da Arpaia in questo libro è come scrivere di una figura di cui poco si sa. La riflessione è su come raccontare la storia quando non ci sono le prove. Ci sono avvenimenti storici, colpi di scena, momenti di grande intensità sulla sera di Tom il Greco, non ci sono pretese di verità in questo libro complesso e non facilmente etichettabile, ma necessario e illuminante. "Il fantasma dei fatti" intreccia fatti realmente accaduti con zone "oscure" di quel che forse è accaduto e che, non avendo prove, possiamo solo provare ad illuminare con l'immaginazione. Come citato nell'eserga del libro e sostenuto da Sciascia non sono tanto i fatti, quanto “i fantasmi dei fatti “a costituire la vera materia della letteratura. La malasorte che da 50 anni ha sottratto il tema del declino scientifico ed energetico italiano al dibattito pubblico evidentemente continua, visto che il libro è apparso a fine febbraio in piena crisi da Covid 19, con presentazioni annullate e librerie chiuse.
Ma le domande che pone sono fondamentali e non hanno scadenza.
(Redazione Bnews)
 
L’afro-futurismo di Nnedi Okorafor. Il futuro non è più quello di una volta, e neppure la fantascienza. In un frangente in cui ci sembra così difficile immaginare come vivremo anche solo tra una settimana o qualche mese, può essere interessante scoprire alcune delle nuove voci della letteratura fantastica capaci di indicarci in modo originale e alternativo i futuri possibili del nostro mondo. Al di là dei nomi classici della fantascienza novecentesca, negli ultimi anni sono stati tradotti in italiano libri che dimostrano la grande vitalità di questo genere letterario anche tra gli autori africani, asiatici e latinoamericani. Vorrei qui segnalare Nnedi Okorafor, scrittrice di origini nigeriane, di cui nel 2017 per merito della casa editrice Zona 42 (2017) è apparso in italiano il romanzo "Laguna".
L’opera intreccia temi di grande interesse antropologico con il classico topos dell’invasione aliena, che diventa però qui specchio delle ossessioni coloniali e post-coloniali africane. Vera protagonista della vicenda è forse la città di Lagos, colta in tutta la sua tentacolare vitalità multiculturale e multilingue.
Della stessa Okorafor, Mondadori ha pubblicato nel 2019 "Binti," una trilogia che narra il viaggio interplanetario della giovane di etnia Himba che dà il titolo al libro. Si tratta in questo caso di un originale romanzo di formazione, che pone al centro il percorso di emancipazione della protagonista e la sua capacità di “armonizzare” i conflitti e le diversità.
(Francesco Vietti, antropologo, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione) 
"Per la prima volta Crosbie sorrise e il suo sorriso gli cambiò faccia. Svanita la rozzezza appariva solo la sua bontà d’animo.”Ne avrò bisogno più io di Leslie. Lei ha retto a meraviglia. Perdio che donnina coraggiosa." 
"La lettera(Adelphi, traduzione di Franco Salvatorelli) è un romanzo brevissimo del raffinato scrittore e drammaturgo inglese William Somerset Maugham che in sole 70 pagine è capace di travolgere, restituendoci il vivido ritratto dai toni noir di un ambiente e di una società “esotica” nei primi anni del XX secolo. Siamo nella colonia inglese di Singapore: un caso giudiziario scuote tutta la comunità, Leslie Crosbie, moglie all’apparenza irreprensibile di un importante proprietario terriero è accusata di aver sparato ed ucciso un altro possidente, Geoffrey Hammond in un tentativo di stupro. Sembrerebbe un caso di legittima difesa e anche l’avvocato Mr Joyce è convinto dell’assoluzione da parte della giuria, ma non tutto torna e una lettera appunto, svelerà tobidi e perfidi retroscena.
Da questo racconto il cinema ne ha tratto diversi film tra i quali Ombre malesi, nel 1940, di William Wyler, con l’attrice Bette Davis (sette candidature agli Oscar) e Le donne erano soledel 1947 di Vincent Sherman. Entrambi si trovano gratuitamente su diverse piattaforme di streaming. Lo stesso Maugham ne ha fatto anche un adattamento teatrale: la prima rappresentazione è del febbraio 1927 al Playhouse Theatre di Londra, in cartellone per quasi un anno.
(Redazione Bnews)
 
"Vino nudo, vino naturale, vino vero. Perché aggiungere al vino qualcosa di non necessario?". Il libro, edito da Slow Food Editore (2019), è il racconto di un viaggio, dalla California alla Francia, dalla Spagna all’Italia, alla ricerca delVino (al) naturale. Protagonista e autrice è Alice Feiring, giornalista e scrittrice newyorchese, che ci porta con sé in una serie di divertenti e affascinanti avventure alla scoperta di un vino che sta incuriosendo e aprendo notevoli dibattiti. Un vino prodotto senza l’aggiunta di solfiti, libero di seguire il suo naturale processo di fermentazione, frutto di pratiche agronomiche in vigna sostenibili, di tecniche antiche, molto poco invasive e che rispettano il territorio in cui è coltivato.
"Lasceremo che il vino si faccia da sé", come si legge nel libro, suona come una provocazione, e provocatoria è anche l’autrice nel suo ruolo di testimone, ma anche spiritosa, acuta, autoironica e autoreferenziale. Alice nel suo viaggio incontra vignaioli e vigneron, contadini e scrittori, critici, scienziati e pionieri dell'enologia e pagina dopo pagina ci aiuta a scoprire in che modo, con quali difficoltà e con quali potenzialità oggi si sta diffondendo la produzione del vino naturale. Scopriamo che “naturale” è un aggettivo controverso, che è difficile stabilire quali vini siano sinceramente naturali, che la loro produzione è molto più complessa di quanto si possa immaginare, sicuramente più della vinificazione classica, che richiede molto più sforzo e impegno da parte dei produttori per poter essere impeccabile….
Ma quel che la lettura lascia di più è la voglia di camminare tra le vigne del vino che si beve, ascoltare la storia di chi quel vino lo produce, percependone l’onestà e il modo pulito di farlo (naturale?!), l’idea e la passione veicolate dalle sensazioni che il territorio stesso trasmette. Quel che resta è la voglia di bere un bicchiere di vino in modo emotivo! E anche se è vero che non tutti i vini naturali sono buoni è vero che i vini naturali ci raccontano l’appassionata etica e forse estetica che ci sta dietro.
(Monica Bernardi, ricercatrice del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale)

“Non mi spalmo schifezze” una tipica frase di chi non vuole usare le classiche creme viso, spesso a base di siliconi, tanto demonizzati: questa e altre convinzioni pervadono il mondo della cosmesi. Nel libro "La scienza nascosta dei cosmetici" (Chiarelettere, 2020) è possibile fare un viaggio nel mondo dei trucchi e di tutto ciò che utilizziamo per curare il nostro aspetto, dalle tinte alle creme solari. L’autrice è Beatrice Mautino, biotecnologa con un passato da ricercatrice e divulgatrice scientifica nota sul web come @divagatrice, la quale affronta in maniera diretta temi caldi come l’uso della vitamina D e la tossicità del talco .Punta inoltre il dito contro il marketing della paura e ai titoloni inutilmente allarmistici, e fornisce al lettore gli strumenti adatti per informarsi in maniera più corretta. Questo libro non vi dirà quale sia il cosmetico migliore, ma vi aprirà gli occhi su aspetti che normalmente non consideriamo, in modo da diventare consumatori più consapevoli. L’henné, le certificazioni “eco-bio” e l’uso in gravidanza: l’approccio scientifico ai cosmetici pervade questo libro, con lo scopo di trasferire tale indole al lettore.
La perfetta continuazione del lavoro svolto quotidianamente dall’autrice sui social media, che non poteva che sfociare in questo libro, o meglio, come lo chiama la sua ormai enorme community, o #quellorosa.
(Stefano Bertacchi, dottorando in Tecnologie Convergenti per i Sistemi Biomolecolari, Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze)
 

Corporate governance: argomento noto in economia aziendale, di grande interesse per amministratori delegati, manager e consulenti, spesso comunicato dai media come la causa di scandali societari, all’origine di crack finanziari di ben note società quotate nel mondo. "The Chief Value Officer. Accountants Can Save the Planet" (by Mervyn King with Jill Atkins - Greenleaf Publishing, 2016): un libro che rompe i ponti con l’approccio tradizionale dove la governance è ancorata a regole e modelli rigidi, spesso “inquinati” da corruzione, comportamenti non etici e speculazioni di breve termine. La metafora dello “steering of a ship” viene utilizzata per trasmettere al mondo del business il motto del “buon governare”, comunicato in maniera efficace dai due autori, Mervyn King, il “chair” della Commissione sulla corporate governance in Sudafrica, a cui si devono ben 4 edizioni del Corporate Governance Code (King I, II, III e IV), e Jill Atkins, nota professoressa di Financial Management alla Sheffield University. Possono i manager, i direttori finanziari, i consulenti salvare il pianeta? Per gli autori del libro sembrerebbe di sì: un messaggio insolito e provocatorio che, alla luce dei recenti rischi climatici, assume un significato sempre più vero.
Soltanto con un radicale cambiamento dal capitalismo attuale ad una vera e propria green economy orientata all’etica e alla sostenibilità il pianeta potrà riconquistare la posizione di centralità che gli spetta, con benefici per tutta l’umanità compreso il business.   
(Federica Doni, professore associato di Economia Aziendale, Dipartimento di scienze economico-aziendali e diritto per l’economia)
 
Il romanzo biografico "Magellano" di Stefan Zweig (BUR Biblioteca Universale Rizzoli) è un libro intrepido ed epico che consiglio a tutti amanti di natura e avventura.
La storia è nota, narra la tormentata impresa di Ferdinando Magellano che intento a trovare una rotta marittima ad Ovest per portare le preziosissime spezie in Europa senza passare da dazi terrestri, compirà la circumnavigazione del globo terrestre.“Esiste un passaggio dall’Oceano Atlantico al Pacifico. Io lo so, io conosco il luogo e il punto. Datemi una flotta e io mostrerò il passaggio e compirò il giro di tutta la terra da oriente a occidente”. Così il 10 agosto del 1519, dopo non poche traversie, il giovane capitano parte per un viaggio verso le indie in cerca di vie commerciali più rapide e va incontro al suo destino. Per circa due anni naviga, conquista, esplora, gestisce tradimenti e commercia. E quando arriva nelle odierne Filippine, per consolidare la sua fama tra gli indigeni, organizza una spedizione punitiva, si avvicina alla riva di una piccola isola con le scialuppe, ma i coralli lo costringono insieme ai suoi uomini a scendere e a raggiungere la terra a piedi.
L’armatura lo costringe a movimenti impacciati, la lama di un indigeno lo colpisce a morte ad una gamba, cade a terra e “Così assurdamente perisce, nel momento più sublime e meraviglioso del trionfo, il più grande esploratore della storia, in una meschina scaramuccia.”  
Del narratore Zweig colpiscono la meticolosa ricostruzione degli eventi storici, la ricchezza della prosa e la sua conoscenza dello spirito umano che caratterizza tutti i suoi libri, non solo quelli biografici e storici. Se vi ho incuriosito proseguite con i suoi :"Vita di Maria Stuarda", "Bruciante segreto" e "Lettera da una sconosciuta".
(Paolo Galli, ecologo, professore ordinario del Dipartimento di scienze dell’ambiente  e della terra)

"Il rumore di una chiocciola che mangia", uscito nel 2010, dopo aver fatto il giro del mondo è arrivato in Italia solo nel 2018 per le edizioni Marsilio. Un piccolo caso letterario per un libro anomalo, un po’ biografia e un po’ saggio, con in più l’aria di un romanzo che tiene avvinti alla narrazione. Quella raccontata è "una storia piccola su una creatura ancora più piccola", la chiocciola del titolo, e insieme quella dell’autrice, Elisabeth Tova Bailey,e della malattia che l’ha tenuta bloccata in casa, perlopiù a letto, per lungo tempo. È una storia intima che descrive un momento incerto e doloroso, ma piena di speranza e di attaccamento alla vita e che, dall’isolamento in una stanza nel New England, apre a pensieri via via più lucidi sulla solitudine, sulla lentezza, sulle relazioni, sul rapporto tra noi e il mondo. E contemporaneamente è un testo a suo modo - un originalissimo modo - scientifico, imbevuto di pensiero biofilico e ricco di informazioni sulle chiocciole, le loro caratteristiche e abitudini. Un invito, tra scienza e letteratura, a rallentare, a sostare e a osservare, godendo di ogni momento e di ogni più piccolo incontro. 
Perfetto per questo tempo sospeso.
(Monica Guerra, pedagogista e ricercatrice. Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione)
 
Giovanna Zucca, "Mani calde" (Fazi 2011). 
Se siete genitori e decidete di leggere questo libro fate in modo, durante  la lettura, che i vostri figli siano a portata di mano; ogni 10/15 pagine vi verrà l’impulso di abbracciare, coccolare, accarezzare, dire loro che tutto andrà bene, anche se hanno 30 anni. Perché questo è un grande libro sulla genitorialità, soprattutto sulla paternità (come mai una donna conosce così bene il mistero dell’essere padri?). Davide ha meno di 10 anni; un giorno l’auto sulla quale viaggia con la mamma ha un incidente. La mamma non si fa un graffio, il bambino entra in coma. In ospedale lo danno per spacciato, stanno per arrendersi finché arriva lui, il primario odiato, il “cafone”, l’arrogante che si crede Dio, un essere ignobile se non fosse per le mani miracolose che ha avuto in dono. Il cafone” guarda il bambino e decide di operare. Il romanzo è una morsa allo stomaco che si allenta piano piano, un susseguirsi di emozioni-limite che si scioglie in un finale già chiaro fin dalla prima pagina. Su tutto, il senso dell’essere padri, quella paternità che il primario ha sempre rifiutato e che il piccolo Davide gli farà riscoprire. “Mani calde” è sì un libro sugli ospedali, sulla malattia, sul soprannaturale e forse anche su Dio, ma è soprattutto un libro che parla di un bambino e di un padre; che non sono l’uno figlio dell’altro ma che allaccia una relazione intensa come solo padri e figli sanno allacciare: “Quello per Davide è un amore che conosce solo il rialzo. Cresce sempre senza avere mai calo o stanchezze”. (pag. 31).
Ogni padre potrebbe riconoscersi in queste parole; e in questo piccolo magico libro che ci tocca con le sue mani calde e ci costringe ogni dieci pagine ad andare dai nostri figli e rimboccargli le coperte se è notte, offrire loro un succo di frutta se sono le 4 del pomeriggio o, a qualsiasi ora, abbracciarti per niente.
(Raffaele Mantegazza, professore associato di Scienze umane e pedagogiche, Dipartimento di Medicina e Chirurgia)
  
“In strada. Azioni partecipate in spazi pubblici” di Monica Guerra Lola Ottolini (Corraini, 2019) raccoglie una sintesi della ricerca delle due autrici, rispettivamente pedagogista e architetto, su quelle pratiche urbane orientate a rafforzare i legami sociali e contemporaneamente a promuovere un rinnovato senso di appartenenza ai luoghi. Le azioni di cui il libro racconta sono state selezionate su scala internazionale e consistono in proposte attive aperte alla cittadinanza su temi e questioni sensibili (ad esempio l’emarginazione o il cambiamento climatico), ma anche su aspettative e rappresentazioni (cosa vorrei per la mia vita, come vorrei la mia città…).
Lo sguardo multidisciplinare che caratterizza il libro, permettendo di approfondire sia il tema della partecipazione che quello dello spazio pubblico, e la forma del volume, costruita tra testo e grafica, lo rendono una proposta di interesse trasversale, ma anche uno strumento operativo per riprendersi la strada attraverso piccoli gesti in grado di attivare nuovi punti di vista sulla realtà. 
Da leggere in questo periodo per prepararsi a tornare ad abitare le nostre città appena possibile, con uno sguardo ancora più consapevole e il desiderio di condividere.
(Redazione Bnews)
 
Chiudono la nostra rassegna alcune segnalazioni di Martino Negri, esperto di letteratura per l'infanzia e docente del Dipartimento di Scienze umane per la formazione, con tre proposte  di lettura, libri di racconti che possono essere letti da soli o con i genitori, per meravigliarsi e sorridere insieme, da bambini delle scuole primarie e medie: i racconti della Parry Heidesono accessibili fin dalla scuola primaria, eventualmente letti ad alta voce dagli adulti ai bambini delle prime classi, quelli di Tansono un po’ più complessi: ideali per le medie, ma godibili anche nelle ultime classi della primaria. 

L’universo narrativo evocato nelle pagine di "Piccole storie di periferia" (del 2008 e pubblicato in Italia da Tunué nel 2018) del giovane ed eclettico artista australiano Shaun Tan, è un universo frammentario e molteplice che trova il suo centro di gravità nell’idea di periferia come luogo di confine in cui si possono fare scoperte e incontri meravigliosi, come avveniva nelle foreste della tradizione narrativa fiabesca. Il libro si compone di quindici brevi racconti illustrati, ciascuno, attraverso l’uso di linguaggio visivo differente e per questa ragione ogni racconto finisce col rappresentare «un piccolo separato universo» all’insegna della singolarità e dell’essenzialità. La propensione di Tan alla messa in scena di piccole illuminazioni profane grazie alle quali il quotidiano diventa luogo di incanto e di improvvise rivelazioni è qui sostenuto da un’asciuttezza espressiva che gli consente di far accadere le cose più bizzarre con la naturalezza di una fioritura, con la sua stessa semplice e necessaria bellezza.

Pubblicati in Italia per la prima volta solo nel 2018, con le illustrazioni di Sergio Ruzzier"Favole a cui non badare troppo" (scritto con Sylvia Worth Van Clief, Bompiani) e "Storie per bambini perfetti" (Bompiani) di Florence Parry Heide sono due classici della letteratura per l’infanzia americana degli anni Settanta/Ottanta, il primo del 1978 e il secondo del 1985.
Palesemente concepiti come parodie dei racconti morali sette-ottocenteschi, dove chi si comporta bene, seguendo gli ammonimenti degli adulti, viene premiato e chi disubbidisce è destinato a patire terribili conseguenze, spesso fatali, i racconti della Parry Heide sono brevi apologhi “immorali”, che hanno per protagonisti animali sotto le cui spoglie sono riconoscibilissimi bambini reali, assai poco angelici, che riescono sempre ad averla vinta sui grandi.
Divertenti e spietati, a seconda dei casi, sono racconti fondati su una scrittura semplice, limpida e poetica che ne sostanzia il potente e irriverente umorismo di fondo. 

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