Premiata con due riconoscimenti la tesi di dottorato di Giordana Pepè sulla criminalità organizzata straniera nell’ordinamento italiano - Bnews Premiata con due riconoscimenti la tesi di dottorato di Giordana Pepè sulla criminalità organizzata straniera nell’ordinamento italiano

Premiata con due riconoscimenti la tesi di dottorato di Giordana Pepè sulla criminalità organizzata straniera nell’ordinamento italiano

Premiata con due riconoscimenti la tesi di dottorato di Giordana Pepè sulla criminalità organizzata straniera nell’ordinamento italiano
premiazione

Due premi in pochi giorni: Giordana Pepè, con la sua tesi di dottorato conclusa all’Università di Milano-Bicocca nel 2023 e intitolata Associazioni a delinquere e criminalità organizzata “straniera” nell’ordinamento italiano: scenari attuali e prospettive de iure condendo (Tutor professoressa Claudia Pecorella), è recentemente risultata la vincitrice, per la sezione tesi di dottorato, del Premio Nazionale Amato Lamberti e del Premio Francesco Saverio Pavone.

Premio Nazionale Amato Lamberti, XI edizione: Nando dalla Chiesa e Giordana Pepè (foto di Ezio Micillo)
Premio Nazionale Amato Lamberti, XI edizione: Nando dalla Chiesa e Giordana Pepè (foto di Ezio Micillo)

Il Premio Lamberti, istituito dall’omonima associazione nel 2013 con la finalità di contribuire a formare giovani studiosi in grado di elaborare strategie efficaci per il contrasto alla criminalità organizzata, è stato conferito a Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, il 19 giugno. Tra le motivazioni dell’assegnazione alla dottoressa Pepè, sono state sottolineate l’attenzione per la letteratura e la puntuale ricostruzione storica e socio-criminologica dei fenomeni mafiosi in Italia, nonché l'accurata riflessione dal punto di vista penalistico e giurisprudenziale sull’applicabilità e sulla tenuta della normativa penale italiana in vigore sulle associazioni a delinquere, a fronte dell’emersione del fenomeno delle “mafie straniere”. Il lavoro è stato giudicato di alta qualità, nonostante le difficoltà del tema trattato e la molteplicità degli approcci presi in considerazione; in particolare sono state apprezzate le conclusioni che avanzano proposte concrete.

Cerimonia del Premio Francesco Saverio Pavone, II edizione (Foto: Ufficio stampa Consiglio regionale del Veneto)
Cerimonia del Premio Francesco Saverio Pavone, II edizione (Foto: Ufficio stampa Consiglio regionale del Veneto)

La cerimonia di consegna del 24 giugno si è tenuta invece a Palazzo Ferro Fini di Venezia, sede del Consiglio regionale del Veneto che ha istituito il Premio Pavone, giunto alla seconda edizione, per promuovere cultura e consapevolezza sulla consistenza del fenomeno mafioso in Veneto. Il riconoscimento è stato assegnato alla tesi della dottoressa Pepè sulla base della ricca analisi delle fonti normative e della bibliografia, considerando che propone un’interessante chiave di lettura dei fenomeni mafiosi, applicabile anche come strumento di lavoro per una migliore comprensione e classificazione dei fenomeni di criminalità organizzata.

Giordana, come hai vissuto queste recenti premiazioni?

Un’esperienza entusiasmante. Entrambi gli eventi hanno offerto un’occasione unica di confronto sulle tematiche trattate da diversi punti di vista; ho apprezzato le idee e gli spunti interessanti proposti anche dalle tesi di laurea premiate, che mi hanno davvero incuriosita. La mia percezione è che tutti i concorrenti abbiano contribuito, ognuno a suo modo, a diffondere la cultura della legalità con i lavori presentati.

Dalla tesi di laurea a quella di dottorato, un fil rouge che analizza il diritto penale in una dimensione internazionale?

Amo tutti gli aspetti e le sfaccettature del diritto, ma nel mio percorso di studi effettivamente mi sono molto concentrata sul diritto penale e su quello internazionale. L’argomento della tesi di laurea del 2019, La rilevanza penale dei matrimoni forzati nell’ordinamento italiano, sempre con la professoressa Claudia Pecorella come relatrice, è nato dalla mia curiosità personale. Ho prima descritto il fenomeno, anche dal punto di vista sociologico, per poi passare alla riflessione sulla dimensione normativa.

Dopo la laurea sono stata ammessa al dottorato di ricerca in Law and pluralism, un percorso interdisciplinare che approfondisce le sfide poste dalla società multiculturale e multietnica in tutti i settori giuridici, dai profili costituzionali al diritto civile. In particolare, io ho cercato di declinare questo ambito di ricerca nel diritto penale, con un approfondimento specifico sulle cosiddette “mafie straniere”.

Il tema ruota intorno all’adeguatezza degli attuali reati associativi rispetto a nuove forme di criminalità organizzata, anche nell’ottica di un’eventuale riforma. L’associazione di tipo mafioso (art. 416-bis del codice penale) è stata introdotta come fattispecie di reato in Italia nel 1982 per sanzionare più duramente un fenomeno inizialmente localizzato territorialmente, con caratteristiche precisamente descritte nel testo normativo, in particolare l’uso di una forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo: il cosiddetto metodo mafioso. Prima di questa innovazione, si poteva fare riferimento solo alla generica associazione per delinquere (art. 416 c.p.).

Il problema della nostra giurisprudenza, e il focus della mia tesi di dottorato, è stato capire se e come applicare queste fattispecie di reato vigenti nel nostro ordinamento ad altre organizzazioni criminali, come quelle straniere, presenti ed operanti in Italia; organizzazioni che per certi versi potrebbero essere paragonate alle associazioni mafiose tradizionali ma che, tuttavia, hanno caratteristiche non coincidenti con queste ultime per dimensioni e modalità operative.

Ho ritenuto importante partire dalla comprensione e dalla descrizione socio-criminologica dei fenomeni presi in esame, per poi inquadrarli nella cornice normativa, europea e internazionale prima e poi italiana. Molti sforzi sono già stati compiuti a livello transnazionale, un piano che assume ed assumerà un peso sempre più rilevante, anche in ottica di armonizzazione e collaborazione nel contrasto alla criminalità organizzata. La mia ricerca si è concentrata principalmente sull’analisi delle sentenze italiane in materia, che in alcuni casi hanno applicato l’art. 416-bis c.p. a gruppi criminali di origine straniera, mentre in altri il meno severo art. 416 c.p. Ho anche effettuato un piccolo lavoro di comparazione tra vari Paesi, constatando che l’art. 416-bis c.p. è rimasto un unicum italiano. Infine, ho concluso con una proposta di riforma per la revisione del sistema dei reati associativi: prevedere un nuovo reato intermedio, più descrittivo delle forme della moderna criminalità organizzata rispetto all’associazione per delinquere semplice (art. 416 c.p.), ma non così specifico come l’associazione per delinquere di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.).

Raccontaci il tuo percorso: sentivi l’esigenza di vivere un periodo formativo all’estero?

Dottoressa Giordana Pepè

Ho cercato di cogliere le opportunità per studiare all’estero disponibili in Bicocca. Ho iniziato con l’Erasmus al quarto e penultimo anno di Giurisprudenza, trascorrendo due semestri all’Université de Paris-Est Créteil; il periodo si è rivelato assolutamente positivo da tutti i punti di vista, didattico e più in generale formativo, ma anche umano e personale.

Successivamente, dopo aver frequentato in Bicocca il corso di Transitional Justice and State Building, ho svolto uno stage all’International Center for Transitional Justice di New York, un’organizzazione internazionale non-profit che si occupa di giustizia di transizione, supportando quei Paesi che, dopo un conflitto, una dittatura o una violazione massiva dei diritti umani, intraprendono un percorso di democratizzazione. Volevo approfondire più concretamente questo campo di studi che mi ha sempre interessato.

Durante il dottorato, che prevede un periodo obbligatorio all’estero, ho svolto le ricerche di criminologia e diritto penale per la mia tesi prima in Spagna, all’Universidad de Salamanca dove si trova l’Observatorio de la criminalidad organizada transnacional, e successivamente in Germania, a Friburgo presso il Max Planck Institute for the Study of Crime, Security and Law e all’Università di Erlangen-Norimberga.

Un’esperienza che ti senti di consigliare agli studenti di Giurisprudenza?

Sulla base dei propri interessi e del proprio percorso universitario, prendere in considerazione le possibilità di studio all’estero è una valida opzione. Per me è stata un’esperienza preziosa, ricca di occasioni di scambio e confronto relazionali e professionali, arricchente non solo per l’approfondimento delle discipline giuridiche, ma anche delle competenze linguistiche, oggi così importanti e richieste.

Non è passato molto tempo ma, se oggi ti guardi indietro, come ripensi agli anni recenti trascorsi in Bicocca?

Ho studiato in Bicocca per diversi anni: prima la laurea magistrale a ciclo unico e poi il dottorato di ricerca. Nel frattempo sono diventata avvocata. Oggi conservo un ricordo felice degli anni universitari, trascorsi positivamente per tanti motivi, dalla qualità del percorso formativo all’eccellente rapporto coi docenti.

Mi fa piacere poi constatare che l’Ateneo nel tempo si è sempre più attivato per offrire ai propri studenti una diversificazione dei servizi ed una programmazione di vari eventi culturali, anche musicali. Come ho sperimentato nelle mie esperienze all’estero, oltre allo studio, secondo me per gli studenti è davvero importante trovare momenti e spazi per socializzare, vivere il campus e poter fare attività sportiva.


In copertina foto di Ezio Micillo (Premio Nazionale Amato Lamberti, XI edizione: Nando dalla Chiesa e Giordana Pepè)