È partito tutto come un gioco, si è trasformato poi in una passione e oggi è un vero e proprio lavoro. Lo sci per Pietro Zazzi, 28 anni, velocista nella squadra A della Nazionale, è un’esperienza totalizzante.
Lo sport ha assunto un’importanza crescente nella vita di Pietro e la sua carriera ha avuto un’evoluzione per alcuni aspetti insolita. Stesso discorso per il suo percorso di studi. Oggi Pietro frequenta il terzo anno di Scienze del turismo e comunità locale dell’Università di Milano-Bicocca, supportato dal programma di Dual career dell’Ateneo, il percorso di doppia carriera che garantisce una serie di benefit e servizi per conciliare impegni agonistici e studi universitari.
Pietro, come nasce la tua passione per lo sci?
Tutto ha origine in famiglia. Sono nato a Milano, ma mia madre è di Bologna e mio padre di Bormio. I miei genitori hanno deciso di far crescere me e i miei fratelli proprio a Bormio, in montagna. Dopo la scuola, si andava sempre a sciare: lo facevano i miei fratelli maggiori e io volevo imitarli. Si trattava anche di una sorta di premio: se raggiungevo piccoli obiettivi lo sci era la ricompensa, altrimenti si rimaneva a casa a studiare.
In che momento questo sport è diventato qualcosa di più importante?
Attorno ai 16 anni: da un lato sono cresciuto fisicamente, dall’altro sono arrivati i risultati. Mi hanno inserito nella squadra regionale e notavo che ogni anno diminuiva il gap rispetto agli altri ragazzi, quelli che consideravo i miei punti di riferimento. Questo mi ha spronato tanto: significava che il lavoro che stavo facendo funzionava.
C’è stato un vero e proprio punto di svolta?
Assolutamente sì, attorno ai 20 anni mi sono fatto conoscere nel giro della nazionale italiana, ero inserito tra gli “atleti di interesse nazionale” e mi sono fatto notare anche a livello internazionale con le prima gare in Coppa Europa. Anno dopo anno sono arrivati i risultati. Da tre anni sono in Nazionale a tutti gli effetti, sono entrato direttamente in squadra A. Una sorta di grande salto senza passare dalle squadre B e C. Sotto alcuni aspetti ogni tanto si nota che non ho fatto questa gavetta, ma allo stesso tempo sono soddisfatto del mio percorso un po’ diverso dal solito.
Cosa rappresenta per te oggi lo sci agonistico e quali obiettivi hai raggiunto?
È a tutti gli effetti un lavoro che mi impegna tantissimo e mi porta a viaggiare molto. Da due anni ho esordito in Coppa del Mondo. Quest’anno ho ottenuto il mio miglior risultato proprio sulla pista di casa, 25esimo nella discesa di Bormio. Mentre in coppa Europa ho guadagnato due podi nella discesa a Sella Nevea.
Passiamo alla Bicocca: cosa studi?
Sono al terzo anno di Scienze del turismo e comunità locale. Mi mancano tre esami e la tesi.
Cosa ti ha spinto verso questa scelta?
Un giorno vorrei fare qualcosa di bello per la mia terra. Bormio vive di turismo sia in inverno, sia in estate. È un territorio bellissimo, che già offre tanto ma credo che si possa portare qualche innovazione.
Anche in questo caso il tuo percorso è stato diverso da quello dei tuoi coetanei.
Sì, dopo il diploma, a 19 anni, per un lungo periodo ho messo da parte lo studio. Ma l’idea di conciliarlo con lo sport è sempre stata nella mia testa. Così a 25 anni mi sono deciso, trovando in questo corso di studio della Bicocca ciò che più è nelle mie corde.
E oggi come riesci a conciliare studio e sport agonistico?
Il primo anno è stato atipico per via della pandemia. Il fatto di poter seguire tutte le lezioni online, tuttavia, si è rivelato un vantaggio nel mio caso: tra allenamenti e impegni sportivi frequentare sempre le lezioni sarebbe stato difficile. Dallo scorso anno poi faccio parte del programma di Dual career che prevede delle agevolazioni per noi sportivi, come la possibilità di fruire di alcune lezioni registrate e quella di organizzare gli esami in date diverse da quelle prestabilite. La trovo un’ottima iniziativa, di grande aiuto per gli studenti che come me hanno tanti impegni in giro per il mondo ma anche per coloro che possono sfruttare le altre opportunità perché magari si allenano a Milano: dalla possibilità di utilizzare gli impianti sportivi al supporto del mental coach.