Le celle a silicio impiegate per realizzare pannelli fotovoltaici coprono il 95% del mercato attuale, grazie alla loro elevata efficienza, stabilità e basso costo. Di fatto al momento non hanno veri e propri competitor ma la ricerca si sta orientando verso nuovi dispositivi e materiali innovativi che permettano di aumentare la efficienza di conversione e sviluppare prodotti differenti rispetto ai tradizionali pannelli rigidi.
Diverse sono le strategie e le ricerche in atto per rendere l’energia fotovoltaica sempre più diffusa e aumentare così la percentuale di energia elettrica prodotta da questa che rappresenta la fonte di energia rinnovabile d’eccellenza. Abbiamo chiesto alla professoressa Simona Olga Binetti, direttore del centro MIBSOLAR del Dipartimento di Scienza dei Materiali, di illustrarci le nuove frontiere del fotovoltaico e le celle solari emergenti.
Professoressa Binetti di recente gli scienziati stanno imparando a controllare le proprietà ottiche di materiali come la perovskite, o meglio di materiali ibridi organici e inorganici che hanno la struttura cristallina del minerale scoperto nel 1839 negli Urali dal quale hanno preso il nome, secondo lei potrebbero sostituire il silicio nei pannelli solari?
“Questa è di fatto una tecnologia emergente molto promettente soprattutto perché in pochi anni le celle solari a base di perovskite hanno raggiunto in scala di laboratorio efficienze confrontabili con quelle delle celle a silicio cristallino dimostrando quindi che può essere utilizzato per creare celle solari ad alta efficienza con tecnologia a film sottile e quindi a basso costo.
In particolare risulta interessante se accoppiata con celle solari a silicio, infatti la configurazione tandem film di perovskite su celle a silicio permette di sfruttare al meglio lo spettro solare e superare la efficienza delle celle solari a silicio che hanno raggiunto di fatto quasi il limite teorico di questa tecnologia considerando il record attuale del 26% e il limite raggiungibile del 29%.
Le celle solari perovskite/silicio sono ancora tuttavia in fase di sviluppo e ci sono ancora alcune sfide da affrontare, come l'aumento della loro stabilità, la durata e l'aumento dell'efficienza dei moduli. In termini di stabilità il target da raggiungere sono i 30 anni di durata degli attuali moduli a silicio.
Le celle a silicio rimarranno il materiale dominante nei prossimi anni in quanto ad oggi grazie alle loro proprietà (alta efficienza in moduli, basso costo dell’energia elettrica prodotta, alta stabilità, durata e processi di recupero a fine vita) non ha competitors sul mercato.”
Un altro materiale emergente molto promettente è la kesterite, ci può spiegare di cosa si tratta e quali sono le sue applicazioni?
“Una promettente categoria di celle solari nel panorama fotovoltaico attuale è quella basata su film sottili inorganici anche se ad oggi solo il 5 % degli impianti installati sono a base di questi materiali.
Per quest’ultimi solo pochi micrometri di materiale assorbitore sono sufficienti per ottenere una buona efficienza di conversione, il che comporta una notevole riduzione di utilizzo di materiale e dei costi di produzione. Tra i materiali assorbitori inorganici utilizzati ad oggi in questa tecnologia vi sono il CdTe (tellururo di cadmio) e il CIGS (copper indium gallium di selenide).
Il CdTe e il CIGS presentano però criticità legate agli elementi da cui sono costituiti: il tellurio, l’indio e il gallio sono infatti classificati come materie prime critiche nell’elenco redatto dalla Commissione Europea. Per tale motivo negli ultimi anni la comunità scientifica si è concentrata sulla ricerca di nuovi materiali inorganici e quelli che hanno ricevuto particolare attenzione sono le kesteriti, tra cui il calcogenuro quaternario CZTS (copper zinc tin sulfide).
L’interesse verso questo materiale è legato all’abbondanza sulla crosta terrestre e alla non tossicità degli elementi da cui è costituito e al possesso di proprietà che lo rendono idoneo per applicazioni fotovoltaiche come un band gap diretto di circa 1,5 elettronvolt ed è modulabile, ha un alto coefficiente di assorbimento e una stabilità nel tempo pari a quelle del silicio cristallino.
Nonostante le promettenti caratteristiche del materiale, le efficienze raggiunte da dispositivi fotovoltaici a base di kesterite detengono un record di efficienza di solo 13%. Tuttavia, ciò che rende unico questo film sottile è il fatto che esso è composto da materiali più economici, abbondanti e rispettosi dell’ambiente e che può essere depositato anche mediante sistemi a stampa ink-jet.”
Come si supera l’efficienza della cella solare?
“La crescente domanda di celle solari ad alta efficienza spinge da un lato la ricerca fotovoltaica a identificare soluzioni innovative per colmare il gap tra l’efficienza attuale al 26% e il limite teorico di Shockley–Queisser del 31% di una cella a singola giunzione e dall’altro a progettare nuovi dispositivi in grado di superare questa efficienza con sistemi a multigiunzioni come quelli usati per applicazioni spaziali ma a costo relativamente molto più basso.
Diversi sono gli approcci in studio, ma i principali riguardano l’ulteriore ottimizzazione delle attuali celle a silicio in termini di rapporto produzione/costo e la realizzazione delle citate strutture tandem principalmente a base di perovskite/silicio.
In generale tutti i nuovi dispositivi in fase di ricerca e sviluppo richiedono inoltre nuove architetture che consentano l'uso di materiali facilmente disponibili ed economici per rendere i dispositivi più competitivi anche in termini di ulteriore riduzione dei costi, sostenibilità nella scelta di materie prime e di basse temperature di processo e facilità nei processi di riciclo a fine vita.”
Le celle solari sottili a getto d’inchiostro sono applicabili su qualsiasi superficie o ci sono dei limiti per questa tecnologia?
“In futuro, potrebbe essere possibile stampare pannelli fotovoltaici utilizzando celle solari a getto d'inchiostro, il che potrebbe aprire la strada a nuove opportunità per l'integrazione dell'energia solare nell'edilizia e nei prodotti di consumo. Tuttavia, è importante notare che questa tecnologia è ancora in una fase molto preliminare di sviluppo ed inoltre molto difficilmente diventerà competitiva per la produzione di energia elettrica in ottica di utility scale ma solo per applicazioni di Product-integrated photovoltaics (Fotovoltaico integrato nel prodotto)”
Su quale ricerca si focalizza il centro MIBSOLAR e quali risultati sono attesi per l’industria?
Il centro MIBSOLAR attivo dal 2010 si è caratterizzato sin dalla sua nascita per le sua capacità e competenze di fare attività di ricerca su diverse tipologie di celle solari da quelle tradizionali al silicio, ai concentratori solari a quelle innovative-ibride e a celle per applicazioni spaziali.
Attualmente stiamo lavorando su più fronti in collaborazione con centri di ricerca nazionali quali CNR ed ENEA e diversi centri europei. Una linea di ricerca si sta occupando di realizzare celle ad alta efficienza basate su perovskite da depositare su substrati flessibili anche per l’integrazione nei veicoli, Vehicle-integrated Photovoltaics VIPV (Fotovoltaico integrato in veicoli). Sempre nell’ambito delle celle a perovskite stiamo anche affrontando lo sviluppo di celle a perovskite senza piombo che consentono una più elevata sostenibilità di questo materiale eliminando un elemento tossico quale il piombo ma che ad oggi generano celle solari di minore efficienza .
All’interno di un progetto nazionale che ha l’obiettivo di sviluppare nuovi materiali e tecnologie per l’integrazione del fotovoltaico negli edifici Building Integrated Photovoltaics BIPV (Fotovoltaico integrato negli edifici) sviluppiamo celle solari a base di kesterite da depositare su substrati flessibile con una tecnologia a stampa tipo ink jet.
Infine stiamo studiando nuovi materiali di elevata sostenibilità e non tossici cresciuti mediante una tecnica di deposizione nuova e molto performante in grado di depositare film sottili nell’ordine di pochi nanometri o poche decine di nanometri, film sottili da accoppiare a diverse tipologie di celle solari quali silicio, perovskite e kesteriti per migliorarne la estrazione della carica e la relativa efficienza.
Infine un’ulteriore linea di ricerca vuole sviluppare celle solari per catturare e sfruttare anche la luce ambientale indoor. Infatti si prevede che nell’ambito dello sviluppo della tecnologia Internet of Things (IoT) nel prossimo decennio verranno installati miliardi di sensori wireless, di cui quasi la metà all'interno degli edifici.
In questo ambito il fotovoltaico indoor (IPV) ha grandi potenzialità nella alimentazione persistente di singoli dispositivi raccogliendo la luce ambientale utilizzando piccole celle fotovoltaiche in pochi centimetri quadrati.
Nel prossimo anno grazie al finanziamento di un progetto del PNRR, il progetto MUSA di Milano-Bicocca, il centro si doterà di una stazione di test outdoor e di un open lab per sviluppare insieme ad aziende del settore nuovi moduli fotovoltaici (flessibili e/o semitrasparenti o colorati) maggiormente adatti all’integrazione sugli edifici che favoriranno una maggiore diffusione dell’energia solare anche in contesti cittadini come Milano.