Oppenheimer e la bomba atomica. Come funziona la fissione nucleare - Bnews Oppenheimer e la bomba atomica. Come funziona la fissione nucleare

A qualche settimana dall'uscita nelle sale cinematografiche di Oppenheimer, film biografico sul fisico statunitense considerato il padre della bomba atomica, approfondiamo con il professor Giuseppe Gorini, direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università Bicocca alcuni temi legati al nucleare e alle attività di ricerca.

Nel 1939, i progressi della ricerca sulla fissione nucleare spingono Oppenheimer e i suoi colleghi a tentare di replicarne i risultati. E così, nel 1942 durante la seconda guerra mondiale, Oppenheimer viene reclutato dall’esercito statunitense per guidare il progetto Manhattan con l’obiettivo di sviluppare una bomba atomica. In che cosa consiste il processo della fissione nucleare che è alla base della costruzione della bomba atomica?

Per parlare del processo che ha portato alla costruzione della bomba atomica è interessante a mio avviso fissare le date che hanno portato alla scoperta del processo di fissione.
Il neutrone, che è la particella chiave in questo processo, venne scoperto nel 1932 da James Chadwick, che ricevette per questo anche il premio Nobel nel 1935. Quindi prima del 1932 non si sapeva che nei nuclei degli atomi c’è questa particella, il neutrone appunto.
Il secondo passaggio è la scoperta del processo di fissione, cioè che un nucleo di uranio bombardato da un neutrone si frammenta in due nuclei e alcune particelle più leggere, tra cui tipicamente 2 o 3 neutroni. Questo processo in realtà era già stato ottenuto da Enrico Fermi a Roma per la prima volta negli anni successivi al 1932, quando scoprì che i neutroni, rallentati mediante il passaggio attraverso opportuni materiali come l’acqua o la paraffina, acquistavano una straordinaria capacità di indurre trasmutazioni nucleari. Per la scoperta di questa proprietà dei neutroni lenti gli venne conferito il premio Nobel nel 1938.
Fermi dunque, bombardando nuclei di uranio e torio, aveva sì ottenuto la fissione, ma questo processo non era stato inizialmente interpretato correttamente. Fu soltanto nel gennaio del 1939 che Lisa Meitner e suo nipote Otto R. Frisch lo compresero interpretando i risultati di ulteriori esperimenti svolti il mese precedente a Berlino da Otto Hahn e Fritz Strassmann.
A questo punto erano noti tutti gli ingredienti necessari a realizzare una reazione nucleare a catena basata sul coinvolgimento dei neutroni, in particolare i neutroni lenti, e il processo di fissione.

Immediatamente Enrico Fermi e Leó Szilárd, allora entrambi alla Columbia University, compresero le possibili applicazioni della reazione nucleare a catena. A Fermi interessava la fissione come fonte di energia; Szilárd si convinse fin da subito della possibilità di utilizzare la fissione per realizzare un esplosivo micidiale. Convinse così Albert Einstein ad inviare al presidente statunitense Roosevelt una lettera confidenziale (la cosiddetta Lettera Einstein-Szilárd) che spiegasse la possibilità di sviluppo di un'arma nucleare a fissione e che incoraggiasse la creazione di un programma per lo sviluppo della bomba atomica, prima che lo facessero i nazisti in Germania. Era l’agosto del 1939; il progetto Manhattan sarebbe iniziato esattamente tre anni dopo, il 13 agosto 1942.

Professor Gorini, ci spiega dal punto di vista fisico com’è composta la bomba atomica?

La bomba atomica si basa su un innesco, che fornisce la quantità iniziale di neutroni con cui parte il processo, definito un processo a catena, che amplifica la quantità di neutroni e l’energia presenti nel sistema fino a indurre un'esplosione.

Il processo di fissione a catena avviene solamente se si raggiunge la cosiddetta “massa critica” (nel caso del plutonio parliamo di 10 kg). C’è una prima fissione che produce in media 2-3 neutroni; questi neutroni passano attraverso materiali come la grafite o l’acqua pesante che li rallentano, e a quel punto i neutroni lenti producono una nuova reazione di fissione prima di uscire dalla massa critica. La massa critica è fondamentale perché altrimenti il neutrone può uscire senza moltiplicarsi e quindi il processo a catena si interrompe.
I componenti della bomba atomica sono due: il materiale fissile e il materiale che rallenta i neutroni.
È interessante sottolineare un aspetto che emerge molto chiaramente anche nel film e che riguarda il materiale utilizzato per rallentare i neutroni. Gli Stati Uniti scelsero la grafite, mentre la Germania scartò questo materiale perché la grafite contiene normalmente piccole quantità di altri materiali che assorbono i neutroni e compromettono la reazione a catena.
Ma mentre gli Stati Uniti si attrezzarono per utilizzare grafite pura, da unire poi all'uranio, la Germania invece decise di utilizzare l’acqua pesante, che in quegli anni veniva prodotta esclusivamente in un impianto idroelettrico norvegese.


Quale fu il motivo principale per cui i tedeschi non riuscirono a realizzare la bomba atomica?

L'acqua pesante era un componente indispensabile per la produzione della bomba atomica da parte dei tedeschi. E l'unico stato che nel 1939 la produceva era la Norvegia. L'acqua pesante è acqua contenente una percentuale significativa dell'isotopo dell'idrogeno deuterio rispetto alla normale acqua, che contiene in gran parte idrogeno. Viene prodotta quindi separando il deuterio dall’idrogeno dell’acqua.
Prima che i tedeschi potessero prendere il controllo dell’impianto nel 1940, i francesi in accordo con il capo della centrale norvegese si fecero prestare tutte le scorte di acqua pesante. Quindi quando i tedeschi ottennero l’impianto, scoprirono di essere comunque privi di scorte del materiale utile per la costruzione della bomba atomica. E il processo di produzione dell’acqua pesante richiedeva molto tempo.
Arrivata in Francia, l’acqua pesante venne consegnata a Frédéric Joliot-Curie e custodita dapprima a Parigi e poi, quando era chiaro che i tedeschi l’avrebbero occupata, trasferita a Bordeaux. Quando i tedeschi la cercarono a Bordeaux non trovarono nulla perché nel frattempo l’acqua pesante era stata spostata in Inghilterra.
Negli anni 1940-43 l’impianto norvegese fu più volte oggetto di attacchi di sabotaggio, proprio per evitare che il gruppo di Heisenberg riuscisse ad ottenere l’acqua pesante. E questo quindi fu uno dei motivi per cui la Germania non riuscì a costruire l’atomica.

Il dibattito sul nucleare è sempre molto acceso, ancor più negli ultimi mesi in cui lo scenario mondiale è animato dalla guerra Russia - Ucraina. Ma quali sono invece le applicazioni del nucleare ai fini non bellici?

Se parliamo di energia nucleare, l’applicazione è quella dei reattori a fissione. Si utilizza cioè lo stesso processo della bomba ma in un reattore controllato ai fini della produzione di energia. Il primo reattore nucleare a fissione fu costruito a Chicago nel 1942 da Enrico Fermi e dai suoi collaboratori.
E qui c’è un parallelismo interessante perché nello stesso anno da un lato, con il progetto Manhattan, Oppenheimer lavorava allo sviluppo della bomba atomica, dall’altro Enrico Fermi realizzava il Chicago-Pile 1, il primo esempio di reattore per la produzione di energia, che utilizzava lo stesso processo di fissione nucleare.
Quindi dalla scoperta del principio della fissione nel 1938 alla realizzazione del primo reattore dimostrativo passano appena 4 anni; mentre per arrivare ad un reattore che immette energia elettrica in rete a fini commerciali passano meno di vent’anni. Un tempo brevissimo.
Oggi i reattori nucleari sono molto diversi, ma il processo elementare è sempre lo stesso ed è un processo molto semplice. Una volta assicurata la purezza dei materiali, il processo avviene spontaneamente. Quello che fa la differenza oggi è la complessità tecnologica nei sistemi di controllo che monitorano tutto il processo e ne assicurano la sicurezza.

In queste settimane in Italia si sta parlando di un ritorno al nucleare. Che cosa sono i reattori di IV generazione?

Sono reattori di vario tipo, ancora sperimentali, con caratteristiche innovative in termini di efficienza, sicurezza e/o riduzione delle scorie radioattive prodotte dal processo di fissione. Ancora più interessanti per un immediato ritorno al nucleare sono i reattori modulari SMR, di taglia più piccola e prodotti in serie, su cui si concentrano gli sviluppi in USA, Russia, Cina e Corea del Sud. Gli SMR possono essere versioni in scala ridotta di tipi di reattore già in uso, o piccoli reattori di IV generazione. Si prevede che gli SMR avranno una potenza elettrica inferiore a 300 MW.
Poiché le caratteristiche di questi reattori li rendono maggiormente controllabili e quindi più sicuri, l’impatto sociale in termini di accettabilità per l’utilizzo di questo tipo di reattori non è tanto connesso all’affidabilità e alla sicurezza, quanto piuttosto al tema dello stoccaggio delle scorie radioattive. Realizzare un reattore nucleare oggi vuol dire dover pensare e progettare anche l’iter di smaltimento e il sito di stoccaggio di materiali e scorie altamente radioattivi e con un tempo di vita decisamente lungo, si parla di centinaia di migliaia di anni.
La Finlandia, ad esempio, da diversi anni sta realizzando a Onkalo un impianto di stoccaggio sotterraneo decisamente all’avanguardia, che renderà il Paese autosufficiente per i secoli a venire.
E in molti paesi la fissione viene considerata addirittura come una fonte di energia rinnovabile o comunque verde, perché il combustibile sulla terra è presente in quantità tali da soddisfare il fabbisogno dell’intero pianeta per millenni. E l’impatto in termini di emissioni di CO2 è praticamente inesistente, perché il processo di fissione non produce anidride carbonica.

Professor Gorini, su cosa si concentra la sua attività di ricerca in Bicocca?

Il Dipartimento di Fisica dell’Università Bicocca, di cui sono Direttore, collabora da diversi anni con una fitta rete di partner internazionali su ricerche legate allo sviluppo di fonti energetiche basate sul principio della fusione. È una ricerca che parte nel dopoguerra e che ha portato dapprima alla creazione della bomba H o bomba all’idrogeno, dove le reazioni di fusione nucleare avvengono in maniera incontrollata.
Nonostante la presa di coscienza degli scienziati (tra cui Oppenheimer e Einstein) che chiesero al governo americano di non proseguire nella realizzazione della bomba H, americani e russi negli anni 50 realizzarono le bombe a fusione, che producono una quantità di energia enorme, ben superiore a quelle a fissione. Nel 1961 la Tsar Bomba, il più potente ordigno all'idrogeno realizzato, sprigionò una quantità di energia equivalente a quella di oltre 50 milioni di tonnellate di TNT. Le bombe a fusione sono così potenti che l’utilizzo in uno scenario bellico è impensabile, e rappresentano quindi solamente un fattore di deterrenza.
Questo per dire che la reazione di fusione è un processo noto e sperimentato, che non è arduo da realizzare, ma è molto problematico da controllare perché lo stato della materia in cui deve avvenire la fusione è quello di plasma, difficile da contenere in un reattore.
L’attività di ricerca del nostro Dipartimento quindi è finalizzata a sviluppare il reattore a fusione. Ci occupiamo in particolare delle misure che servono per caratterizzare la miscela combustibile, misurare la potenza di fusione e controllarla. E questo viene fatto con un insieme di misure della radiazione che esce dal reattore, composta da neutroni e raggi gamma.
Oltre ai finanziamenti pubblici nel settore, è interessante notare il crescente coinvolgimento di nuovi attori privati e start up che stanno investendo in diverse ricerche e progetti sulla fusione.