Moda sostenibile: verso una produzione circolare con i programmi di “take-back” - Bnews Moda sostenibile: verso una produzione circolare con i programmi di “take-back”

Moda sostenibile: verso una produzione circolare con i programmi di “take-back”

Moda sostenibile: verso una produzione circolare con i programmi di “take-back”
take back

Un numero crescente di aziende del settore della moda sta adottando un modello di produzione circolare, istituendo sistemi di take-back, cioè programmi di “ritiro e recupero del fine vita” tramite i quali i consumatori possono restituire gli abiti usati affinché questi vengano riutilizzati o riciclati.

L'implementazione di tali sistemi circolari presenta sfide significative per le aziende di moda. Ne parliamo con Elisa Arrigo, autrice di una recente pubblicazione sul tema, insieme a Flavio Gnecchi, entrambi docenti di Economia e gestione delle imprese del Dipartimento di Economia, Metodi Quantitativi e Strategie di Impresa (DEMS) del nostro Ateneo.

Arrigo

Professoressa, quali sono le principali sfide logistiche che i brand di moda affrontano nell'implementazione dei programmi di take-back?

Un programma di take-back prevede il ritiro di un prodotto usato per riciclarlo, oppure ricostruirlo e riassemblarlo. Si tratta di un modello di business circolare che sfrutta il valore residuo dei prodotti di moda: dall’impresa agli acquirenti e, poi, di nuovo all’impresa che li raccoglie nei suoi store. Una volta ritirati, tali prodotti potranno essere riparati e rivenduti online o negli store, oppure consegnati ad associazioni esterne specializzate nella raccolta di capi destinati alla beneficenza.

Molte imprese del fashion hanno ormai instaurato processi di sviluppo globale delle proprie attività e la progettazione, produzione, distribuzione e vendita dei prodotti moda avvengono spesso in Paesi differenti e distanti geograficamente. Pertanto queste imprese hanno dovuto affrontare nuove sfide logistiche all’interno delle global fashion supply chain (le catene di approvvigionamento globale della moda), con l’obiettivo di collegare i flussi di beni provenienti dai Paesi in cui avviene la produzione e la rete globale di vendita.

Lo sviluppo globale dell’industria tessile e della moda ha avuto un forte impatto sull’ambiente, a causa dell’uso intensivo di acqua, dell'inquinamento da sostanze chimiche utilizzate per la tintura, e dell’accumulo e smaltimento di prodotti invenduti. Per far fronte a ciò, le imprese di moda hanno lanciato nuove iniziative sostenibili e circolari che hanno richiesto nuovi modelli di business per progettare, realizzare, consumare e smaltire i prodotti di moda.

Come stanno rispondendo i consumatori a queste iniziative di sostenibilità? È sufficiente la consapevolezza ambientale per motivarli?

Negli ultimi anni, le preferenze dei consumatori di moda sono cambiate. Con lo sviluppo del fast fashion, i consumatori sono stati molto attratti dall'acquisto di grandi quantità di capi di abbigliamento low-cost da cambiare frequentemente. Tuttavia, più di recente, molti clienti hanno mostrato una maggiore sensibilità nei confronti del cambiamento climatico e della tutela dell’ambiente e si sono dimostrati più attenti a compiere acquisti responsabili e sostenibili, privilegiando i servizi take-back. Anche la relazione di marca che i consumatori hanno costruito con le imprese conta per motivarli. A loro volta le imprese devono comprendere i mutevoli atteggiamenti dei consumatori e rispondere loro offrendo scelte di moda in linea con le loro esigenze.

Quali strategie stanno adottando le aziende per garantire che i materiali ritirati siano effettivamente riutilizzati o riciclati in modo efficiente?

Attraverso i sistemi di take-back, i capi di abbigliamento possono avere una seconda vita e sono smaltiti in modo più sostenibile ed ecologico facendo svolgere un ruolo attivo ai consumatori all'interno della filiera circolare della moda. Spesso i programmi di ritiro sono sviluppati in collaborazione con partner esterni, come imprese verticalmente integrate e con una solida logistica che si occupano della gestione dei prodotti ritirati, oppure stabilendo una partnership con enti di beneficenza. Le imprese di moda possono anche gestire direttamente le loro iniziative post-vendita ed i programmi di take-back, che pongono loro sfide logistiche e di tracciabilità per seguire gli articoli raccolti nelle loro successive trasformazioni. Per facilitare tale controllo sul riciclo e riutilizzo dei capi ritirati, le imprese dovrebbero operare in una supply chain trasparente e tracciabile, procedendo a monitorare e misurare i risultati ottenuti di sostenibilità, oltre a quelli economici. Altrimenti, senza controllo, il rischio di incorrere in greenwashing è alto.

Qual è l'impatto economico di un programma di take-back per un'azienda di moda rispetto ai metodi tradizionali di produzione lineare?

Lo sviluppo economico-sociale di lungo termine di un’impresa di moda si realizza integrando obiettivi economici di redditività con obiettivi di sostenibilità. Le iniziative circolari sono inizialmente costose per le imprese di moda che devono sostenere costi operativi e logistici di raccolta e gestione del ritiro, organizzare incontri, e coinvolgere lo staff in negozio a interagire con i clienti nei programmi circolari e di take-back. Alcune imprese possono anche riparare i propri capi e scegliere quali inviare ad un recycling process. Di solito, nel caso di articoli di moda di lusso con prezzo elevato, i programmi di take-back permettono anche all’impresa di raccogliere informazioni utili sull’utilizzo e sulle percezioni dei clienti, rappresentando un'opportunità per capitalizzare meglio tale valore.

In che modo la tecnologia potrebbe facilitare l'espansione e l'efficienza dei sistemi di economia circolare nel settore moda?

Nel 2022, la Commissione Europea ha presentato il pacchetto di proposte “Green Deal” con l'obiettivo di raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale entro il 2050 e, per l’industria tessile, sono state stabilite indicazioni per rendere i prodotti più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili. Venne proposto anche il Digital Product Passport per condividere informazioni sui componenti utilizzati nel prodotto tessile e spiegare come poterlo smontare e riciclare alla fine. La possibilità di “autoregolamentazione” della sostenibilità da parte del settore moda sta volgendo al termine perché nell’Unione Europea e negli Stati Uniti sono state emanate normative che abbracciano l'intera filiera della moda, volte a limitare le emissioni di gas serra e gli sprechi delle industrie tessili e dell'abbigliamento. Secondo ricerche McKinsey, circa l'87% dei manager della moda prevede che, nel 2024, le normative sulla sostenibilità ambientale avranno un impatto diretto sulle loro attività.

I progressi delle nuove tecnologie potranno consentire un monitoraggio più trasparente ed efficiente della fashion supply chain fornendo una visibilità completa su tutti i livelli di produzione, fondamentale per una conformità normativa. Ad esempio, la blockchain permette di tracciare il ciclo di vita di un capo di moda dalle materie prime utilizzate fino al capo finito. Le piattaforme digitali consentono ai consumatori di acquistare e vendere vestiti e accessori di second-hand o di noleggiare capi, così da prolungarne la durata e diminuire la domanda di nuovi prodotti. Inoltre, con le digital label i clienti possono verificare la sostenibilità dei prodotti che acquistano, semplicemente scansionando un codice QR o NFC con lo smartphone. Invece, con le tecnologie di realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR), i consumatori possono personalizzare i propri modelli di abbigliamento online e le imprese, in tal modo, offrono esperienze di prova virtuale dei capi per garantire una migliore vestibilità.