Milano città esclusiva? - Bnews Milano città esclusiva?

Da marzo a giugno si svolge il ciclo di incontri La città esclusiva?, organizzato dal Dottorato Urbeur-Studi Urbani del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Milano-Bicocca. Il percorso si snoda attraverso quattro appuntamenti con l’obiettivo di affrontare il tema dei mutamenti che Milano sta attraversando negli ultimi anni, focalizzandosi in particolare sulle dinamiche di esclusione e inclusione.

Cogliamo l’occasione per approfondire le diverse anime della città con David Benassi, Marianna D'Ovidio ed Emanuele Polizzi, docenti di Sociologia.

Prof.ssa D’Ovidio, sono davvero numerosi gli interventi di rigenerazione urbana in atto a Milano. In quale direzione sta andando la città rispetto ad altre metropoli europee?

Le metropoli contemporanee sono attraversate da tendenze contraddittorie. Se da una parte, infatti, è lì che si alimentano crescita economica e innovazione culturale, è sempre nelle metropoli che avvengono anche processi di segregazione ed espulsione delle popolazioni svantaggiate. La storia recente di Milano appare paradigmatica in questo senso: alla riscoperta del prestigio e dell’attrattività internazionale della città fa da contraltare una crescente selettività rispetto ai suoi abitanti.

In effetti, la traiettoria intrapresa da Milano nell’ultimo decennio non è dissimile da quella di tante altre città che hanno seguito una logica di attrazione e sviluppo di settori avanzati come quelli culturali, creativi e ad alta intensità di conoscenza. Milano si è adeguata perfettamente ai precetti della cosiddetta città creativa, dove cultura e spazio pubblico urbano vengono considerati merce da vendere sul mercato internazionale, passando attraverso processi di immaterializzazione dell'economia, nuovi modelli di consumo e di gentrification urbana.

Due fattori hanno in particolare contribuito a questo mutamento. Il primo è la trasformazione economica e urbanistica di alcune aree della città la cui vocazione all’industria pesante, che ha attraversato tutto il Novecento, è stata progressivamente abbandonata e sostituita dal terziario avanzato e globalizzato. L’insediamento di alcune grandi aziende del settore finanziario e assicurativo, tecnologico, creativo e commerciale e l’ampliamento delle aree dedicate alle università pubbliche e private hanno caratterizzato diversi interventi: da Porta Nuova a City Life, da Porta Vittoria e Porta Romana, da Bicocca a Bovisa.

Il secondo fattore è la politica di promozione della città con eventi di richiamo per turisti e visitatori, che ha completamente cambiato l’immagine internazionale di Milano: dal grande evento catalizzatore Expo 2015, alle Olimpiadi invernali del 2026, passando per le settimane tematiche (Design week, Fashion Week, Book City, Piano City).

Grande attenzione circonda attualmente la trasformazione della città verso un modello sempre meno accessibile, a partire dai prezzi degli immobili fino al costo di beni e servizi in generale. Professor Benassi, quale impatto si prevede, nel prossimo futuro, sul tessuto urbano?

Se da un lato questa trasformazione rappresenta anche nuove opportunità di lavoro e di consumo, riqualificazione e rivitalizzazione di quartieri, miglioramento della qualità della vita di molti dei suoi abitanti, dall’altro subordina la città, e in particolare la sua produzione culturale, alle logiche di mercato. Non c’è cultura se non si può vendere, non esiste quartiere se non compare sulla Lonely Planet. Si crea così una città sempre più selettiva e inaccessibile anche per il ceto medio, oltre che naturalmente per le fasce sociali più svantaggiate. Di conseguenza aumentano i valori degli immobili, che a loro volta rendono sempre più inaccessibile il mercato immobiliare per molte persone e famiglie, anche di ceto medio.

Si innescano nuove dinamiche di gentrificazione in alcuni quartieri tradizionalmente popolari, causando l’espulsione della popolazione a basso reddito, che viene sostituita da quella più abbiente. Infine si osservano processi di segregazione e autosegregazione delle diverse popolazioni urbane, dalla nuova higher class legata alle aziende globali, agli immigrati a basso reddito che producono i servizi per famiglie e imprese. Si tratta di fenomeni che contraddicono una storia di sostanziale convivenza di diverse classi sociali negli stessi quartieri. Milano è una città geograficamente piccola, tutto sommato!

Si possono invece evidenziare, professor Polizzi, movimenti in controtendenza che rivelano la complessità di un panorama non univoco?

Esiste anche una Milano che mette in gioco molte risorse per contrastare questa dinamica di esclusione, attraverso la vivacità delle forme di aggregazione sociale e attenzione ai beni pubblici. Vediamo la nascita di nuovi centri culturali, orti di quartiere, cinema nelle piazze ma anche lo sviluppo di start up innovative in settori digitali, di manifattura urbana e di innovazione sociale. Nella città permane, seppure a fatica e sempre più liminale, una certa mixité urbana, con vicinanza e alternanza di quartieri di pregio con altri più popolari e con una forte concentrazione di popolazione immigrata.

D’altronde, ci sono diversi segnali che il “modello Milano” stia portando velocemente verso una crescente polarizzazione sociale e culturale, che necessita di una strategia di contrasto coraggiosa e diretta da parte di chi governa l’area urbana. Se infatti la politica milanese, soprattutto quella dei primi anni del nuovo millennio, si è posta anche come politica abilitante, di riconoscimento e di sostegno alle pratiche di coesione sociale e di comunità, oggi queste azioni non sono più sufficienti ed è necessario un ripensamento del ruolo dell’attore pubblico nei processi di trasformazione urbana. Occorre, dunque, mettere in campo politiche economiche inclusive, politiche abitative mirate all’accessibilità per tutte le fasce di reddito, politiche sociali per curare e prevenire le disuguaglianze e la marginalizzazione o espulsione delle persone e famiglie in situazioni di maggiore fragilità sociale ed economica.

Professor Benassi, quali sono i temi affrontati dal ciclo di incontri La città esclusiva?

Con questo ciclo vogliamo riflettere sulla natura “esclusiva” della città nelle due accezioni del termine: come città che appunto attrae un élite transnazionale e come città che esclude fasce sempre più ampie di classi medie oltre che popolari. Nel corso di quattro incontri verranno discussi altrettanti volumi pubblicati recentemente alla presenza degli autori.

Il primo appuntamento ha visto la partecipazione di Paolo Cognetti e Jada Bai, autori di due saggi del volume dedicato a Milano della collana The Passenger, e di Bertram Nissen, direttore di cheFare. Il confronto si è incentrato soprattutto sulle mappe personali che ciascuno di noi si costruisce della città, e di come queste influenzino l’uso che facciamo della città stessa. Ad una crescita della diversificazione e frammentazione della città, corrispondono tante diverse “popolazioni” che attraversano Milano seguendo percorsi diversi che solo in alcune occasioni si incrociano.

Il focus del secondo incontro è stato offerto dal volume di Jacopo Lareno Faccini e Alice Ranzini, L’ultima Milano. Cronache dai margini di una città, con la partecipazione dell’urbanista Federica Verona. Se nel discorso pubblico è dominante il “modello Milano”, “l’unica metropoli italiana di livello europeo”, la città del fare, dove chi ha un’idea trova l’opportunità di realizzarla, in realtà ci sono molti spazi “marginali” dove esiste una città diversa. Come scrivono gli autori, si tratta di luoghi «ai margini delle rappresentazioni pacificate della città, in cui il fallimento delle politiche è percepibile e dove la razionalità del progetto urbanistico va in crisi (…) sono spazi del progetto e della creatività, in cui sono cresciute reti di solidarietà, percorsi di rigenerazione territoriale partecipati, spinte all’innovazione per il welfare e l’urbanistica locale».

Il 25 maggio parleremo del libro curato da Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro Milan Gender Atlas, pubblicazione patrocinata dal Milano Urban Center e dalla Fondazione Triennale di Milano. Partendo da una prospettiva femminista, il volume mostra come la geografia sia intrecciata al genere, e di come tutta l’organizzazione della città in realtà non consideri le esigenze delle donne e delle minoranze in generale. Il tema dell’insicurezza vissuta dalle donne in molti luoghi e momenti è, per esempio, fondamentale per comprendere come il “diritto alla città” sia molto limitato per le donne rispetto agli uomini.

Infine, il 22 giugno prenderemo spunto dal libro scritto da Cristina Tajani, a lungo assessore al Comune di Milano, intitolato Città prossime. Dal quartiere al mondo: Milano e le metropoli globali. Che impatto ha avuto la pandemia sulle città e sulla loro capacità di disegnare il futuro? La “forma città” è ancora quella più adatta a promuovere benessere, inclusione ed uguaglianza? Milano, come tutte le altre città, è stata profondamente colpita dalle conseguenze della pandemia e, anche se oggi sta riprendendo rapidamente la sua capacità di generare ricchezza, è chiaro che alle vecchie forme di fragilità se ne stanno aggiungendo delle altre. L’incontro si concentrerà in particolare sulle politiche, locali e nazionali, che è necessario adottare per rispondere alle nuove sfide e rendere Milano inclusiva.


Articolo di Enzo Scudieri e Chiara Bulfamante