L’Orchestra di Milano-Bicocca: quell’“esigenza interiore di fare musica” - Bnews L’Orchestra di Milano-Bicocca: quell’“esigenza interiore di fare musica”

L’Orchestra di Milano-Bicocca: quell’“esigenza interiore di fare musica”

L'Orchestra a Palazzo Cusani per una esibizione

Nella settecentesca chiesa di Santa Francesca Romana a Milano (via Cadamosto 5), sabato 5 marzo (ore 21), l’Orchestra dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca inaugurerà la stagione concertistica 2022, programmata dalla Commissione per le attività musicali di ateneo. In scaletta la Sinfonia Concertante per viola, violino e orchestra K 364 di Wolfgang Amadeus Mozart e la Serenata per archi in do maggiore Op. 48 di Pyotr Ilyich Tchaikovsky. A dirigere sarà Iakov Zats, che imbraccerà la viola nel brano di Mozart, affiancato dal violino di Franco Mezzena. Di questo concerto parliamo con il maestro Zats, dal 2018 direttore dell’Orchestra (qui si può trovare una sua biografia e una descrizione dell’Orchestra). L’intervista prosegue il viaggio del blog Bnews tra le compagini musicali del nostro ateneo.

Maestro Zats, in questo concerto suonerete Mozart e Tchaikovsky. Come sceglie i brani per un concerto?
Puntando a due obiettivi: devono essere musiche belle per il pubblico e devono piacere anche alle persone che le interpretano, contribuendo alla loro crescita artistica. Eseguiamo molto repertorio classico e romantico. In questo concerto, io dirigerò e suonerò la viola, affiancato al violino da uno dei nomi simbolo del virtuosismo italiano, Franco Mezzena.

Chi sono gli orchestrali di Milano-Bicocca?
Musicisti che suonano per pura passione. Studenti e docenti, dipendenti dell’Università e alumni, studenti Erasmus. Provengono da diversi Paesi europei, hanno tra i 20 e i 70 anni. Tra di loro ci sono anche tanti diplomati al Conservatorio. In tutto sono una cinquantina. La programmazione artistica viene progettata per valorizzare tutto l’organico di volta in volta. Nel concerto del 5 marzo saranno 27 i musicisti impegnati. A volte, come in questo caso, collaboriamo con artisti professionisti che mettono a disposizione la loro grande esperienza.

Lei ha suonato con e diretto orchestre professionistiche. Qual è la differenza?
In un’orchestra professionistica provi sei giorni la settimana, l’Orchestra dell’Università si ritrova una volta la settimana, di solito il mercoledì alle 17.30 nell’aula 08 (Edificio U6), con un paio di appuntamenti in più nelle settimane che precedono i concerti. Cerchiamo di essere elastici negli orari perché i nostri musicisti non suonano per lavoro. Ma proprio quest’ultimo aspetto è la forza della nostra compagine: c’è sempre un grande entusiasmo quando si prova e manca quel senso di routine che una professione, anche artistica, può comportare. I nostri orchestrali si ritrovano esclusivamente perché sentono l’esigenza interiore di fare musica, di trasmettere qualcosa al pubblico.

Docenti e studenti insieme: complicato dirigerli?
Quando un matematico sbaglia a contare le battute o le pause di uno spartito, di sicuro non passa indenne alle prese in giro. Nel momento in cui si entra nell’orchestra, siamo tutti sullo stesso piano, anche il direttore. C’è un senso di comunità che va al di là dello status o dell’area disciplinare di provenienza. L’Orchestra, anzi, si arricchisce della multidisciplinarietà dei suoi componenti: ci sono neuroscienziati, fisici, psicologi, economisti, giuristi...

Come avete affrontato il lockdown?
È stato un duro colpo, cominciato quando avevamo appena avuto la prova generale di un concerto che ci avrebbe portato ad affrontare per la prima volta il repertorio del Novecento. Ci è voluto un anno e mezzo per riproporlo al pubblico, lo scorso 7 ottobre al Festival GenerAzioni, con la violinista di fama internazionale Natasha Korsakova. La prima esibizione in streaming dopo il lockdown è stata particolarmente emozionante. Ad accoglierci in aula magna c’erano la rettrice Giovanna Iannantuoni e i prorettori. Il nostro obiettivo ora è di tornare ai dieci concerti l’anno, divisi su 5 programmi diversi.

Lei ha suonato e lavorato con maestri del calibro di Claudio Abbado, Riccardo Muti, Georges Prêtre, Carlo Maria Giulini. Chi l’ha ispirata di più?
Quando incontri queste grandissime personalità, impari da ognuna di loro. Sono stati momenti unici. Posso avere assorbito qualcosa da loro, ma quando ti ritrovi tu sul podio, non cerchi di imitare gli altri. Cerchi di interpretare la partitura che hai davanti agli occhi attraverso il tuo vissuto e le tue competenze. Di riportare in vita le emozioni che il compositore aveva messo in musica.

Utilizza la bacchetta o le sole mani?
La bacchetta: da violista ho sempre sentito che all’interno di un’orchestra è molto più semplice e immediato seguire un gesto espresso attraverso la bacchetta.

Un invito ai lettori di "Bnews" per assistere ai prossimi concerti.
Per eccellere nel lavoro e nella vita, abbiamo bisogno dell’arte e della musica. È importante, per chi viene a un nostro concerto e per chi suona insieme a noi, capire che il vero senso della musica e dell’arte non è il divertire e divertirsi, ma è la catarsi, la purificazione dell’anima. I grandi capolavori, come quelli di Mozart e Tchaikovsky, vi aiuteranno a diventare migliori, e a crescere, nella vita e nella professione.