È difficile ascoltare la voce di Valentina Volpe Andreazza senza rimanerne rapiti. L’abbiamo ascoltata lo scorso Natale, durante l’iniziativa “Spegniamo le luci, accendiamo musica e parole: è Natale in Bicocca”.
Quando l’abbiamo conosciuta, qualche anno fa, per introdurre il suo progetto Music4diplomacy ha utilizzato queste parole: «La musica connette le persone attraverso un linguaggio diverso, non verbale, quello delle emozioni».
Quest’anno, durante il mese di maggio, la soave voce di Valentina ha permesso di connettere la cultura italiana e quella cinese. L’abbiamo contattata per saperne di più.
Valentina, ci racconti qualcosa del tuo viaggio?
Tutto è nato un anno fa a Bruxelles quando sono stata invitata a far parte dell'Orchestra Limadou (diretta dal Maestro Angelo Gregorio), progetto ideato da Paolo Sabbatini per celebrare la figura di Padre Matteo Ricci, gesuita, scienziato, sinologo, cartografo e matematico che andò in Cina nel ‘600, ammirato persino dall'Imperatore perché rispettoso della loro cultura tanto da considerarsi "cinese tra i cinesi" (un vero antropologo ante litteram a cui Battiato dedica la prima strofa di “Centro di gravità permanente”).
Il mio primo concerto è stato organizzato per rappresentare l'Italia presso la Delegazione dell'Unione europea nel giorno della festa dell'Europa.
Devo ringraziare il direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Pechino, Federico Roberto Antonelli, per l'invito e la creatività con la quale abbiamo scelto il programma. Un viaggio musicale partito dall'Opera lirica, attraversando la musica popolare colta, le musiche scritte per il cinema, fino ad arrivare alla musica d'autore con Mogol e Mina, affiancata da uno dei più importanti pianisti italiani in Cina, Moreno Donadel.
Ho vissuto un’esperienza densa di emozioni artistiche ed umane. Mi sentivo ripetere di essere la prima artista italiana ad esibirsi nel Celeste Impero dopo la recente pandemia: l'entusiasmo con cui sono stata accolta e seguita nei miei concerti è stato grande.
Ho avuto anche l'immenso piacere e sorpresa di avere tra il pubblico il professor Roberto Malighetti, docente del corso di laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche.
Grazie a Giuseppe Cuccia (consulente artistico del National Center for the Performing Arts of China) ho potuto visitare anche il Centro Nazionale per le Arti Sceniche di Pechino, un'opera architettonica mastodontica a forma di perla, con l'acqua che scorre sopra il tetto. Si trova vicino al Palazzo del Parlamento, del Museo Nazionale d'Arte e a Piazza Tienanmen. Arte, cultura e politica in un unico sito.
La tournée è proseguita a Tianjin, dove esiste un quartiere dedicato all'Italia (qui sorgeva l'ex concessione italiana). Sono stata invitata ad assistere all'opera “Don Pasquale”. Vedere musicisti, cantanti e coristi cinesi cantare in italiano è stato incredibile. Il pubblico li acclamava come se fossimo allo stadio. Mi sono commossa. Non ci rendiamo conto di come una melodia, un'aria, scritta in Italia nell'Ottocento, sia amata ancora oggi dalla parte opposta del mondo. Che cos'ha l'opera di così speciale per essersi affermata nelle altre culture del mondo in modo così imponente? Forse, la bellezza del raccontare storie di vita con musiche e liriche dal dolce suono che affascina anche l'Oriente!
Tra un concerto e l'altro ho potuto incontrare i bambini della scuola italiana che si tiene presso lo stesso Istituto ogni sabato mattina. Ho tenuto una lezione di canto per le voci bianche, dando qualche suggerimento sulla respirazione, la fonazione e cantando assieme. Abbiamo scoperto la storia della principessa Turandot e eseguito un canto che unisce le nostre culture.
Le culture musicali di Italia e Cina hanno quindi dei punti di contatto?
L'Opera lirica italiana lega le nostre culture in modo continuo. Nel mio concerto ho toccato vari temi: l’amore, la lontananza dalle persone care, il silenzio e gli elementi naturali come la luna, spesso musa degli innamorati lontani ed elemento molto caro ai cinesi.
Un'aria molto conosciuta e studiata nei Conservatori cinesi è proprio quella di Vincenzo Bellini che si intitola “Vaga luna, che inargenti”, mentre un esempio di incontro tra le due culture musicali è rappresentato dall’aria “Là sui monti ell’Est” che Giacomo Puccini ha inserito nell'Opera della Turandot dopo aver ascoltato la melodia originale da un carillon cinese.
In Cina questa antica canzone popolare si chiama “Mo Li Hua” (canzone dei fiori di gelsomino) ma la maggior parte del pubblico non sapeva che Puccini l’avesse inserita in un’opera, affiancata da un testo in italiano. Ho deciso di aprire il concerto con questa melodia, riarrangiata per voce e pianoforte, come esempio di diplomazia culturale tra due mondi che si scoprono a vicenda. [Potete sentire questo brano nel video in fondo alla pagina]
Giri il mondo come cantante lirica ed esplori le diverse culture che incontri. Gli studi antropologici che stai seguendo in Bicocca ti stanno aiutando?
Sono un conseguimento naturale di quello che raccolgo nei miei viaggi musicali e di ricerca. Mi aiutano nel metodo, nella rielaborazione critica del mio lavoro e nella scoperta dei patrimoni musicali e sonori altrui.
E adesso quali progetti ti attendono?
Con il cuore nei miei progetti sul dialogo interculturale nel Mediterraneo, che desidererei poter utilizzare come oggetto della mia prossima tesi di laurea magistrale, spero di tornare presto anche in Cina: il Celeste Impero mi ha stregato il cuore.
VIDEO: Valentina Volpe Andreazza intona “Là sui monti dell’Est” sulla grande muraglia cinese
Foto: Copertina, Jia Bin - A lato, Luke Miao