Recentemente, gli economisti Daron Acemoglu e Simon Johnson hanno ricevuto il Premio Nobel per l’Economia per i loro studi sull’impatto delle istituzioni e sul modo in cui esse influenzano lo sviluppo economico. Un riconoscimento che si aggiunge a una lunga carriera dedicata all'analisi delle disuguaglianze e delle dinamiche socioeconomiche. Tra le collaborazioni più recenti, spicca uno studio innovativo sull’intelligenza artificiale generativa, svolto insieme a Valerio Capraro, docente di psicologia generale presso il Dipartimento di psicologia del nostro Ateneo. L'articolo, pubblicato in open access su PNAS Nexus, mette in luce l’impatto che questa tecnologia emergente potrebbe avere sulle disuguaglianze globali e offre raccomandazioni concrete per una distribuzione più equa dei suoi benefici. Abbiamo intervistato il professor Capraro per approfondire gli obiettivi della ricerca e le sue implicazioni per il futuro.
Professor Capraro, com’è nata la collaborazione con Daron Acemoglu e Simon Johnson, due dei più grandi economisti contemporanei?
All’indomani dell'esplosione di ChatGPT, insieme a Riccardo Viale, già professore ordinario del dipartimento di Economia, Metodi Quantitativi e Strategie di Impresa DEMS e presidente del Behavioral Insights Bicocca del centro di ricerca Ciseps, abbiamo deciso di avviare un progetto internazionale e interdisciplinare.
L’obiettivo era riunire alcuni dei massimi esperti mondiali in diverse discipline interessate dall’impatto dell’intelligenza artificiale generativa. Il progetto ha suscitato grande interesse e molti hanno accettato di partecipare, inclusi Acemoglu e Johnson.
Nel vostro studio analizzate l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa sulle disuguaglianze socioeconomiche. Quali sono i principali rischi che avete individuato?
Abbiamo individuato numerosi rischi. Ad esempio, studi recenti indicano che i chatbot vengono utilizzati prevalentemente dagli uomini piuttosto che dalle donne. Considerando che l’uso dei chatbot può aumentare la produttività, ciò potrebbe portare a un ampliamento delle disparità di genere nel mondo del lavoro.
Nel settore sanitario, l’IA generativa sta rivoluzionando la diagnosi medica, ma esiste il rischio concreto che questi benefici siano accessibili solo a Paesi o alle comunità più ricche, ampliando le disuguaglianze sanitarie. Già i ricchi vivono in media più dei poveri; questa differenza potrebbe ampliarsi nei prossimi anni. Nel campo dell’educazione, l’IA generativa potrebbe realizzare il sogno di un’educazione realmente personalizzata, ma questo sogno potrebbe rivelarsi accessibile solo a determinate categorie di popolazione. Inoltre, potrebbe causare un grave divario generazionale tra gli insegnanti, poiché i più giovani potrebbero essere in grado di adattarsi più facilmente al cambiamento.
Avete proposto una serie di raccomandazioni di policy per garantire una distribuzione più equa dei benefici legati all'IA generativa. Potrebbe illustrarci le proposte più rilevanti?
È fondamentale investire in programmi di formazione che consentano alle persone di integrare l’IA generativa nel proprio lavoro, puntando al potenziamento piuttosto che alla sostituzione. Questi programmi dovrebbero essere particolarmente rivolti a gruppi che storicamente hanno avuto un accesso più limitato ai progressi tecnologici, come le donne e gli anziani.
Un altro aspetto cruciale riguarda la tassazione. Le aziende hanno un incentivo a investire nell’automazione per risparmiare sui costi del lavoro umano, inclusi i contributi fiscali. Il sistema fiscale dovrebbe contrastare questo incentivo, promuovendo investimenti tecnologici che complementino l’essere umano anziché sostituirlo. Già Bill Gates sosteneva che i robot dovrebbero pagare le tasse. Concordiamo con questa visione e crediamo che sia il momento giusto per considerare seriamente sistemi fiscali di questo tipo. Inoltre, la società civile in tutte le sue forme, dovrebbe far parte del dibattito politico su come affrontare le questioni sollevate dall’IA generativa, per garantire che i vari interessi siano rappresentati in modo equilibrato.
Qual è il ruolo delle università e della ricerca accademica nel plasmare un futuro tecnologico che sia equo e inclusivo?
La ricerca può testare in ambienti controllati l’effetto di diverse variabili, fornendo evidenze empiriche sulle quali basare decisioni informate. Ad esempio, alcuni studi hanno osservato che l’adozione dell’IA generativa in vari contesti lavorativi tende ad avvantaggiare i lavoratori con minori competenze più di quelli altamente qualificati, un fenomeno che abbiamo definito “inverse skill bias”. Ciò suggerisce che, se riuscissimo a supportare le persone più reticenti nell’integrazione dell’IA generativa nel loro lavoro, i benefici potrebbero essere particolarmente significativi per chi ha meno competenze, portando ad un’ulteriore diminuzione delle disuguaglianze. Tuttavia, rimangono molte domande senza risposta. Nel nostro articolo abbiamo elencato numerose questioni importanti sulle quali la ricerca accademica potrebbe fare luce: ad esempio, l'accesso all'IA generativa influisce sulla creatività degli studenti e sarebbe fondamentale comprendere in che modo.
Guardando al futuro, quali sono le principali sfide e opportunità che l’IA generativa presenterà nei prossimi anni, secondo voi?
Dobbiamo prestare attenzione ai potenziali rischi di manipolazione: i chatbot possono generare informazioni micro-targettizzate con una velocità e una precisione senza precedenti, il che potrebbe condurre a livelli di manipolazione mai visti prima, mettendo a rischio la libertà di scelta individuale con conseguenze potenzialmente devastanti per la stabilità democratica delle istituzioni. Ogni grande rivoluzione tecnologica comporta inevitabilmente profonde trasformazioni sociali. Ci attende un vero e proprio terremoto sociale. Nel giro di pochi anni, potremmo trovarci in una società difficilmente riconoscibile, in cui molti potrebbero non desiderare vivere. L’IA generativa ha il potenziale per apportare benefici enormi a tutta l’umanità, ma è fondamentale lavorare insieme affinché questi benefici siano distribuiti equamente.