"Indovina chi viene a casa", raccontato da chi lo vive - Bnews "Indovina chi viene a casa", raccontato da chi lo vive

"Indovina chi viene a casa", raccontato da chi lo vive

"Indovina chi viene a casa", raccontato da chi lo vive
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Sono 179 mila le persone over 75 che vivono a Milano, il 40% è solo, secondo stime dell’Ufficio Anagrafe del Comune al 31 dicembre 2024. Il record va proprio al Municipio 9 dove gli anziani over 60 sono 50 mila e rappresentano il 26,5% della popolazione residente, superando la media nazionale del 23%. Da questo contesto e da questi dati, nel gennaio 2025, è partito il progetto solidale Indovina chi viene a casa promosso da Fondazione di Comunità Milano, Fondazione Amplifon con Fondazione Aquilone e la Bottega di Quartiere, a cui partecipano alcune studentesse dell’Università di Milano-Bicocca.

Il rischio di isolamento di chi vive in città è molto alto, ed è aggravato dai fattori socio-sanitari ed economici, come il basso reddito da pensione, il costo della vita sempre più alto e il progressivo indebolimento fisico, unito a varie problematiche sanitarie tipiche delle terza età. Tutti fattori che portano spesso le persone anziane a diventare abitanti invisibili delle città, sempre più soli e chiusi dentro le proprie case.

Roberta Gronchi, studentessa del corso di Laurea Magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche, è una delle volontarie e ci racconta che ha deciso di aderire a questo percorso “per un interesse verso le persone "anziane" e per approfondire il loro ruolo nella società occidentale.” Roberta si prende cura di una donna di circa 64 anni di origini ghanesi, con un’invalidità fisica e ricorda che il sentimento che ha provato quando l’ha incontrata la prima volta è stato l'imbarazzo di entrare in casa di qualcuno senza conoscerlo. “Ma questo imbarazzo si è trasformato presto in affetto e adesso, ogni volta che vado da lei, ci salutiamo con un grande abbraccio”.

Roberta e gli altri 40 volontari di “Indovina chi viene a casa” seguono al momento 45 anziani residenti nei quartieri Maciachini, Dergano, Affori, Bruzzano, Comasina, Bovisasca, Niguarda e Bicocca. Ciascun volontario, previo colloquio e in base alle sue attitudini e disponibilità di tempo, viene associato a una persona anziana in linea con il suo profilo in modo da rendere la relazione efficace e gradevole, sotto il coordinamento di professionisti del Sociale (educatori e operatori qualificati). Le relazioni interpersonali sono alla base degli interventi del progetto e la differenza generazionale è un fattore non indifferente, ma che può rappresentare un valore aggiunto reciproco.

Quando è arrivato il momento di incontrare la persona che mi avevano assegnato ero un po’ nervosa, avevo paura di sbagliare, di non sapermi relazionare nella maniera opportuna. Ma, allo stesso tempo, non vedevo l’ora di iniziare, e di poter essere utile nel miglior modo possibile. Sicuramente il fatto che non fossi sola in quel momento ha fatto la differenza. Perchè, ad accompagnarmi, erano presenti un’altra volontaria con più esperienza e l’assistente sociale responsabile. Questo supporto mi ha permesso di stabilire subito una relazione sincera e autentica con la signora che mi ha accolto nella sua casa”.
Con queste parole Giulia Moroni, studentessa di Bicocca laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche, con esperienze pregresse di scout e di volontariato nelle case di riposo, ricorda l’inizio di questa esperienza e ci spiega che, anche se è da poco più di un mese che ha iniziato questo percorso di volontariato, sente di aver già imparato tantissimo. “ Basta davvero poco – una visita, una conversazione, un gesto semplice – per fare la differenza nella giornata di qualcuno. Sto riscoprendo il valore dell’ascolto e della presenza, senza fretta, senza aspettative: quel tipo di ascolto attivo spinto non dal desiderio di trovare la risposta giusta, ma dalla volontà di capire l’altro. Le persone anziane che ho incontrato mi hanno insegnato, forse senza nemmeno rendersene conto, quanto sia importante saper rallentare, quanto valore ha dedicare tempo e impegno per prendersi cura delle persone a cui si vuole bene. E anche quanto possa essere difficile affrontare le sfide della vita da soli”.

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Tecniche di comunicazione, capacità di ascolto, confronto, collaborazione, empatia, flessibilità e problem solving: sono solo alcune delle competenze che, grazie a questo progetto, i volontari possono acquisire e sviluppare.

Sto anche imparando a gestire situazioni nuove – spesso fuori dalla mia comfort zone – con più flessibilità, consapevolezza e meno timore. Tutto ciò mi aiuta a costruire un bagaglio di esperienze che mi sta facendo crescere, come persona e come cittadina” afferma Giulia.

In coordinamento con gli operatori del progetto, i volontari possono declinare il tempo “donato” svolgendo diverse attività, che spaziano dal passare del tempo in casa – cucinare, guardare fotografie, cucire, garantire assistenza tecnologica di base, svolgere semplici opere di manutenzione – oppure all’esterno, ad esempio sbrigare commissioni, passeggiare nel quartiere, accompagnare in luoghi di aggregazione del territorio o a visite mediche.
Attività che rappresentano anche un momento di crescita e arricchimento reciproco, sia per le persone anziane, che per i volontari, come commenta Roberta Gronchi “mentre cuciniamo insieme, oltre a parlare dei cibi e delle diversità culturali, emerge sempre la bellezza di poter imparare qualcosa l'una dall'altra, sia dal punto di vista pratico che esperienziale”.

Esperienze come questa aiutano anche a riflettere sul senso più profondo della relazione tra generazioni.

Un momento che mi ha colpito molto è stato quando una delle signore che seguo per il progetto mi ha mostrato delle foto di quando era giovane. E la foto è stato il pretesto per raccontare che, oltre al lavoro che faceva durante il giorno e a prendersi cura della sua famiglia, la sera andava a cantare nei locali, spinta dalla sua passione per la musica - spiega Giulia Moroni - Ho ammirato moltissimo il suo coraggio e la sua determinazione, soprattutto perché ai suoi tempi non era affatto facile o sicuro per una giovane donna, soprattutto di notte e con persone sconosciute, fare una cosa del genere. Penso che, anche senza rendersene conto, con la sua storia mi ha insegnato molto sulla forza di seguire le proprie passioni, nonostante le difficoltà e le sfide. Oltre che sull’importanza di non smettere mai di credere in ciò che ci rende vivi”.

Gli studenti dell’Università di Bicocca che stanno svolgendo l’attività di volontariato all’interno del progetto, hanno partecipato nei mesi scorsi al percorso di Bbetween Civic Engagement. Una serie di incontri formativi dedicati all’assistenza agli anziani, che ha offerto una visione completa dei bisogni legati all’invecchiamento, affrontando aspetti fisici, psicologici e sociali. I partecipanti hanno inoltre appreso come supportare le attività quotidiane, gestire nella quotidianità malattie croniche e neurodegenerative, e utilizzare correttamente gli ausili. Focus centrale l’importanza della comunicazione empatica, dell’ascolto attivo e del supporto emotivo.

Angela Allegretto, studentessa del corso di Laurea Magistrale in Biologia, ci racconta che la partecipazione al percorso Bbetween l’ha portata a riscoprire il senso dell’impegno civico e della cittadinanza attiva. “Ho abitato per molto tempo in un piccolo paese di provincia, dove tutti sono a disposizione della comunità. Ma quando sono arrivata a Milano mi sono accorta che nelle grandi città non è così. O meglio, non per tutti. E quindi, grazie a questa attività di volontariato ho capito che mettersi a disposizione, anche per le piccole cose, può aiutare non solo chi ha bisogno, ma anche a vivere meglio con se stessi”.

E Roberta Gronchi ci spiega che questo percorso la sta portando a porsi nuove e numerose domande sul perché, nella nostra società italiana, debbano esserci così tante persone anziane in queste situazioni, sia dal punto di vista economico, che contestuale, che sociale. Chi è l'anziano per noi cittadini, per i parenti e per lui stesso?

Sono riflessioni importanti quelle che emergono dalle parole dei volontari. E questo è un altro degli altri obiettivi del progetto. Smuovere la coscienza civica, e costruire una comunità di volontari di età diverse che supporti e accompagni le persone anziane nella quotidianità.

“Purtroppo oggi le persone anziane vengono spesso relegate ai margini della società, perché, almeno secondo la logica capitalistica, non sono più in grado di contribuire attivamente ad essa. Tuttavia, credo che ragionare in questi termini faccia perdere una prospettiva importante. Si ignora una parte di popolazione che custodisce la nostra identità e le nostre radici. Le persone anziane sono le “memorie viventi” delle esperienze che hanno plasmato la nostra cultura e società. E sono anche custodi delle nostre emozioni, delle nostre paure, delle nostre speranze” commenta Giulia Moroni.

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L’invito a candidarsi in qualità di volontario/a è rivolto a persone maggiorenni – giovani, adulte e senior, studentesse e studenti universitari, lavoratori e lavoratrici – residenti a Milano e disponibili a raggiungere il Municipio 9 dove risiedono gli anziani coinvolti. Successivamente, i volontari verranno inseriti in “squadre” guidate da operatrici e operatori esperti, che andranno a sostenere e accompagnare uno o più anziani. A ogni volontario/a verrà offerta una formazione teorico-pratica presso una delle sedi di Fondazione Aquilone (quartiere Bruzzano). Chi volesse candidarsi o ricevere maggiori informazioni può scrivere a segreteria@fcmilano.org.

Vale davvero la pena mettersi in gioco, anche solo per provare. A volte pensiamo che per fare volontariato servano chissà quali competenze o disponibilità, ma in realtà basta poco: qualche ora del proprio tempo libero, la voglia di ascoltare, di mettersi in gioco e uscire dalla propria routine. È un’esperienza che ti cambia e ti arricchisce tanto, sia dal punto di vista umano che personale. Entrare in contatto con storie diverse dalla tua, ti fa vedere le persone – e te stesso – con occhi nuovi. Si imparano cose che nessun libro o lezione universitaria può insegnare: l’empatia, la pazienza, la cura dell’altro. E, soprattutto, si capisce quanto può essere potente anche solo “esserci” per qualcuno” afferma Giulia Moroni facendo un bilancio di queste prime settimane da volontaria.

Anche Roberta Gronchi pensa che sia un’esperienza da fare, e che consiglierebbe ai giovani d’oggi, perché “i ragazzi più giovani possono cambiare ciò che non va bene, sono tanti, hanno tempo ed entrando di persona nelle situazioni, potrebbero trovare le soluzioni che noi adulti non siamo riusciti a trovare”.

Sentirsi vicini e utili alla comunità è uno dei motivi per cui anche Angela Allegretto consiglierebbe ad altri studenti e giovani di candidarsi per diventare volontari di “Indovina chi viene a casa”.

Al termine delle ore di volontariato previste dal progetto BBetween, ciascun volontario potrà inoltre scegliere se continuare le attività e donare altri mesi del suo tempo alla comunità.