Quando si parla di pandemia torna subito alla mente la triste esperienza del Covid, solo i meno giovani ricorderanno che a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso un’altra epidemia aveva seminato inquietudine: l’AIDS. In seguito, i notevoli progressi ottenuti sul piano terapeutico, hanno portato ad abbassare un po’ la guardia, ma anche oggi sussiste un rischio che non va sottovalutato, soprattutto alla luce dei dati più recenti che indicano un’inversione di tendenza nel numero dei contagi. Ne parliamo con il professor Paolo Bonfanti, professore ordinario di Malattie infettive nel nostro ateneo.
Professore cosa ci dicono i numeri?
Non è necessario allarmarsi, è importante però essere vigili: i numeri di oggi, considerando il 2023, l’ultimo anno disponibile, sono più bassi di quelli di dieci o quindici anni fa. Ciò che preoccupa è il trend, che prima era in continua riduzione, al netto degli anni del covid-19, in cui i dati sono stati falsati dall’impossibilità di accedere alle strutture sanitarie. Nel 2023 c’è stato un balzo e di questo passo torneremo rapidamente ai valori precedenti il 2019.
L’aspetto che desta maggiore preoccupazione è che il 60% dei nuovi casi scopre l’infezione in ritardo, quindi ha scarsa consapevolezza del rischio. Il test si fa a distanza di tempo, o addirittura all’insorgere di qualche sintomo: questo aspetto è indicativo perché l’infezione da HIV è per sua natura sostanzialmente asintomatica, quindi se queste persone fanno il test in presenza di una sintomatologia, significa che sono in una fase avanzata di sviluppo della malattia.
Quali sono i sintomi?
Possono essere febbre, dimagrimento repentino o anche quelle che chiamiamo “infezioni opportunistiche”: la comparsa di candida nel cavo orale, l’herpes zoster – comunemente noto come “fuoco di sant’Antonio” - che compaiono in genere in uno stadio avanzato. Questo dato delle “diagnosi tardive” è superiore alla media europea: siamo intorno al 60% contro il 40% in Europa: ecco, diciamo che questi numeri ci fanno riflettere sul fatto che non siamo in grado di intercettare precocemente chi è affetto dalla malattia, ma d’altro canto sappiamo che le terapie sono più efficaci quanto più sono precoci.
Quindi la priorità è avviare delle campagne informative?
Si, bisogna riprendere a fare prevenzione e informazione. Per molti anni in passato, mi riferisco in particolare agli anni Novanta, la percezione della pericolosità del virus HIV era molto alta. Era un fenomeno che interessava direttamente la fascia dei giovani, legato anche al tema della tossicodipendenza che oggi resiste, ma è marginale: ora il virus si trasmette quasi esclusivamente per via sessuale.
Tra gli addetti ai lavori sta emergendo l’esigenza di portare avanti delle campagne con target specifici. Faccio un esempio: un target potrebbe essere la popolazione straniera. Ci sono paesi dell’Africa subsahariana dove l’AIDS è una malattia endemica, nelle persone sessualmente attive almeno il 10-15% della popolazione, in alcuni Paesi, è HIV positivo, quindi è un fenomeno gravissimo. Grazie ai programmi di supporto della comunità internazionale c’è stata una notevole riduzione dei contagi. Ora c’è preoccupazione perché le ultime decisioni del governo degli Stati Uniti stanno riducendo i finanziamenti dei programmi sanitari per il contrasto alla infezione da HIV e questo è rischioso. Comunque, tornando alla campagna informativa, nelle persone straniere i soggetti più vulnerabili sono le donne, perché la trasmissione avviene prevalentemente per via eterosessuale: è chiaro che in questo caso sarà opportuno enfatizzare questo aspetto del rischio.
Negli italiani invece la trasmissione avviene prevalentemente tra uomini omosessuali, che in genere sono anche quelli più consapevoli del rischio. Per i quarantenni e cinquantenni si dovrà fare una campagna di un certo tipo, perché con il progresso delle cure è venuta meno la percezione del rischio; di un altro tipo sarà l’azione da portare avanti con i giovani, per i quali c’è da un lato scarsa conoscenza sulle infezioni sessualmente trasmesse in generale, poi c’è sullo sfondo il fenomeno molto più complesso che non riguarda solo le infezioni ed è quello affrontato dalla “porn and social media literacy”, che mira a sviluppare un pensiero critico e consapevole della sessualità e delle relazioni: oggi il rischio è quello di avere libero accesso ad immagini erotiche senza essere consapevoli che si tratta di una rappresentazione distorta della sessualità.
Come deve fare chi vuole svolgere il test?
Può farlo rivolgendosi ai centri disponibili sul territorio. Basta cercare qual è il più vicino Centro di malattie infettive o Centro per le infezioni sessualmente trasmesse e si può fare il test in modo anonimo e gratuito, spesso senza nemmeno prenotare. E’ importante ricordare che quando si hanno rapporti occasionali il preservativo rimane uno strumento essenziale di prevenzione. Una persona che vive con HIV se assume farmaci regolarmente non trasmette la malattia, ma esistono anche altre infezioni sessualmente trasmesse: la gonorrea, la clamidia, la sifilide. Sono tutte in aumento in Europa, soprattutto nella fascia giovanile e per quanto siano trattabili con antibiotici, possono comunque avere gravi conseguenze come l’infertilità per le donne.
Sono ipotizzabili degli screening generalizzati?
Insieme con il dottor Michele Riva, responsabile del servizio medico competente nel nostro ateneo, e anche grazie all’appoggio di alcuni ospedali come Niguarda, abbiamo fatto delle giornate di vaccinazione per HPV, il papilloma virus. Per questa infezione tra l’altro disponiamo di un vaccino molto efficace, che viene proposto in età adolescenziale, ma purtroppo ha riscontrato scarsa adesione. È una malattia che, se contratta, può essere responsabile del tumore della cervice uterina nelle donne e abbiamo a disposizione un vaccino assolutamente sicuro, privo di controindicazioni, che andrebbe fatto prima di iniziare la propria attività sessuale. Per HIV ed epatite si potrebbe proporre uno screening usando test salivari, ci stiamo ragionando, è una delle idee che abbiamo in campo.