Bambini e ragazzini davanti allo schermo di un tablet o uno smartphone, anche per ore: è un’immagine frequente, oggi. Ma quali conseguenze ha questo tempo così dilatato, definito scientificamente “tempo schermo” – un tempo sedentario e spesso di divertimento – sulla loro crescita? Il problema riguarda anche noi adulti, che in modo analogo trascorriamo ore sui vari device?
A Simone Lanza, insegnante di scuola primaria e ricercatore presso il Centro Benessere Digitale di Milano-Bicocca - autore di “Perdere tempo per educare, educare all'utopia nell'epoca del digitale” – e che si occupa nello specifico di ricerche sugli effetti cognitivi del tempo schermo, abbiamo chiesto aiuto per cercare di rispondere a questi interrogativi.
Tecnologie ed educazione: quale rapporto, secondo lei?
C’è un forse un solo pedagogista, Rivoltella, che analizza la questione dell’accelerazione dell’educazione, ma tiene separate la dimensione educativa e quella tecnologica: le capacità di leggere sarebbero cambiate perché il mondo è veloce, anche se le tecnologie non esistessero, sostiene Rivoltella, perché non è "colpa" delle tecnologie. Seguendo la descrizione dei circoli dell'accelerazione sociale proposta dal sociologo Hartmut Rosa, credo invece che possiamo capire gli intimi legami tra sviluppo tecnologico e metamorfosi delle capacità cognitive ed emotive anche in ambito pedagogico, capendo cosa realmente sta succedendo nell'educazione per i cambiamenti sociali dovuti all'accelerazione, di cui le tecnologie sono una componente importante. La dilatazione del tempo schermo, causa ed effetto dell’accelerazione sociale, soprattutto modifica le capacità cognitive e per lo più lo fa negativamente, anche se poi certamente le tecnologie ci aprono a moltissime possibilità.
Lei sottolinea almeno tre grandi effetti dell’accelerazione nell’educazione. Ce li può descrivere?
Sono tre dimensioni diverse che sono parte di un medesimo processo sociale e vanno a toccare diversi aspetti fondamentali dello sviluppo psicomotorio e della modellazione delle menti. È indubbio che il “tempo schermo” nella sua dilatazione stia contribuendo – anche se non è l’unico fattore – a ridurre la dimensione del sonno nei suoi aspetti sia qualitativi sia quantitativi. Cioè, si riduce il sonno ed è peggiore. Il che ha varie conseguenze che vanno dalla stanchezza alla difficoltà d’attenzione. Dormire durante le prime ore della notte è fondamentale per lo sviluppo psicomotorio, soprattutto nei primi dieci anni di vita. Inoltre, e questo spesso i genitori lo dimenticano, bambini/e hanno bisogno di dormire molto più degli adulti. Il sonno è importante sia per l'apprendimento (rielaborazione notturna), sia per l'attenzione necessaria il giorno seguente.
Il tempo schermo impatta inoltre sulla sfera cognitiva e sullo sviluppo delle capacità d’attenzione. In termini scientifici si parla di “attenzione frammentaria”, “attenzione parziale continua”, “attenzione spezzettata” o “iper attenzione” : lungi dall’esser la virtù dei nativi digitali, il multitasking è una forma di "task switching con task costs" : perché fare una cosa alla volta è meglio. Inoltre, questa continua lettura frammentata sta compromettendo la lettura profonda e persino le capacità di linguaggio.
Infine, la terza grande conseguenza, che sto indagando, è l’impatto sulla stessa visione del futuro: infatti, quando siamo concentrati e schiacciati sul presente non abbiamo più la capacità di pensare la profondità del passato e di allungare lo sguardo verso il futuro. Guardando gli schermi si diventa miopi in senso letterale e metaforico.
Questa difficoltà si riscontra solo per i giovani?
No, purtroppo il problema è più grande e coinvolge tutta la società: anche noi adulti non siamo più portati a vedere il futuro come un elemento di cambiamento in positivo ma spesso lo viviamo più come una minaccia che come una speranza ricca di miglioramenti. Siamo di fronte al "passaggio da una fiducia smisurata a una diffidenza altrettanto estrema nei confronti del futuro" (come aveva già indicato il filosofo Benasayag tempo fa).
Con l’accelerazione sociale questo fenomeno viene ulteriormente esasperato. Di certo è un elemento di novità che giovani e adolescenti vivano con molta ansia e preoccupazione il futuro. È questa un’ansia che viene dalle generazioni che li precedono, soprattutto in società ricche come la nostra. Ma non è così ovunque: in altri luoghi del mondo, dove l’individuo sa di avere un orizzonte di vita più breve e di dover vivere con pochi euro al giorno, in realtà si può riscontrare molta più speranza: quindi, qual è la differenza? L’antropologo indiano Appadurai ha descritto come l’esistenza di un sistema di piccole comunità sviluppi la capacità di aspirare a un futuro migliore. Queste comunità “danno un senso” perché offrono la percezione al singolo che è possibile cambiare qualcosa, far parte del mondo tramite delle comunità ci dà senso, futuro e felicità.
Cosa si potrebbe fare, secondo lei, dal punto di vista educativo-pedagogico, per aumentare l’attenzione dei ragazzi?
Molto spesso i docenti chiedono “cosa possiamo fare per attirare l’attenzione degli studenti”? In realtà la domanda secondo me così è proprio mal posta: meglio sarebbe dire “cosa possiamo fare per sviluppare l’attenzione nei ragazzi”?
Come sottolineava Maria Montessori, occorre trasmettere passioni, più che nozioni e competenze. Di conseguenza, occorre “perdere tempo” per educare. I genitori sono oggi aiutati in questo anche grazie ai patti digitali di comunità, regolando l’uso dei device, creando anche da noi piccole comunità di se