Da soluzione adottata in una fase emergenziale, il lavoro da remoto è oggi a tutti gli effetti una nuova modalità lavorativa e strumento di flessibilità. Approfondiamo il tema con Annalisa Dordoni, assegnista di ricerca del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Milano - Bicocca.
Qual è l’obiettivo dell’evento “Il lavoro da remoto durante e dopo la pandemia di covid-19” che si terrà il prossimo 8 novembre in Bicocca?
Abbiamo organizzato l’incontro per discutere di alcuni progetti di ricerca sul lavoro da remoto, che indagano i cambiamenti nei processi lavorativi e organizzativi e i vissuti di lavoratori e lavoratrici prima e dopo la pandemia di Covid-19. Sono per la maggior parte linee di ricerca che coinvolgono docenti e ricercatrici del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale di Bicocca. All’evento sarà presente anche un gruppo di ricerca della Statale e del Politecnico di Milano.
In generale, lo scopo dell’incontro è discutere le ricerche in corso, non solo con la comunità accademica ma anche con la componente studentesca e con cittadini e stakeholder interessati. Gli studi riguardano l’area metropolitana di Milano e approfondiscono i tempi e le trasformazioni del lavoro analizzando quanto e come si sono modificati, e si stiano modificando tuttora, e indagando anche condizioni ed esperienze lavorative, temi che oggi riguardano molti attori sociali e che saranno sempre più rilevanti in futuro. L’idea di questo convegno nasce proprio da un progetto in cui sono coinvolta, Digital-AGE, finanziato dalla Fondazione Cariplo e alle cui attività partecipano il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale del nostro Ateneo e la Fondazione Golgi Cenci.
Digital-AGE è già parte di una rete di diversi progetti che coinvolge vari partner, ricercatrici e ricercatori di molteplici atenei, fondazioni ed enti. Durante l’incontro intendiamo non solo rafforzare le collaborazioni già in essere ma anche avviare nuove possibili connessioni con altri gruppi di ricerca, interni ed esterni all’Ateneo. Presentare e discutere gli studi in corso permetterà di approfondire la definizione di concetti e dinamiche, per poi condividere, in futuro, i risultati dei progetti e proseguire il dibattito alla luce delle analisi condotte.
In apertura del seminario presenterò il Progetto Digital-AGE, in particolare lo Stream 3 “Disuguaglianze digitali, di capitale sociale e attività lavorative di lavoratori e lavoratrici pre-senior e senior nell'area metropolitana di Milano”, incentrato sullo studio delle disuguaglianze, dei processi di digitalizzazione e di invecchiamento della popolazione nel mondo del lavoro.
Il Progetto Remote+ “Lavoro da remoto e trasformazioni dei processi lavorativi e organizzativi” sarà oggetto dell’intervento della collega Anne-Iris Romens, mentre la dott.ssa Sara Recchi illustrerà una linea di ricerca dello Spoke 6 del Progetto PNRR Musa “Tecnologie digitali e lavoro da remoto: bisogni e opportunità per lavoratori e aziende, ruolo del sindacato e degli attori locali”.
Infine, le dott.sse Emma Garavaglia (Politecnico di Milano) e Costanza Guazzo (Università di Milano) presenteranno il progetto Coronavirus Work Inquiry “Un’analisi delle esperienze di lavoro a distanza durante e dopo il primo lockdown”.
È possibile consultare il programma dettagliato degli interventi e i nomi di docenti e ricercatrici che partecipano ai progetti alla pagina dell’evento sul sito unimib e scaricare locandina e programma dal calendario della Settimana della Sociologia 2023, in cui il seminario è inserito.
Approfondiamo il progetto Digital Age che è la cornice all’interno della quale si è inserita questa iniziativa.
Digital-AGE - Ageing in a DIGITAL world. A study on multiple dimensions of inequality, in old AGE analizza le interconnessioni tra molteplici dimensioni delle disuguaglianze, digitali, di salute, di capitale sociale, economiche e del lavoro, tra diverse categorie della popolazione anziana. Si tratta di una ricerca mixed-methods, basata quindi su una combinazione di metodi quantitativi e qualitativi (analisi di dati longitudinali, di interviste, di materiale visuale), e che include sia analisi secondaria, sia raccolta di dati originali. Oltre ad accrescere la conoscenza scientifica sul tema delle disuguaglianze, dell’invecchiamento della popolazione e della digitalizzazione, il progetto mira a contribuire allo sviluppo di un'agenda politica e ad identificare buone prassi per una società più equa, attraverso le attività di divulgazione dei risultati e il coinvolgimento di diversi attori e soggetti (aziende, sindacati, associazioni e policy makers).
Digital-AGE è parte della rete Ageing Societies, che comprende diverse università e partner, e si sviluppa su tre linee di ricerca. La prima si concentra sull'analisi secondaria di dati SHARE; la seconda si focalizza sull’analisi di dati longitudinali di uno studio di coorte su grandi anziani (oltre 80 anni) di un Comune della periferia milanese. Infine, il terzo filone approfondisce esperienze, vissuti e sfide affrontate da lavoratori e lavoratrici nell’uso delle tecnologie digitali nel passaggio al lavoro da casa durante la fase emergenziale della pandemia di Covid-19, e nelle diverse modalità attuali di lavoro da remoto e ibrido.
A che punto è invece la ricerca che la vede coinvolta direttamente e che presenterà all’evento?
Collaboro al Progetto Digital-AGE come vice-P.I., Gender Equality Advisor e leader della terza linea di ricerca su disuguaglianze digitali, capitale sociale e lavoro. La P.I., cioè Principal Investigator del progetto, è la dottoressa Alessandra Gaia. L'obiettivo di questa parte dell’indagine è analizzare le interconnessioni tra disuguaglianze digitali, attività lavorative e invecchiamento con un focus su lavoratori e lavoratrici tra i 55 e i 65 anni e con più di 65 anni nell'area milanese, sulle problematiche da loro affrontate, le opportunità emerse e le risorse messe in atto dai lavoratori, dalle aziende e da altre organizzazioni ed enti locali.
Per studiare questi temi abbiamo scelto di utilizzare, in questo filone, metodi qualitativi: sono ora in corso le attività di accesso al campo per condurre interviste semi-strutturate a esperti e testimoni privilegiati e interviste in profondità con lavoratrici e lavoratori, oltre alla raccolta di materiali visuali. Un passaggio interessante del progetto, dal punto di vista metodologico, consiste nel fatto che le trascrizioni anonimizzate delle interviste raccolte saranno archiviate presso UniData - Bicocca Data Archive, centro interdipartimentale del nostro Ateneo e infrastruttura di ricerca multidisciplinare per la diffusione e condivisione dei dati. Attraverso UniData, Bicocca, in partnership con il CNR, ha istituito l’archivio DASSI - Data Archive for Social Sciences in Italy, il primo Social Science Data Archive (SSDA) italiano, diventando nodo nazionale della rete CESSDA, un’infrastruttura che raggruppa tutti gli archivi di dati europei.
Quali sono secondo lei gli scenari futuri del lavoro da remoto in Italia?
Durante la fase emergenziale della pandemia di Covid-19 gran parte delle attività lavorative che potevano essere svolte da remoto si sono trasferite dagli uffici alle case. In Italia questo trasferimento è avvenuto in estrema fretta, senza che ci fosse il tempo di riflettere su cambiamenti realmente efficaci da adottare nei processi organizzativi per facilitare il lavoro da remoto. Successivamente, molte attività sono tornate a svolgersi in presenza prevedendo allo stesso tempo giornate o periodi di lavoro da remoto, adottando nuovi modelli di lavoro ibrido. Rileviamo oggi che molti lavoratori e lavoratrici privilegiano aziende o mansioni che offrono la possibilità di lavorare da remoto, per meglio conciliare vita privata, familiare e lavorativa, o per altri motivi.
Il lavoro da remoto ha risvolti ambivalenti, incide su importanti dimensioni, come tempi e spazi di lavoro, modalità di conciliazione tra vita lavorativa, personale e familiare, confini tra sfera pubblica e privata, ed è a sua volta influenzato dalle diverse competenze e opportunità degli attori sociali nell’uso delle tecnologie digitali e di comunicazione. È importante adottare una prospettiva di genere e generazionale nello studio dei modelli di lavoro da remoto o ibrido, per identificare pratiche, politiche e trasformazioni nei processi organizzativi che possano agevolare, e non complicare, condizioni di lavoro, esperienze e vissuti, mitigando e non esacerbando le possibili disuguaglianze preesistenti.
Articolo di Enzo Scudieri e Chiara Bulfamante