Update del 6 luglio 2022: il materiale medicale raccolto con il contributo dei follower di Greta Galli è giunto a destinazione ed è pronto per essere smistato negli ospedali da campo in Ucraina. Guardate il video per saperne di più
Sul web riesce a far appassionare ragazzi, e soprattutto ragazze, alla robotica, alla stampa 3D e alla programmazione. Greta Galli, studentessa 19enne al primo anno di Informatica all’Università di Milano-Bicocca, può contare su un pubblico di oltre 300mila persone, i suoi followers su quelli che definisce “i principali canali social”: YouTube, Instagram e TikTok.
Con la sua spontaneità, Greta ci ricorda che sono queste le piattaforme più amate dalla Generazione Z. Ed è qui, sui social che permettono di condividere contenuti visuali come immagini e video che, nel periodo del lockdown, la nostra studentessa è diventata un’influencer della tecnologia e un’ambasciatrice della cultura STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematic) tra le giovanissime.
Dall’inizio della pandemia Greta è cresciuta e ha sfruttato la sua popolarità online per una raccolta solidale destinata ad un’altra emergenza: la crisi Ucraina.
Greta, facciamo un passo indietro: come nasce la tua passione per la tecnologia?
La mia passione parte da molto lontano, da quando a 4 anni mi hanno regalato i Lego, i classici mattoncini colorati da costruzioni. Non li ho più lasciati e all’età di 11 anni ho scoperto la versione Mindstorms, la linea che, oltre ai mattoncini, contiene motori e sensori. Da quel momento ho iniziato a programmare i miei primi robot.
Hai trasformato questi interessi in materie di studio?
Sì, come scuola superiore ho frequentato un ITIS ad indirizzo Informatica e telecomunicazioni, lì ho scoperto altre tecnologie: la stampa 3D, sistemi complessi come l’elettronica e l’utilizzo di Arduino, una scheda programmabile con microcontrollore, in parole semplici: il cervello di alcuni dei miei esperimenti. Dopo il diploma, mi è sembrato naturale proseguire con un corso di laurea in Informatica e ho scelto di frequentarlo in Bicocca.
Cosa ti ha portato a condividere queste tue passioni sui social?
Sembrerà banale ma è iniziata così: durante il lockdown mi annoiavo! Ero abituata a girare l’Italia almeno due volte al mese perché partecipavo agli eventi Lego: appuntamenti in cui chi crea opere con i mattoncini si incontra e espone le sue creazioni al pubblico. Con la pandemia, mi sono ritrovata bloccata in casa e ho visto che tutto il mondo era sui social. Ho deciso di buttarmici anch’io. Ho iniziato su TikTok, poi sempre più persone mi chiedevano video più elaborati e il format di questo social non me lo permetteva – all’epoca i video duravano al massimo 60 secondi, ora hanno introdotto video anche di dieci minuti – non era semplice, ad esempio, spiegare il funzionamento di un robot in un minuto e così mi sono spostata su YouTube. Successivamente sono nate collaborazioni con aziende e case editrici specializzate in tecnologia e informatica anche grazie a Instagram.
Sui social è nata anche l’idea della raccolta solidale per gli ospedali da campo in Ucraina?
Tutto nasce dalla mia passione per la stampa 3D, a casa ho tre stampanti e le utilizzo da circa un anno e mezzo. Su Instagram seguivo un’azienda produttrice di stampanti 3D che, dopo lo scoppio della crisi in Ucraina, ha pubblicato sui social dei disegni di tutori medicali di emergenza chiedendo alle persone di stamparli per dare una mano agli ospedali da campo, ma allo stesso tempo avvertendo che sarebbe stato complicato trovare canali sicuri per farli arrivare a destinazione.
Come funziona il processo di stampa 3D che consente di ottenere i tutori?
I disegni possono essere stampati piatti con il PLA, uno dei materiali più usati con le stampanti 3D. Questo materiale se viene immerso in acqua molto calda, a temperature di 60/70 gradi, diventa flessibile e può essere applicato su un arto di una persona ferita, fungendo da tutore.
Tornando alla raccolta, come ti sei adoperata?
Su consiglio dei miei genitori, ho scritto al sindaco della mia città, Fagnano Olona (VA), spiegandogli che avrei voluto organizzare una raccolta di materiale medicale per gli ospedali da campo in Ucraina, ma che avrei avuto bisogno di un canale sicuro per il trasporto e la consegna. Lui e l’assessore alle Pari opportunità e servizi sociali, Mario Moretti, mi hanno messo in contatto con un’associazione in grado di fare questo viaggio. Appena ho avuto l’ok ho utilizzato i miei canali social invitando tutti quelli che avevano una stampante 3D a contribuire all’iniziativa.
E come è andata?
Abbiamo avuto una risposta che non ci aspettavamo. In un mese, abbiamo ricevuto più di tremila pezzi tra materiale stampato e altro materiale medicale come garze, bende, lacci emostatici. Inoltre, siamo riusciti a coinvolgere anche chi non era in possesso di una stampante 3D. Un po’ come “il caffè sospeso di Napoli”, noi ci siamo inventati la “bobina solidale”: così chi non aveva la stampante ma voleva ugualmente contribuire, ne ha acquistata una e noi l’abbiamo poi consegnata a chi era in grado di stampare a casa i pezzi medicali. Nelle prossime settimane tutto il materiale raccolto arriverà in Ucraina, per ragioni di sicurezza non conosco nemmeno io la data esatta.