Dacia Maraini: “Mi manca uscire la sera, ma con un libro non si è mai soli” - Bnews Dacia Maraini: “Mi manca uscire la sera, ma con un libro non si è mai soli”

Dacia Maraini: “Mi manca uscire la sera, ma con un libro non si è mai soli”

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Dalle speranze di rinascita alle immagini di dolore, dal suo rapporto con Milano al desiderio di “na tazzulelle e’ cafè” al bar, appena l’isolamento forzato potrà essere solo un ricordo. La nostra intervista alla scrittrice Dacia Maraini.

Maraini, in questo periodo di isolamento forzato quali sono le sue paure e le sue speranze?

Non ho paura della morte ma delle malattie. Vivo sola. Sono abituata ad essere indipendente e non sopporto l’idea di dipendere da qualcuno. 

Come trascorre le sue giornate?

Scrivo per tante ore, come faccio sempre. Per me non è una grande novità stare sola in casa. Però la sera, quando finivo di stare al tavolino, ero abituata ad uscire per andare a teatro, al cinema, a cena con gli amici e questo mi manca. 

Qual è la prima cosa che desidera fare appena potremo uscire e muoverci liberamente?  

Andare al bar a prendere “na tazzulelle e’ cafè” come diceva Eduardo De Filippo. Quel caffè mi ispirerà un senso di libertà ritrovata.

Come si immagina la società post-coronavirus: ne usciremo migliori?

Se sapremo ascoltare le voci della coscienza, ovvero cambiare quel passo che ci stava portando dritti dritti verso il precipizio, potremo cambiare in meglio. Se invece torneremo a fare gli stessi errori, come avvelenare l’aria delle città, riempire il mare di plastica, distruggere le campagne con l’uso indiscriminato di pesticidi, dare fuoco alle grandi foreste, tagliare gli investimenti sulle scuole e sulla ricerca, finiremo con l’autodistruggerci.

A proposito di scuola, cosa ne pensa dello sforzo che gli insegnanti e le famiglie stanno affrontando per non lasciare indietro nessuno? 

Penso che la maggioranza degli insegnanti stiano facendo con molta abnegazione e coraggio il loro dovere. E gli studenti rispondono bene. Più di quanto ci si sarebbe aspettato visto il tanto male che si era detto di loro in questi ultimi anni. La scuola come istituzione purtroppo non funziona, ma la rete degli insegnanti che vi si dedicano con passione e senso di responsabilità, funziona meravigliosamente

Che effetto le fa il pensiero che tante persone se ne stiano andando senza l'ultimo saluto dei propri cari e senza un funerale?

Mi strazia vedere quelle immagini di dolore. Persone che tirano l’aria coi denti, persone che sanno di morire senza potere salutare i propri cari, è una cosa disumana. Mi ricorda una leggenda giapponese che racconta come in un piccolo paese tanto povero che a stento la gente riusciva a sopravvivere, quando una persona invecchiava e non produceva più, i figli stessi la accompagnavano sulla cima del monte Narayama e la lasciavamo lì a morire di freddo e di fame. Era crudele ma tutti lo accettavano, perché non si potevano permettere di accudire e nutrire i loro vecchi. Noi stiamo facendo lo stesso. Però noi non siamo un povero paesello ottocentesco disperato per la fame; siamo un paese industriale, potente e ricco che pretende di praticare la democrazia, ma invece stiamo andando velocemente verso la pratica della ballata del Narayama.

Che rapporto ha con Milano e che effetto le fa vedere la città sospesa? 

Ho tanti amici a Milano e ho il mio editore, ovvero tante persone che lavorano per la Rizzoli e a cui sono legata. A quanto mi dicono i milanesi stanno reagendo bene, salvo naturalmente quei vigliacchi che approfittano della situazione per rubare e ricattare. Ma sono una minoranza e vengono condannati dai più.

Se dovesse consigliare una lettura ai nostri studenti quale sarebbe e perché?

Consiglierei di leggere i classici. Se un romanzo supera varie generazioni vuol dire che ha in sé la capacità di comunicare al di là della sua epoca, vuol dire che tocca delle sensibilità universali. In questo periodo di solitudine vorrei ricordare che con un libro non si è mai soli: i personaggi ci vengono a trovare, ci danno emozioni, ci fanno partecipi dei loro piaceri e dei loro dolori, diventano parte di noi e questo aiuta a non perdersi d’animo