Il rapporto tra ambiente, economia e diritti costituzionali è al centro del dibattito odierno, specialmente dopo le revisioni agli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana.
La professoressa Camilla Buzzacchi, ordinaria di diritto costituzionale e pubblico e direttrice del dipartimento di scienze Economico-Aziendali e diritto per l’economia Di.SEA.DE presso il nostro ateneo, ha esplorato questi temi nel suo recente articolo "Attività economiche e ambiente nel prisma (o mantra?) della sostenibilità" pubblicato nella Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti (AIC).
In questa intervista, abbiamo chiesto alla professoressa riflessioni sulle implicazioni delle modifiche agli articoli della Costituzione, il bilanciamento tra libertà economiche e tutela ambientale e il ruolo delle istituzioni in una politica sostenibile.
Professoressa Buzzacchi, quali sono le principali implicazioni delle modifiche costituzionali sugli articoli 9 e 41 per la sostenibilità?
L’esplicito riconoscimento del bene "ambiente" nella Costituzione rappresenta un’assunzione di responsabilità più stringente da parte delle istituzioni pubbliche e dell’intera società. Se prima le tematiche ambientali erano già accolte implicitamente nell’ordinamento giuridico, ora il riconoscimento esplicito apre la strada a interventi giudiziari volti a sanzionare azioni e, in particolare, attività economiche dannose per l’ambiente. L’ambiente diventa così un parametro giuridico esplicito, in grado di orientare le decisioni dei giudici, anche se la sua tutela deve essere bilanciata con gli altri valori protetti e promossi dalla Costituzione.
Il concetto di "utilità sociale" è stato arricchito dai fini ambientali. Cosa comporta questo in concreto?
L’utilità sociale è sempre stata una clausola flessibile, capace di adattarsi alle esigenze ritenute di interesse collettivo. Quando è stata inserita nella Costituzione oltre settant’anni fa, rispondeva a bisogni di giustizia sociale legati alla ricostruzione post-bellica. Oggi, con l’evoluzione economica e culturale, include anche i temi ambientali. La centralità delle questioni ambientali influenza profondamente il concetto di utilità sociale, che continua a perseguire obiettivi di equità e giustizia sociale. In questo contesto, la tutela ambientale diventa un requisito fondamentale per garantire equità tra i popoli, le generazioni e gli individui.
Il bilanciamento tra ambiente e libertà economica è una questione cruciale. Quali sono le sfide principali?
È ormai evidente che il modello produttivo del secolo scorso, focalizzato su uno sviluppo basato esclusivamente su logiche economiche, ha generato profondi squilibri sociali e ambientali. Questo modello, che si muove al di sopra delle singole nazioni, ha effetti sull’ambiente che i singoli Stati non sono in grado di gestire da soli. Oggi, la libertà per gli operatori economici di organizzare le proprie attività deve confrontarsi con l’urgenza di salvaguardare l’ambiente.
Bilanciare questi interessi richiede un intervento coordinato che coinvolga giudici, politici e attori di mercato. La creazione di valore economico deve conciliarsi con altre istanze, in un equilibrio complesso nel quale non è mai scontato quale diritto debba prevalere.
Il concetto di “generazioni future” è emerso come elemento centrale nella narrazione della sostenibilità. Come vede il rapporto tra diritti delle generazioni presenti e responsabilità verso quelle future nel quadro costituzionale?
L’articolo 9 della Costituzione introduce un nuovo soggetto, le generazioni future, stabilendo una responsabilità chiara per i cittadini del presente nel conservare le risorse ambientali nei confronti di tali generazioni. Si può dire che tale principio si estende anche ad altre politiche pubbliche, ora chiamate a tenere in considerazione gli interessi delle successive generazioni: la “sostenibilità” vale ora in ambiti come la finanza, i diritti lavorativi e previdenziali, promuovendo una visione di solidarietà intergenerazionale.
Tuttavia, in Italia, si registra una diffusa disattenzione verso queste tematiche, con effetti preoccupanti come la denatalità e l’emigrazione giovanile, fenomeni, evidenziati anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che nel messaggio di fine 2024, aveva sottolineato l’urgenza di politiche che bilancino i bisogni attuali con quelli delle generazioni future.
Come possono le istituzioni pubbliche guidare il cambiamento verso un modello economico sostenibile?
Le istituzioni pubbliche hanno il potenziale per fermare modelli economici insostenibili e proporre soluzioni innovative, sia per i consumi che per le scelte produttive. L’Unione Europea ha già intrapreso un percorso coraggioso con il Green Deal e il programma “Fit for 55”, indicando una direzione chiara. Tale prospettiva europea dovrebbe spingere le politiche nazionali a favorire attività economiche più rispettose dell’ambiente, anche se ciò comporta scelte difficili e costose.
Tuttavia, molte aziende resistono a questi cambiamenti, e spesso le classi politiche europee assecondano tali posizioni, ignorando gli effetti negativi del mantenimento del modello economico attuale e se sia da considerarsi effettivamente idoneo nei confronti dei “futuri” a cui consegneremo la nostra “casa”.
Si può aggiungere, però, che, oltre alle istituzioni pubbliche, tutti gli attori della società possono offrire un contributo fondamentale: dall’economia al sistema educativo e di istruzione, dal mondo della ricerca scientifica fino ai singoli utenti e consumatori, le scelte quotidiane di ciascuno possono svolgere un ruolo decisivo nel promuovere il cambiamento, rendendolo un obiettivo condiviso dall’ordinamento europeo e dalla Repubblica, composta da istituzioni e cittadini responsabili.
Guardando al futuro, quale sarà il ruolo della sostenibilità nella Costituzione italiana?
L’auspicio è che la sostenibilità diventi un criterio vincolante per i legislatori, chiamati a tenere conto in ogni politica pubblica dei precetti degli artt. 9 e 41, sia a livello nazionale che regionale.
Anche se prima della revisione costituzionale del 2022 il vincolo dell’interesse ambientale era già considerato operativo, la sua esplicita integrazione nella Carta fondamentale rappresenta ora un richiamo costante a orientare ogni azione pubblica verso la prospettiva della tutela dell’ambiente.
Del resto, una delle più importanti eredità del Piano di Ripresa e Resilienza è proprio quella di coniugare ogni decisione con l’obiettivo di preservare l’ambiente.
Affinché ciò avvenga, è essenziale che la coscienza civica collettiva si orienti sempre più verso una cultura della sostenibilità, accompagnata da trasformazioni tecnologiche e sociali.