Coronavirus, l’antidoto contro i rischi economici? "La resilienza delle imprese" - Bnews Coronavirus, l’antidoto contro i rischi economici? "La resilienza delle imprese"

Coronavirus, l’antidoto contro i rischi economici? "La resilienza delle imprese"

stock-exchange-3087396_1920_0.jpg

Il nuovo Covid-19 preoccupa e i rischi non riguardano solo la nostra salute. Borse europee in rosso. Per il settore turistico già si parla di crisi. Timori per lo stop di una parte della produzione cinese. “I tempi e le modalità della ripresa dipenderanno da come il nostro Paese sfrutterà la sua capacità di resilienza” spiega la professoressa Piergiovanna Natale del Dipartimento di Economia, metodi quantitativi e strategie d’impresa (Dems) e studiosa del Cefes – Center for european studies dell’Università di Milano-Bicocca.

Professoressa, come stanno rispondendo i mercati al Coronavirus?

Tutte le borse europee hanno risposto negativamente nell’immediatezza della notizia della diffusione del contagio nel nostro paese. Questo infatti costituisce il primo caso di diffusione importante della malattia al di fuori dell’Asia. La risposta dei mercati riflette preoccupazioni reali per l’andamento delle economie globali che vanno ovviamente oltre quanto sta accadendo nel nostro Paese. Il Coronavirus pone delle sfide perché ha effetti avversi sia sulla domanda che sull’offerta nei mercati globali.

Cosa sta accadendo invece all'economia reale del nostro Paese? 

L’estendersi del contagio al nostro Paese ha effetti sia sul lato dell’offerta che sul lato della domanda. Le necessarie misure di contenimento del contagio se protratte nel tempo possono comportare un rallentamento delle attività produttive che possono innescare fenomeni di sostituzioni dei fornitori. Come sappiamo la domanda estera è una componente importante della domanda rivolta alle imprese del nostro paese e una eventuale difficoltà a rispettare tempi e modi di consegna potrebbe portare a sostituire fornitori nazionali con fornitori esteri. Questo potrebbe valere anche per imprese nazionali operanti in parti del paese non interessate dal contagio. A questo si deve aggiungere che la preoccupazione per la presenza della malattia e le stesse misure di contenimento del contagio portano ad una caduta di domanda che per ovvi motivi è concentrata in alcuni settori e possono quindi innescare situazioni di crisi settoriali. Questo potrebbe essere il caso del settore turistico nell’eventualità in cui il perdurare delle limitazioni porti ad una riduzione degli afflussi di stranieri contestualmente ad una ridotta mobilità verso l’estero dei cittadini italiani. Tuttavia è importante sottolineare che l’entità delle conseguenze economiche dell’estendersi del contagio al nostro paese molto dipenderà dal tempo entro il quale riusciremo a vedere quel contenimento o riduzione del contagio che renderà possibile lo smantellamento delle limitazioni alla mobilità ora in atto. Più rapidamente torneremo alla “normalità” e meno persistenti saranno gli effetti delle limitazioni in cui stiamo incorrendo oggi.

Quanto conta il fatto che al contagio sia esposta la parte più produttiva del nostro Paese?

In questi giorni leggiamo spesso che il fatto che al contagio sia esposta la parte più produttiva del paese possa costituire un aggravante per il sistema italiana. Personalmente credo che accanto alla preoccupazione ora ricordata, si debba sottolineare che proprio il fatto che le regioni colpite dal virus siano tra le più produttive dell’intera Europa ci conforta della loro resilienza e capacità di reagire alle situazioni di crisi.

In che modo incide l’arresto di una parte della produzione cinese sulla nostra economia?

L’arresto della produzione in Cina ha ripercussioni globali dettate dalla complessità delle catene di fornitura che caratterizzano le economie contemporanee. Molti economisti attribuiscono alla crescente integrazione della Cina nell’economia mondiale la significativa riduzione dell’inflazione che abbiamo sperimentato negli ultimi due decenni in Occidente. Se questa integrazione subisse importanti interruzioni, potremmo vedere emergere di nuovo pressioni inflazionistiche. D’altro canto, se l’economia cinese subisce una importante battuta d’arresto, questo potrebbe avere effetti deflattivi anche per l’Occidente. Queste considerazioni valgono anche per il nostro Paese.

Quali sono i rischi per il Pil del nostro Paese?

Durante la riunione del G20 a Riad nel week-end, il Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha affermato che l’impatto del coronavirus sul Pil dell’Italia potrebbe essere di oltre lo 0,2 per cento. Ma ha anche ricordato l’importanza di azioni di politica economica coordinate tra paesi se al risolversi della crisi non si assistesse ad una rapida riprese delle economie. Ci ha quindi ricordato come resti fondamentale avviare una riflessione sulle misure di politica economica richieste per rispondere alla situazione prospettate, riflessione che deve svolgersi in chiave europea.
Come fatto dal Governatore Visco, si possono dare indicazioni sull’impatto potenziale del coronavirus; in questo momento è difficile quantificare appropriatamente le conseguenze della diffusione del contagio nel nostro paese.

Quali sono i tempi ipotizzabili per una ripresa?

Anche per quanto riguarda i tempi della ripresa, credo che sia azzardato da parte mia fare previsioni; in larga parte i tempi dipenderanno dalla resilienza che le imprese e il sistema nel suo complesso dimostreranno.