Negli ultimi anni, i comportamenti autolesivi e il suicidio tra adolescenti e giovani adulti sono diventati una della emergenze più urgenti in ambito sanitario. Secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità, in Europa il suicidio rappresenta la terza causa di morte nella fascia di età 15-29 anni.
Per rispondere a questa criticità, l’ATS Brianza ha promosso una conferenza sulla salute mentale sui temi del rischio suicidario e i comportamenti autolesivi negli adolescenti e giovani adulti, che si è tenuta il 27 ottobre a Monza presso il dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Milano‑Bicocca, campus di Monza.
L’iniziativa si è aperta con i saluti istituzionali di Paola Palmieri, direttore generale di ATS Brianza,e di Giuseppe Carrà, direttore del dipartimento di Medicina e chirurgia e pro-rettore ai Rapporti con il sistema sanitario e alla salute.
L’obiettivo era di offrire aggiornamenti sugli approcci diagnostici e terapeutici più recenti, promuovere la condivisione tra professionisti psichiatri, neuropsichiatri, psicologi clinici e stimolare la creazione di percorsi più efficaci di prevenzione.
Abbiamo chiesto ai promotori un approfondimento su questo tema sempre più cruciale per la salute pubblica.
Dottoressa Palmieri, perché è importante organizzare la Conferenza annuale della Salute Mentale come momento di confronto fra specialisti dei servizi della salute mentale?
La realizzazione della Conferenza sulla Salute Mentale è un compito istituzionale delle ATS ed è uno degli strumenti utili al percorso di coordinamento degli interventi sul territorio in ambito di Salute Mentale, ambito che riveste un ruolo di cruciale importanza nella programmazione degli interventi sanitari, sociosanitari e sociali a livello nazionale, regionale e locale.
Nello specifico l’argomento individuato per la Conferenza del 2025 rappresenta attualmente una condizione di emergenza riconosciuta in aumento a livello mondiale.
Negli ultimi anni anche nei Servizi del nostro territorio si è assistito ad un incremento del tasso complessivo dei comportamenti autolesivi che hanno richiesto cure mediche urgenti nei soggetti della classe d’età 10-29 anni. In riferimento ai suicidi, invece, l’incidenza risulta abbastanza stabile nel tempo ed in linea con quella nazionale, ma con riferimento alla fascia 10-29 anni si evidenzia come terza causa di morte.
La Conferenza ha rappresentato un fondamentale momento di interscambio tra professionisti che, con il contributo di esperti psichiatri, neuropsichiatri e psicologi clinici, hanno l’occasione di confrontarsi sui principali fattori di rischio e le strategie di prevenzione e presa in carico sia in acuto che in ambulatorio.
Professor Carrà, che ruolo può avere l’università in questa rete?
L’Università ha una triplice funzione rispetto ad un tema importante come quello del rischio suicidario tra i giovani. Anzitutto, una funzione formativa nei confronti dei nostri studenti e specializzandi, per favorire e promuovere conoscenze e competenze utili al riconoscimento precoce del disagio psichico.
In secondo luogo, l’attività di ricerca, di cui l’Università deve essere il principale promotore, può aiutarci a meglio comprendere le cause sottostanti al disagio giovanile e quali siano le strategie più efficaci per la prevenzione di comportamenti a rischio.
Infine, attraverso l’attività di terza missione, l’Università ha il compito di trasferire le conoscenze maturate in ambito clinico e di ricerca al di fuori del contesto accademico, favorendo la divulgazione, la collaborazione con il territorio e lo sviluppo sociale e culturale della comunità di cui facciamo parte.
Relatore dell’incontro anche il professore Vladimir Carli, associato di psichiatria e direttore del National Centre for Suicide Research and Prevention of Mental Ill-Health (NASP) presso il Karolinska Institutet (Stoccolma, Svezia).
Professor Carli, quali sono oggi le principali sfide e le strategie più efficaci per la prevenzione del suicidio in adolescenza?
Il tema del rischio suicidario negli adolescenti è un tema di rilevanza globale, ma che ha dei punti in comune tra i vari Paesi.
Bisogna tenere a mente che i fattori di rischio e di protezione per il suicidio identificati negli adolescenti si sovrappongono in larga misura a quelli osservati negli adulti.
Diversi elementi più tipici dell'adolescenza possono amplificare l’impatto di questi fattori, tra cui la capacità individuale di adattamento, la presenza di relazioni familiari e tra pari disfunzionali, e le esperienze di vittimizzazione e bullismo. Diversi programmi di prevenzione del suicidio giovanile hanno dimostrato un impatto positivo su tali fattori e, conseguentemente, sulla riduzione del rischio suicidario.
Tuttavia, la ricerca suggerisce che non è possibile prevedere chi svilupperà comportamenti suicidari e quindi collocare pazienti in categorie di rischio. Per questo motivo, è fondamentale adottare interventi preventivi scalabili, accessibili a un’ampia popolazione, indipendentemente dalla presenza o meno di fattori di rischio identificati.
Tra gli interventi più promettenti ed efficaci, ci sono programmi scolastici di sensibilizzazione e di formazione delle competenze degli insegnanti. L’implementazione di tali interventi nei setting scolastici sarebbe pertanto altamente raccomandata, anche in Italia.
All’evento ha inoltre partecipato il professor Francesco Bartoli, Direttore della Scuola di Specializzazione di Psichiatria dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Professor Bartoli, perché è importante un evento su un tema così delicato come il rischio suicidario tra adolescenti?
Perché si tratta di una problematica quanto mai attuale. I comportamenti autolesivi e suicidari compaiono sempre più precocemente, già nelle prime fasi dell’adolescenza. Richiedono pertanto una presa in carico tempestiva, così da poter modificare le traiettorie e l’evoluzione dei disturbi sottostanti. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che tutti gli attori coinvolti, clinici, operatori sanitari, ricercatori e rappresentanti del territorio, collaborino in modo integrato, condividendo esperienze e conoscenze.
Eventi come questo rappresentano quindi un’importante occasione di confronto e sintesi, utile a individuare e consolidare le migliori prassi di prevenzione e gestione di una problematica che ha un impatto sempre più significativo dal punto di vista epidemiologico e sociale.
