Con la pandemia vola l’ecommerce. Cosa ne sarà delle vendite tradizionali? - Bnews Con la pandemia vola l’ecommerce. Cosa ne sarà delle vendite tradizionali?

Gli acquisti online degli italiani durante il lockdown hanno fatto registrare un'impennata, con punte del +115 per cento nei settori dell'health care e alimentare. A cambiare non sono solo le abitudini di consumo, ma anche la struttura della rete distributiva e così neppure il commercio sarà più quello di una volta dopo il Coronavirus.
Prima della pandemia, molte persone non avevano mai preso in considerazione la possibilità di far spesa online: dopo aver scoperto che basta qualche click per avere la dispensa piena, torneranno più indietro? Lo abbiamo chiesto al professor Angelo Di Gregorio, docente di Management dell’Università di Milano-Bicocca e  direttore del centro di ricerca CRIET

La pandemia ha comportato un boom dell'e-commerce: secondo lei sarà possibile tornare indietro?

È difficile immaginare come reagiranno gli italiani e in che percentuali potranno rivolgersi nuovamente al commercio tradizionale oppure all’e-commerce. Di sicuro la variazione percentuale delle vendite e-commerce dal 17 febbraio all’8 marzo è oscillata fra un +45 per cento e un +115 per cento (soprattutto nell’alimentare e nell’health care) con un trend tutto in salita, ma di certo con la progressiva riduzione del lockdown anche gli acquisti nei canali tradizionali riprenderanno. Anche perché nei comparti dei beni di consumo non durevoli, alcuni hanno registrato un crollo davvero drammatico come tutti hanno potuto osservare (trasporti, hotel and catering) e ci vorrà tempo per ritornare a valori pre-crisi, ma hanno avuto perdite di fatturato importanti anche altri comparti (Furniture, electric appliances, house maintenance; entertainment, culture, education; clothing and footwear) che si riprenderanno più velocemente e soprattutto con il canale di vendita tradizionale.
Di sicuro, gli italiani hanno scoperto l’e-commerce e non si ritornerà a una normalità come la conoscevamo prima e ci sarà un cambiamento anche nella struttura della rete distributiva. Prima dell’emergenza, il commercio online copriva una quota modesta dei consumi: ora ci sarà un più ampio ricorso a questa forma, con una crescita graduale, ma continua fino ad un allineamento con le quote che tale forma di distribuzione registra già oggi ha all’estero.
Il fenomeno della crescita dell’e-commerce non riguarderà solo quei target che per cultura e professione sono facilitati nell’utilizzo di internet anche per gli acquisti quotidiani, ma anche target più maturi, come le persone più anziane, che si sono dovute organizzare per farsi portare la spesa a domicilio. Persisterà comunque una importante differenza fra le grandi aree urbane e i centri minori, dove permane una organizzazione della vita sociale fondata sui rapporti personali.

Quali categorie seguiranno maggiormente questa spinta?

 
Molti italiani hanno sperimentato nel periodo di quarantena i vantaggi del food delivery, ma più in generale di rivolgersi all’e-commerce per i prodotti di consumo quotidiano.
L’e-commerce avrà uno sviluppo anche per quelle categorie merceologiche che in precedenza non erano prese in considerazione dai consumatori per gli acquisti online. Se il ricorso all’on line è da considerarsi molto diffuso per prodotti di tipo tecnologico e i device informatici, acquistati non solo da chi aveva una maggiore familiarità con la tecnologia, la vera novità è che la modalità di acquisto online da questo momento sarà sempre più sperimentata per categorie di prodotti anche molto diverse sia di uso quotidiano, sia di beni durevoli come elettrodomestici e arredamento.
Anche per quanto riguarda l’intrattenimento e gli audiovisivi, tutta una serie di attività che si svolgevano offline si sono trasferite sulla rete. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: i media e le piattaforme di contenuti in streaming hanno iniziato ad aumentare l’offerta di servizi sia gratuiti, sia a pagamento. Tutto il mondo degli eventi per diverso tempo continuerà ad utilizzare la rete come medium. Si noti che a fronte di pubblici che fruiscono molto di più di internet e media tradizionali, la maggioranza delle imprese ha investito meno in comunicazione. Ciò è dovuto probabilmente a una minore disponibilità di risorse, ma si tratta di un errore strategico in quanto si riduce il contatto, la relazione di marca, con il target di riferimento.

Il consumatore, secondo lei, sarà più attento agli acquisti “sostenibili”?
 

L’attenzione allo sviluppo sostenibile è di sicuro un elemento sempre più spesso preso in considerazione dai consumatori, ma che al tempo stesso non di rado hanno comportamenti contraddittori. Sposare in pieno i principi dello sviluppo sostenibile comporta anche una serie di rinunce da parte del consumatore. Siamo sicuri noi tutti di essere disposti a minori standard di vita? Piuttosto sui consumi avrà un significativo impatto la minore disponibilità di reddito generata dalla perdita del lavoro per molte persone o dal ricorso alla cassa integrazione. Di conseguenza ci sarà una maggiore attenzione sugli acquisti. La maggiore consapevolezza negli acquisti, più che dà una spinta valoriale ed etica, sarà probabilmente determinata da un fattore economico.

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