Dopo aver affrontato il gender gap dal punto di vista della matematica, proseguiamo il discorso cambiando leggermente la prospettiva disciplinare. Una dottoranda, Chiara Anselmo, al secondo anno del corso in Fisica e Astronomia (XV ciclo) di Milano-Bicocca ci ha raccontato le sue emozioni dopo la vittoria del premio Milla Baldo Ceolin per la sua tesi in fisica teorica.
Dottoressa Anselmo, ci parli di questo premio
Il premio è intitolato Women in theoretical physics, ed è dedicato a Massimilla Baldo Ceolin, che è stata una figura importante non solo in quanto fisica, ma anche come donna, come ci hanno raccontato durante la cerimonia. Io la conoscevo di nome, perché è abbastanza popolare tra noi fisici, ma non conoscevo i risultati che aveva raggiunto né perché fosse rimasta nella storia. Ci hanno detto dei vari tentativi che ha fatto per essere riconosciuta per i suoi risultati e per la sua ricerca e per ottenere un posto come professore universitario di Fisica: è stata la prima donna ad ottenere una cattedra all’Università di Padova, nel 1963. La parte che mi è rimasta impressa è quando ci hanno letto un brano autobiografico in cui raccontava di come le era stato preferito un collega uomo per una posizione accademica perché lei in quanto donna, con dei figli e una famiglia, doveva già sentirsi realizzata. In seguito non soltanto è diventata direttore del Dipartimento, ma anche una dei nomi più importanti in Italia nella fisica delle particelle elementari. Alcune delle cose che raccontava della sua vita sono ancora di attualità oggi, c’è ancora molta strada da fare sul terreno della parità nelle STEM. Questi premi sono importanti perché incentivano un cambiamento nella mentalità delle persone.
Le è mai capitato nel suo percorso di percepire un gap di genere?
All’università non mi è mai successo, e posso dire di aver un’esperienza piuttosto ampia perché ho fatto la triennale a Napoli, la magistrale a Roma e il dottorato lo sto facendo a Milano: in nessuno dei tre posti ho mai percepito una disparità. Mi è successo invece prima di cominciare l’università perché il mio professore di matematica e fisica al liceo mi aveva sconsigliato di fare fisica, mi ha detto che ero più indicata per le discipline umanistiche, nonostante avessi i voti più alti della classe in matematica e fisica, questo discorso ai miei compagni maschi non lo ha fatto. Da quello che ho imparato, il gender gap in fisica non è particolarmente evidente fino al dottorato; il salto si sente nel passaggio dal dottorato alla docenza. Forse oggi non si tratta tanto di una mentalità apertamente discriminatoria, però risentiamo ancora di stereotipi interiorizzati, che poi nel momento decisivo ci fanno prendere strade diverse, o ci fanno credere meno nelle nostre possibilità rispetto ad un compagno maschio.
E il premio come è arrivato?
Quando ho presentato la tesi, il mio relatore mi ha consigliato di applicare per questo premio, e poi nel luglio 2025 mi è stato comunicato che avevo vinto, sebbene la mia tesi non fosse di fisica teorica in senso stretto: era incentrata sui buchi neri e abbracciava diversi settori della fisica. È stata una bella esperienza la giornata della premiazione perché ho anche avuto modo di parlare con le altre ragazze che lo avevano vinto, ho provato ammirazione nei loro confronti, e mi ha fatto piacere trovarmi in un gruppo di sole ragazze che avevano ottenuto lo stesso risultato, tutte erano fiere di mostrare quello che avevano fatto e ho sentito di appartenere al gruppo come non mi succede solitamente.
Anche nel dottorato si occupa dei buchi neri, come è nato questo interesse?
La mia passione per questo argomento è nata molto tempo fa, quando andavo ancora al liceo. Guardavo documentari di astronomia, di astrofisica, e un giorno ho scoperto il mistero di quegli oggetti così strani ma anche paradossalmente così semplici, perché alla fine, pur nella loro complessità, sono descritti da pochi parametri. Mi hanno sempre affascinato per la loro essenzialità ed eleganza e quando nel 2019 ho visto la prima immagine di un buco nero mi sono commossa mentre seguivo la call: è stato quello il momento in cui ho deciso di iscrivermi a Fisica e questa passione per i buchi neri anche in seguito non mi ha più abbandonato.
Ci sono delle ricadute, delle possibili applicazioni nello studiare una realtà così distante da noi?
Il movente principale è costituito dal comprendere le leggi della natura, questo poi ha delle ripercussioni sulla conoscenza che abbiamo anche nella vita di tutti i giorni, a volte le ripercussioni non si prevedono inizialmente, per esempio, oggi non avremmo il GPS se Einstein non avesse formulato la relatività generale. In questo momento l’astrofisica delle onde gravitazionali è ancora nel pieno del suo sviluppo, quindi le conseguenze probabilmente verranno tra qualche anno.
Idee per il futuro?
Ancora non ne ho, sicuramente un’opzione è restare in ambito accademico se fosse possibile, perché potrei continuare a studiare le cose che mi piacciono… però non escludo a priori altre strade; quando arriverà il momento di pensarci seriamente, dovrò fare una scelta: so di persone che hanno accettato posizioni in aziende, magari nel settore ricerca e sviluppo in aziende tecnologiche, ma anche lavorare nel campo dell’intelligenza artificiale non mi dispiacerebbe, l’importante è che sia qualcosa di stimolante intellettualmente. Comunque nella mia vita non c’è solo la fisica, mi piacciono anche tante altre cose.