Bonfanti: «Verso una nuova normalità. Ma attenzione a definire Omicron un raffreddore» - Bnews Bonfanti: «Verso una nuova normalità. Ma attenzione a definire Omicron un raffreddore»

Bonfanti: «Verso una nuova normalità. Ma attenzione a definire Omicron un raffreddore»

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«Ci troviamo in una fase nuova, in cui i vaccini hanno realmente cambiato la storia. Affronteremo i prossimi mesi con maggior serenità». Ne è convinto Paolo Bonfanti, infettivologo di Milano-Bicocca e direttore del reparto di Malattie infettive del San Gerardo di Monza, ma attenzione a paragonare il Covid-19 all’influenza: «sui mass media vengono dette inesattezze anche da chi si occupa della malattia per professione: non bisogna banalizzarla – aggiunge Bonfanti – anche se rispetto alle scorse settimane, difficili e faticose, ci stiamo avviando verso una nuova normalità».

È merito anche delle misure di contenimento?

Sicuramente le misure che hanno incentivato le vaccinazioni, anche nei bambini, e le misure di mitigazione, come la mascherina all’aperto, hanno avuto un impatto. Dall’altra parte, la variante Omicron è talmente contagiosa che ha raggiunto in modo capillare una gran parte della popolazione. A un certo punto un calo dei contagi è normale: le persone suscettibili diminuiscono perché già ammalate o perché vaccinate.

C’è chi afferma che oggi, con i vaccini, la mortalità del Covid sia simile a quella dell’influenza: è così?

Assolutamente no. Oggi abbiamo una mortalità che nei pazienti ospedalizzati è circa dell’8-10 per cento. Non si tratta del 20 per cento della prima ondata ed è inferiore al 12-14 per cento delle ondate successive, ma rimane una mortalità importante. Anche quando vi erano ondate epidemiche, l’influenza non ha mai determinato una mortalità paragonabile al Covid. Dire che questo virus si sta trasformando in un raffreddore più grave è un errore.

Chi sono i ricoverati della quarta ondata?

Possiamo distinguere tre tipologie. I non vaccinati che affrontano una malattia del tutto sovrapponibile a quella delle altre ondate, con insufficienza respiratoria molto grave: si può trattare di persone anche giovani, intorno ai 50 anni. Anche se non abbiamo ancora dati definitivi, sembrerebbe che con la variante Omicron anche questi pazienti presentino un rischio inferiore di finire in rianimazione rispetto alle varianti precedenti. La maggior parte dei ricoveri in terapia intensiva che abbiamo in questa quarta ondata è ancora per la variante Delta.
C’è poi una buona fetta di persone vaccinate ma che non hanno completato il ciclo con la dose booster che sono più suscettibili a Omicron. Si tratta di anziani, sopra i 70 anni, con altri problemi di salute.
La terza categoria è rappresentata dai cosiddetti Covid “incidentali”, persone che arrivano in ospedale per altre malattie e che in pronto soccorso scoprono di avere l’infezione da Covid asintomatica. Questa categoria rappresenta circa il 20 per cento dei ricoverati. Si tratta di un elemento di novità rispetto alle altre ondate.

I “positivi incidentali” vengono conteggiati tra i malati Covid?

Su questo c’è una discussione a livello nazionale, Regione Lombardia chiede di conteggiarli in modo diverso. Questi pazienti richiedono una gestione specifica: dal punto di vista organizzativo hanno un impatto rilevante. Per il futuro dovremo trovare forme di gestione efficaci perché Covid non scomparirà e dobbiamo evitare la chiusura di interi reparti.

Come andranno gestiti questi pazienti?

Occorrerà fare in modo che ogni reparto abbia al suo interno stanze di isolamento da dedicare ai positivi incidentali, così che l’attività del reparto possa proseguire normalmente. Per il resto, continueranno a esserci i malati con polmonite Covid, che dovranno essere gestiti nei reparti di malattie infettive o in pneumologia.

Molti pazienti guariti da Covid accusano disturbi anche a distanza di tempo, in questi casi si parla di “Long covid”: cosa ne sappiamo oggi?

Ad oggi, possiamo affermare che chi ha avuto il Covid in maniera grave presenta un rischio più elevato di avere sequele più importanti della malattia come disturbi di tipo polmonare, deficit di forza e astenia.
Riguardo alle sequele di tipo neurologico, come la difficoltà di concentrazione o la perdita della memoria, la demarcazione tra malati gravi e meno gravi è meno netta e va ancora studiata fino in fondo.
Un altro sintomo che può perdurare dopo la malattia è la perdita di capelli che, per quanto non grave, può avere un impatto psicologico importante sul paziente.

Cosa ancora non sappiamo di questa sindrome?

Rimane un ambito di ricerca importante. Vogliamo studiare in modo più approfondito chi ha avuto il Covid paucisintomatico, con cure domiciliari. Ma anche altre tipologie di malati come i bambini o gli adolescenti. Anche se, in questi casi, si intersecano tutta una serie di problematiche legate al Covid ma che non dipendono tanto dal virus, quanto dalle misure che hanno determinato l’isolamento e la conseguente perdita della socialità: è provato che questi fattori hanno delle ricadute importanti sui giovani.

Quanto durano i disturbi?

Per quello che abbiamo osservato finora, anche fino a un anno. Un altro aspetto che abbiamo notato è che, a fronte di una una buona fetta di persone che presenta uno o più di questi sintomi già quando viene dimessa, ci sono invece persone in cui i sintomi insorgono solo in un secondo momento, successivo alla dimissione.

Fronte vaccini ci aspetta la quarta dose?

L’EMA ha autorizzato la quarta dose per gli immunodepressi: nei casi in cui il sistema immunitario non funziona adeguatamente ha senso fare richiami periodici. Per persone con sistema immunitario normale non è ancora stata provata la necessità della quarta dose.
È da considerare l’ipotesi che in futuro sia necessario fare un richiamo vaccinale che tenga conto delle nuove varianti. La ricerca sta andando avanti anche con un filone tutto nuovo per ottenere vaccini diversi da quelli attuali - che determinano la produzione di anticorpi antispike – si sta cercando un vaccino che abbia quindi un altro bersaglio e che sia protettivo in modo più definitivo.