L'allevamento intensivo che sta preoccupando il mondo si trova in Cina, è stato soprannominato Pig Palace ed è un grattacielo di 26 piani con al suo interno 600 mila suini. La struttura si trova nella periferia di Ezhou, nella provincia di Hubei, a pochi chilometri da Wuhan, la città in cui è stato riscontrato per la prima volta il Covid-19.
Da quando ha aperto nell’ottobre del 2022 non si placano le preoccupazioni degli esperti per il rischio di epidemie, nonostante i controlli all’interno della struttura che prevedono sistemi per la ventilazione e la temperatura e un rigido protocollo per i dipendenti in ingresso e in uscita.
Abbiamo chiesto ad Antonio Torsello, docente di farmacologia, di fare il punto della situazione.
Professore, come stanno le cose? Esiste il rischio reale che si verifichi un problema per la salute umana?
“L’argomento degli allevamenti intensivi è estremamente importante, ed esistono possibili danni per la salute umana, nonché sociali e ambientali, ognuno dei quali ha influenza sugli altri. A titolo di esempio il rischio di antibiotico-resistenza, l’impoverimento della qualità delle carni con la selezione di tipologie di animali a crescita molto rapida, la penalizzazione del benessere animale.
Non è una questione filosofica: l’affollamento provoca una serie di effetti negativi fisici e psicologici, che a loro volta causano una diminuzione drastica delle difese immunitarie. Per evitare che le infezioni si trasmettano da un animale all’altro e a tutto l’allevamento, i mangimi sono generalmente addizionati di antibiotici, ma questo contribuisce a selezionare batteri resistenti agli antibiotici, che in alcuni casi possono infettare anche le persone che macellano gli animali o a tutti quelli che manipolano le carni prima di cuocerle. L’OMS lancia spesso allarmi a proposito dell’antibiotico-resistenza: stiamo combattendo una battaglia contro batteri sempre più resistenti agli antibiotici, e questo fenomeno è in larga parte generato proprio dagli allevamenti intensivi. Il problema sta diventando sempre più preoccupante, perché il numero degli allevamenti intensivi aumenta costantemente. Inoltre non va dimenticato che tutti gli allevamenti intensivi consumano grandi risorse idriche, e generano grandi problemi di inquinamento.
La popolazione mondiale è in continua crescita, la richiesta di carni rosse, pollame e pesce aumenta in maniera spasmodica. Abbiamo tutti certamente visto le immagini degli allevamenti di polli con decine di migliaia di animali in un capannone, forse abbiamo meno coscienza dei tanti allevamenti di pesci (salmoni, branzini, orate e molti altri dei pesci che finiscono sulla nostra tavola provengono da allevamenti intensivi) nei quali i problemi sono sempre gli stessi: pericolo di infezioni, carenza di spazio, scarso benessere animale.
Nel caso del Pig Palace possiamo dire che ha fatto notizia per le sue dimensioni incredibili. In questa realtà, con standard industriali elevati, la parte peggiore riguarda proprio il benessere animale e i problemi che ne potrebbero derivare anche per la salute degli esseri umani.
L’approccio industriale dovrebbe permettere – il condizionale è d’obbligo - di tenere sotto controllo i problemi di sicurezza, ridurre al minimo il rischio di epidemie e l’impatto ambientale, perché se eventualmente una malattia entrasse in allevamento, lo si verrebbe a sapere con un possibile intervento tempestivo delle autorità sanitarie.”
Zoonosi: cos’è?
“Le zoonosi sono malattie virali e batteriche che si diffondono dagli animali all’uomo. L’esempio più drammatico è il virus Ebola, che è un virus che normalmente colpisce i gorilla ma in alcune condizioni si trasmette all’uomo, e poi da uomo a uomo. Anche SARS-CoV-2, che tutti ben conosciamo, potrebbe essere passato dai pipistrelli all’uomo. Purtroppo la sempre maggiore necessità di produrre carni sta portando a distruggere gli ecosistemi in cui vivono alcuni animali che normalmente non avrebbero contatti con l’uomo. I loro virus e batteri, in questi contatti forzati, possono fare il salto di specie e diventare patogeni anche per l’uomo. L’influenza aviaria è una zoonosi di cui hanno tutti paura. Colpisce gli uccelli, prima di tutto quelli selvatici, ma nonostante le misure di sicurezza contagia anche gli allevamenti di volatili. In questo caso l’unica possibilità è abbattere tutti gli animali di quell’allevamento. Purtroppo gli allevamenti spesso sono a poca distanza uno dall’altro, e il virus si diffonde con gravi conseguenze per gli allevatori. Il pericolo è rappresentato dal fatto che il virus dell’influenza aviaria può colpire anche l’uomo, e si temono conseguenze che potrebbero diventare difficili da controllare.“
È possibile garantire una dieta sana per una popolazione futura di 10 miliardi di persone rispettando le soglie di sostenibilità del pianeta?
“La situazione è complessa e richiede un approccio globale e integrato che richiederà cambiamenti significativi nelle nostre pratiche alimentari e nell'agricoltura. Vi sono aree geografiche come l’Asia in cui la crescita demografica è enorme, altre come l’Europa in cui la popolazione è quasi stabile.
Un recente studio dei ricercatori del National Center for Scientific Research (Cnrs) realizzato in collaborazione con alcune università europee (l’Universidad Politecnica de Madrid, la Chalmers, University of Technology di Gothenburg, l’University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna), con il Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea e con l’Ispra, sostiene come “nel 2050 il biologico potrebbe riuscire a sfamare tutta la popolazione europea”.
Per garantire una dieta sana per una popolazione futura di 10 miliardi di persone, dobbiamo adottare pratiche agricole sostenibili, la riduzione degli sprechi alimentari, la promozione di diete basate su alimenti vegetali e la riduzione del consumo di carne.
Per garantire che queste pratiche siano adottate a livello globale, saranno necessarie politiche pubbliche e azioni di collaborazione tra governi, industria alimentare, agricoltori e consumatori. Inoltre, sarà necessario affrontare le disuguaglianze alimentari per garantire che tutte le persone abbiano accesso a cibi sani e sostenibili.
E’ un obiettivo a cui bisogna assolutamente puntare.”
In generale l’impatto degli allevamenti sia sull’ambiente che sulla salute umana è un tema fortemente dibattuto e sempre più decisivo. Quali sono le alternative?
“In Europa e in Nord America dovremmo cercare di potenziare i programmi che aiutino la popolazione ad adottare una dieta più sana. Il nostro problema non è più la fame, ma è diventato l’eccesso di calorie. Nel mondo occidentale vi è ormai una vera e propria epidemia di obesità, mangiamo troppo e mangiamo male. L’OMS ha recentemente lanciato un allarme a proposito dell’eccessivo consumo di carni rosse e dei suoi effetti negativi sulla salute umana.
Il legame tra salute e alimentazione è oggetto di ricerca in tutto il mondo, coinvolgendo a doppio filo l’industria alimentare e quella farmaceutica. Quali saranno le conseguenze sulla nostra salute individuale e quanto a lungo il sistema attuale sarà sostenibile per la società solo alcune delle sfide più importanti da vincere per il nostro futuro su questo pianeta.
In realtà basterebbe semplicemente mangiare seguendo quei consigli che i nutrizionisti provano a darci da decenni: mangiare seguendo una dieta varia e equilibrata, la famosa dieta mediterranea. Ridurre l’eccessivo consumo di proteine animali ha molti vantaggi, sia per la salute umana che per l’ambiente. Non è sempre facile, molto spesso siamo influenzati dai messaggi pubblicitari, mangiare nei fast-food è facile ed economico, al supermercato un intero pollo allo spiedo costa quasi come una busta di insalata. Dobbiamo imparare a fare scelte più ponderate a proposito di cosa mangiamo, perché ne va della nostra salute e di quella dei nostri cari.”