La SIF-Società italiana di fisica ha assegnato ex-aequo il premio Enrico Fermi 2022 a Giorgio Benedek, professore emerito di Milano-Bicocca, e Jan Peter Toennies, professore emerito del Max-Planck-Institut di Göttingen. Questa la motivazione: “Per i loro studi pioneristici, sperimentali (JPT) e teorici (GB), degli effetti dinamici alla scala atomica sulla superficie dei solidi tramite lo sviluppo della spettroscopia ad alta risoluzione basata sulla diffusione di atomi di elio".
Al professor Giorgio Benedek abbiamo chiesto di ripercorrere per noi la nascita dei suoi studi che sono origine del premio di oggi e che verrà consegnato nel corso della seduta di inaugurazione del 108˚ Congresso Nazionale della Società, a Milano, il 12 settembre 2022.
Professore, qual è il suo campo di studio?
Facciamo prima un passo indietro, partendo dalle origini. Nei solidi ci sono due ingredienti fondamentali, i nuclei degli atomi, sistemati in un reticolo cristallino, e gli elettroni che circondano i nuclei. Entrambi si muovono e la loro dinamica è regolata dalla meccanica quantistica. In particolare i nuclei si muovono determinando le vibrazioni reticolari, e i loro quanti si chiamano fononi. È grazie a diverse tecniche spettroscopiche che possiamo conoscere la dinamica sia degli elettroni sia dei nuclei. Le vibrazioni dei nuclei all’interno di un solido sono misurate mediante la diffusione inelastica di neutroni lenti. La misura dei cambiamenti di energia e momento dei neutroni che urtano i nuclei fornisce l’energia e il momento delle vibrazioni. L’invenzione di questa spettroscopia fruttò a Bertram Brockhouse e Clifford Shull il premio Nobel per la fisica 1994. Vi sono però vibrazioni localizzate alla superficie dei solidi, che dominano nelle nanostrutture, e che i neutroni lenti praticamente non vedono, essendo la loro probabilità di centrare un nucleo molto piccola.
Per questa ragione Peter Toennies ed io sviluppammo la spettroscopia delle vibrazioni superficiali, usando come proiettili gli atomi di elio. A differenza dei neutroni, gli atomi di elio sono respinti dagli elettroni che ricoprono la superficie del solido, e le vibrazioni sono rivelate grazie al trasferimento di energia e momento dagli elettroni di superficie ai nuclei vicini. Tale trasferimento è reso possibile dall’interazione tra elettroni e nuclei (interazione elettrone-fonone), fondamentale interazione che sta alla base della resistenza elettrica, della superconduttività, e di altri effetti sui quali si basano molte tecnologie di oggi. La diffusione inelastica di atomi fornisce pertanto una misura diretta di tale interazione, e per questa ragione la sua importanza è stata apprezzata in tempi recenti.
L’anno decisivo per il suo lavoro fu il 1973, proprio alla Scuola Enrico Fermi…
Sì, dopo il mio lavoro di tesi, utilizzando la teoria di Cabrera, Celli e Manson del 1971, intuii la possibilità di misurare le curve di dispersione fononiche superficiali utilizzando lo scattering di atomi di elio. Presentai il mio lavoro teorico, ove combinavo la teoria dello scattering con una nuova teoria delle vibrazioni di superficie, proprio alla scuola Enrico Fermi organizzata dalla SIF a Varenna nel 1973. Ed è lí che incontrai Peter Toennies, neo-direttore al Max-Planck-Institut SF di Gottingen, chimico di formazione ed esperto di getti supersonici di atomi, che venne a Varenna come “studente”, ascoltò le mie lezioni e, con non poca incoscienza, le prese sul serio. Quando nel 1980 Peter completò la costruzione del primo spettrometro a elio, mi chiamò a Göttingen. Vi andai con i miei programmi di calcolo e una terribile paura che qualcosa andasse storto. Ma tutto funzionò a meraviglia, e iniziammo a lavorare insieme. Da allora non abbiamo più smesso!
Quali caratteristiche deve avere un giovane studente per diventare uno scienziato, un fisico nello specifico, di successo?
Quando Friedrich Hund, uno dei pionieri della fisica atomica (che i miei studenti di Struttura della Materia conoscevano per via delle sue famose tre regole della fisica atomica: massimo spin, massimo momento angolare, ma direzioni opposte), compi i 90 anni, gli chiesi: quali sono le sue tre regole per giungere alla sua età in così perfetta forma? Risposta: do things with the maximum spin; follow things of maximum momentum; but go in the opposite direction! Ossia, fa le cose con il massimo coinvolgimento, con un occhio a quelle che hanno più risonanza, ma va nella direzione opposta! Prendi strade diverse, sii originale! Osservando le ottime carriere di molti miei ex-studenti, oso pensare che abbiano fatto proprie le tre regole di Hund. Naturalmente la terza regola comporta dei rischi, ad esempio quello di pensare molto e pubblicare poco, ma valga il motto virgiliano della nostra Università: Audentes fortuna iuvat. E nel prendere nuove strade, è bene saper fiutare quello che verrà dopo e scegliersi buoni compagni di viaggio.
A questo proposito, si parla spesso di scienza come “frutto di sinergia di molti, più che scoperta del singolo”. Lei concorda con quest’affermazione e se sì, quanto questo aspetto è stato importante per lei?
È fondamentale! Anzitutto, occorre la sinergia tra teoria ed esperimento: teorici e sperimentali devono imparare a parlarsi e scambiare informazioni e competenze. Idealmente quindi, lo scienziato dovrebbe essere un “teorico da laboratorio”. Questa però è solo la sinergia più semplice, ce n’è una molto più importante: l’interdisciplinarietà. Questa comporta di vedere, per esempio, cosa la fisica - ma vale per ogni materia di ricerca - può fare in un campo affine ed eventualmente in altri completamente diversi, spingendosi dove si vuole. Quindi mi sento di consigliare ai giovani studenti: affacciatevi all’interdisciplinarietà, non chiudetevi ma guardate nell’orto del vicino, senza competizione ma anzi facendovi affascinare da altre discipline. La scienza è sempre più un’attività collettiva e globalizzata, che supera differenze ideologiche e politiche d’ogni tipo, governata da un codice etico fondato sull’onestà intellettuale, il reciproco rispetto, la conoscenza condivisa e verificabile, e un linguaggio comune. Qualunque strada prendiate, per quanto ardua, non sarete soli!
Una divisione, quella tra due culture – umanistica e scientifica – che esiste ancora?
Va detto prima di tutto che è una separazione priva di senso. Storicamente si è sempre verificata in epoche di grandi trasformazioni economiche e sociali, avendo spesso come presupposto lo scontro tra progresso e conservazione. Si pensi alla controriforma riguardo alla rivoluzione scientifica, o allo scontro tra l’idealismo nostrano di Croce e Gentile e la nuova rivoluzione scientifica tra fine ‘800 e primo ‘900, all’insegna di meccanica quantistica, relatività, evoluzione biologica, etc., peraltro egregiamente rappresentate dall’Istituto di Studi Filosofici e dalla sua rivista Scientia, guidati dal grande matematico Enriques. Mentre quell’istituto e la sua rivista incarnavano nel nome e nei fatti l’unità del sapere, Croce e Gentile muovevano all’assalto dei ‘dilettanti e ingegni minuti’ che scrivevano su Scientia: pensate, erano Mach, Poincaré, Carnap, Cassirer, Rutherford, Lorentz, Russell, Einstein! Fortunatamente, dal dopoguerra in poi, si sta superando sempre più questa concezione. Un episodio chiave in questo senso fu la celebre lezione del chimico e letterato inglese Charles Percy Snow - tenutasi all’Università di Cambridge il 7 maggio del 1959 - intitolata proprio ‘Le Due Culture’. In essa, lo scienziato si scaglia contro la divisione tra i due saperi, sollevando così il velo sul grande problema di incomunicabilità tra questi mondi, ancora non completamente superato. La nostra università si distingue per numerosi progetti interdisciplinari, uno per tanti quello della scienza dei materiali per i beni culturali. Siate curiosi, visitate i nostri laboratori, e vi si aprirà un mondo!
Foto: il prof. Giorgio Benedek riceve il diploma di "emerito" nel 2016 dall'ex rettrice e ora Ministro, M.C.Messa