MUST, una Summer School per diventare esperti in mobilità e sicurezza stradale - Bnews MUST, una Summer School per diventare esperti in mobilità e sicurezza stradale

MUST, una Summer School per diventare esperti in mobilità e sicurezza stradale

MUST, una Summer School per diventare esperti in mobilità e sicurezza stradale
Auto

Sappiamo davvero come funziona il nostro cervello quando ci spostiamo? Siamo consapevoli di quello che può succedere al nostro corpo nel corso di un incidente stradale? A queste domande risponderanno, attraverso approfondimenti scientifici dedicati, i docenti della Summer School MUST (Mobility Urban Safe and Training) dell’Università di Milano-Bicocca. Le attività si svolgeranno dal 18 al 23 settembre, non a caso in concomitanza con la Settimana europea della mobilità sostenibile. Per iscriversi c’è tempo fino al 30 giugno.

Incontriamo Matteo Colleoni, direttore della Summer School e delegato della Rettrice per la Sostenibilità.

La proposta formativa della terza edizione di MUST presenta un ampliamento contenutistico. Quali sono, nel dettaglio, le novità?

Abbiamo concepito, in particolare con la professoressa Emanuela Bricolo, moduli specificatamente dedicati alla psicologia della guida, agli aspetti comportamentali e ai processi cognitivi coinvolti nelle dinamiche della mobilità. La soglia di attenzione diminuisce nella fase di movimento. Quando ci spostiamo, infatti, il nostro campo visivo penalizza quello che succede ai nostri lati, aumentando per le persone in movimento la probabilità di collisione laterale, per esempio negli attraversamenti.

Un ulteriore arricchimento arriva dalla collaborazione con due specialisti della chirurgia maxillo facciale: Giorgio Novelli dell’Ospedale San Gerardo di Monza, ricercatore presso il nostro Ateneo, e Gabrielle Canzi dell’Ospedale Niguarda. Ricordiamoci che anche un movimento molto lento di un veicolo a motore può causare al pedone o al ciclista un danno serio, come una frattura. Senza casco, una semplice caduta dalla biciletta può provocare traumi gravi alla testa, coinvolgendo i nostri organi sensoriali: naso, orecchie, occhi, bocca… per non parlare delle conseguenze sul cervello. A questo proposito, riteniamo molto importante accrescere la consapevolezza sulla necessità del casco integrale, appositamente concepito per la biciletta, in grado di limitare i danni, proteggendo anche il naso, la mascella e le arcate dentarie.

Il professor Alessandro Abbotto, docente di Chimica organica, affronterà invece il tema delle peculiarità dei motori elettrici e a idrogeno e delle loro conseguenze sulla sicurezza della mobilità. Infine, si conferma la consueta, fruttuosa collaborazione con gli esperti del settore: Polizia Stradale e UNASCA, l’Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica.

Un approccio multidisciplinare, quindi, per permettere ai partecipanti della Summer School di raggiungere una lettura sfaccettata del tema. In quale contesto si inserisce la scelta di un corso dedicato alla sicurezza stradale?

Per una visione della sicurezza a 360 gradi lavoriamo con colleghi, professionisti, psicologi, medici e membri di altri enti che, partecipando come docenti, apportano un contributo sostanziale e indispensabile alla comprensione di una tematica complessa.

L’iniziativa si inserisce nella cornice più ampia degli obiettivi del PNRR. Ricordo che l’Università di Milano-Bicocca fa parte del Centro nazionale per la mobilità sostenibile MOST e affronta il tema della mobilità locale sostenibile, accessibile e sicura anche nell’Ecosistema MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action) di cui è ente capofila.

Con INAIL Lombardia, inoltre, condividiamo l’avvio di un’importante collaborazione sul tema della sicurezza stradale che, tra i diversi interventi, approccia anche quello della formazione.

Verso quali destinatari e interlocutori si indirizza la Summer School?

Il corso si rivela estremante proficuo per tutti, dagli studenti universitari alle varie categorie di professionalità coinvolte a vario titolo nel campo della mobilità, dalle associazioni automobilistiche alle organizzazioni del trasporto pubblico e privato: autisti e conducenti, formatori e insegnanti, gestori, esperti di urbanistica.

Sarebbe poi particolarmente interessante collaborare con i dirigenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, per strutturare una necessaria attività di formazione rivolta alla prevenzione degli incidenti che sempre più spesso vedono coinvolti i più giovani, in auto e in moto.

Concentriamoci sul futuro della mobilità. Cosa ci aspetta?

L’obiettivo dell’Unione europea è arrivare ad una riduzione drastica degli incidenti: zero morti sulla strada nel 2050. È un obiettivo non facile da raggiungere, sebbene la crisi pandemica abbia dimostrato che una riduzione significativa del traffico può portare ad una contrazione significativa degli incidenti e delle loro conseguenze negative in termini di morti e feriti. Con la ripresa della mobilità veicolare privata (con tassi ancora più elevati di quelli già molto sostenuti della fase pre-covid) purtroppo i numeri degli incidenti hanno cominciato a risalire e, con loro, anche quelli dei morti e dei feriti.

Il nostro Paese detiene il triste record del tasso di motorizzazione più elevato d’Europa e possiede un parco veicolare non solo molto consistente ma anche vecchio e inquinante. Tra gli effetti negativi della crisi economica e pandemica registriamo poi l’aumento del mercato dell’usato. Ridurre la quantità di autovetture, in circolazione e in sosta, resta quindi la premessa imprescindibile per abbassare il numero di vittime e di feriti. Nel medio e lungo periodo, un aumento significativo della mobilità attiva a piedi e in bicicletta porterebbe poi a ulteriori benefici positivi.

Pedoni e ciclisti non sono forse i soggetti più deboli sulla strada?

Sicuramente, come noto le conseguenze di un incidente sono sensibilmente più gravi per pedoni e ciclisti che per chi si trova dentro l’abitacolo della macchina. Sebbene gli incidenti coinvolgano innanzitutto i conducenti di veicoli a motore (autovetture e motociclette), le loro conseguenze negative in termini di ferimenti e morti colpiscono di più i soggetti deboli della strada, pedoni e ciclisti. Le cause principali degli incidenti sono l’eccesso di velocità, il mancato rispetto della distanza di sicurezza e delle altre regole basilari del Codice della strada. In generale, è auspicabile un maggiore rispetto per chi non si sposta in automobile, sebbene anche i pedoni debbano migliorare la loro mobilità utilizzando correttamente i sistemi di attesa e di attraversamento pedonale. Aggiungo che la mancanza di un sistema, capillare e opportunamente separato, di percorsi riservati alla micro-mobilità resta un enorme punto debole e un problema, anche, urbanistico.

Riflettiamo su alcuni dati relativi all’incidentalità nel 2021, in attesa di quelli del 2022. Il tasso di mortalità annua in Svezia era di 18,5 morti per milione di abitanti. In Germania 30,9 mentre 45 è il dato francese. In Italia abbiamo avuto 48,6 morti per milione di abitanti, con una riduzione fino al 40,3 a seguito della pandemia.

Se consideriamo invece un arco di tempo più lungo, per esempio gli ultimi vent’anni, il tasso di mortalità è fortunatamente sceso grazie a diversi fattori, l’inasprimento delle sanzioni ma anche il progressivo sviluppo dei sistemi di sicurezza sulle autovetture, come i moderni sensori di movimento e sosta.

L’uso del cellulare come agisce sui nostri processi cognitivi?

È una delle principali cause di disattenzione, sui veicoli a motore ma anche in bicicletta e a piedi. Quando parliamo al telefono inevitabilmente la nostra attenzione cala e si è più lenti nel riconoscere i segnali di pericolo nell’andamento veicolare. Costretti ad avere una vita sempre più frenetica e multitasking, come si dice oggi, il nostro livello di attenzione nello svolgimento delle attività è drammaticamente calato. Un’interessante indagine ISTAT ha misurato nel 2014, su un campione di persone occupate, il tempo dedicato nell’arco della giornata a svolgere contemporaneamente più attività: 2 ore e 50 minuti al giorno per i maschi e 3 ore e 11 minuti per le femmine. Negli ultimi 15 anni la percentuale del tempo giornaliero utilizzato per fare più cose contemporaneamente è cresciuta dal 29 al 31% per le donne mentre per gli uomini dal 27 al 29%. Una tendenza generale che non muove certo a favore dell’attenzione e soprattutto della qualità di vita delle persone.