Una Università giovane basata sulla ricerca: a 20 anni dalla fondazione, ripercorriamo alcune delle linee-guida che hanno creato alla Bicocca una formula di successo. Quali sono gli ingredienti alla base di una performance di rilievo nazionale e internazionale? Lo abbiamo chiesto al professor Gianfranco Pacchioni, prorettore alla Ricerca del nostro Ateneo.
Vent’anni di ricerca scientifica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca: professor Pacchioni, qual è a suo avviso il valore aggiunto apportato dalla Bicocca nel panorama della ricerca milanese e italiana?
È un contributo importante sia sul piano locale, sia a livello nazionale: in questi anni abbiamo infatti portato avanti numerose iniziative di ricerca con altre Università milanesi grazie a progetti regionali e bandi promossi da Fondazione Cariplo e altri enti finanziatori, sviluppando un’interazione molto positiva. Abbiamo contribuito al successo del sistema universitario milanese con vari vincitori di Grant ERC, il Consiglio europeo della ricerca. Infine, proprio quest’anno ben otto Dipartimenti sui 14 totali del nostro Ateneo sono stati inseriti fra i Dipartimenti di eccellenza italiani e questo è un risultato ci rende orgogliosi, un ulteriore riconoscimento della qualità della ricerca nella nostra Università, anche perché copre aree disciplinari molto diverse.
In che modo la ricerca si è trasformata in un elemento fondante dell’identità di questo Ateneo ancora così “giovane”?
La nostra è davvero una Università giovane con i suoi 20 anni di età, ma vorrei sottolineare come sia giovane anche anagraficamente – se consideriamo l’età media delle persone che lavorano qui – almeno relativamente ad altri Atenei con una storia più lunga della nostra. Tipicamente l’attività di ricerca è condotta in modo più intenso da docenti e ricercatori che stanno vivendo la prima fase della propria carriera accademica, sulle ali dell’entusiasmo e con meno impegni istituzionali e gestionali. Una buona performance complessiva nell’ambito della ricerca scientifica è legata anche a questa nostra peculiarità demografica. Essere più giovani significa anche essere più dinamici.
Qual è il ruolo dei giovani che si sono appena affacciati o vogliono entrare nel mondo della ricerca?
È un ruolo fondamentale e l’Ateneo dedica particolare attenzione ai più giovani, ai dottorandi e agli assegnisti di ricerca, per dar vita a un percorso formativo che prepari ad affrontare il mondo produttivo ma anche ad essere dei buoni ricercatori. Un esempio fra i tanti è l’istituzione del premio “Giovani talenti”, ma ci sono anche altre iniziative a supporto dei ricercatori più giovani.
Le attività di formazione e ricerca condotte dall’Ateneo hanno ricadute positive e tangibili anche sul territorio?
Assolutamente sì: in questi anni abbiamo portato avanti un grande numero di iniziative in questo senso. Oltre alla ricerca di base, è stata infatti costantemente potenziata la valorizzazione della ricerca e delle sue ricadute sul territorio, con iniziative interessanti dall’impatto molto positivo come Innovation Pub, iBicocca, Bbetween e tante altre. Questo ha aiutato a far crescere una cultura dell’innovazione.
Cosa si augura per il futuro della ricerca scientifica in Italia? E per i prossimi 20 anni di ricerca all’Università di Milano-Bicocca?
Ciò che posso augurarmi è di migliorare ancora e – più che sulla quantità – punterei molto su un miglioramento qualitativo della ricerca e delle pubblicazioni con un occhio di riguardo al loro impatto internazionale. Mi auguro infine che possiamo riuscire a mantenere i livelli elevati dei primi anni: l’età media del personale come dicevo prima aumenterà, comportando il rischio di un relativo rallentamento dei ritmi della produzione scientifica. Sono però convinto che il lavoro svolto in questi primi 20 anni costituisca la base per fare dell’Università di Milano-Bicocca un grande Ateneo che vedrà consolidare e migliorare le proprie azioni e la propria reputazione nei prossimi 20 anni.