Venerdì 30 maggio, in occasione del Bicocca Music Festival, si esibirà in “Una Cosetta Così”, Gianluca Picariello, noto a tutti come Ghemon. Il suo spettacolo, sempre in continua evoluzione, mira alla coesistenza sullo stesso palco di musica, storytelling e stand-up comedy. Gli abbiamo fatto qualche domanda per sapere cosa dobbiamo aspettarci dal suo spettacolo e per farci raccontare quella che sembra una vera e propria svolta artistica.
Gianluca, partirei da una domanda che ti hanno già fatto sicuramente in tanti ma che vista la tua storia e il tuo spettacolo del 30 maggio qui in Bicocca devo necessariamente porti: come sei arrivato a decidere di deviare il tuo percorso dalla musica alla stand-up comedy? Sempre se di deviazione si tratta.
Non so se si tratta di deviazione o se sto affrontando il prosieguo della strada precedente. Sicuramente, a un certo punto del mio percorso artistico, c’è stata da parte mia la chiara decisione di intraprendere questa strada: non è un caso né il risultato di un periodo eccezionale; è piuttosto un fatto concreto perché seguo la stand-up comedy in modo scrupoloso da molti anni. Grazie a questa fruizione continuativa di spettacoli e dopo i miei ultimi due dischi ho sentito che i tempi fossero maturi per cominciare a fare un po' di prove di avvicinamento fino a quando, con l’aiuto del comico Carmine Del Grosso con cui ho scritto lo spettacolo, ho realizzato che la possibilità di inserirmi in questo tipo di concept non fosse solo una fascinazione iniziale ma un fatto concreto. Dopo questa presa di coscienza la situazione si è fatta tanto seria al punto da essere arrivati a più di quaranta date di “Una cosetta così” da circa un anno a questa parte. Il progetto ha ancora grandi possibilità di essere perfezionato per il futuro e posso dire quindi di sentirmi molto nuovo in questo momento.
Hai parlato di avvicinamento al mondo della stand-up. Prima di scrivere "Una cosetta così" ti è capitato di partecipare ad alcune rassegne o hai rotto subito il ghiaccio con lo spettacolo che stai portando in giro per l'Italia?
Ho cominciato ad esibirmi ad eventi di open mic, in giro per Milano, principalmente tra gennaio e febbraio di due anni fa senza sponsorizzare la cosa da nessuna parte perché sarebbe stato come bluffare: non avrebbe avuto infatti alcun senso avere un pubblico a favore o a sfavore; se fossero venuti ad assistere alla mia esibizione persone che già mi conoscono e che magari avrebbero preferito che io cantassi, probabilmente avrei fatto molta fatica perché non mi sarei potuto concentrare sui piccoli errori che si manifestano per legge di natura durante i primi spettacoli di open mic e che sono peraltro necessari per aggiustare il tiro nelle performance successive. Rivendico quindi la modalità quasi segreta con cui ho cominciato e ti confesso che mi piacerebbe poter mantenere sempre questa dimensione di verità, per me giustissima, ma uso il condizionale perché a lungo andare rischierei di remare contro me stesso e il mio successo. Devo ancora capire se ricercarlo o se sia preferibile per me rimanere in quel limbo che mi permetta di performare in un posto in cui nessuno mi conosce (ride).
Hai notato una differenza, in termini di interazione con il pubblico, tra performance musicale e teatrale? Qual è il tuo rapporto con il "nuovo" palcoscenico?
Il pubblico è sicuramente diverso e anche la modalità di stare sul palco è differente, così com’è differente l’interazione. La musica, che può avere anche la funzione di colmare i vuoti nei momenti di silenzio, non c’è sempre, quindi il rischio che si senta tutto è sempre molto elevato. Sto imparando tutto da capo e questa nuova condizione mi piace molto perché mi permette di sperimentare. È proprio di sperimentazione che ho parlato con il mio staff nel momento in cui abbiamo deciso di accettare l’invito dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, proprio perché, dal punto di vista del pubblico, si tratta per me di un’interazione inedita, un confronto totalmente diverso dal solito. Il 30 maggio non verranno ad assistere alla mia performance solo persone che mi conoscono: ci saranno infatti anche persone che si presenteranno mosse dalla sola curiosità o più semplicemente per capire se la cosa funziona, per vedere se riesco ad arrivare in fondo veicolando loro le mie emozioni. Insomma, la premessa di sapere chi sono non è necessaria e per me è una sfida affascinante.
Ci sono, secondo te, dei punti di convergenza tra stand-up comedy e rap o derivati, come ad esempio la slam poetry?
I punti di contatto sono infiniti. Pensa che tra le note del telefono ne conservo una che continuo ad aggiornare ogni volta che mi sembra ci sia un nuovo parallelo o un link tra questi due mondi. Stand-up comedy e rap sono infatti arti molto giovani e molto simili che si fondano sulla parola e sull’interazione; rispetto, infatti, ad una semplice canzone che tende a cristallizzarsi una volta composta, c’è invece una parte improvvisativa in entrambi i mondi di cui stiamo parlando oltre ad un racconto del presente, dell’attuale. Sia nella comicità che nel rap, poi, il ritmo dei messaggi che si mandano è tutto: si ride, ad esempio, quando il ritmo è giusto. Quando una persona pronuncia una battuta è come se esprimesse un pensiero alla stregua del momento in cui viene pronunciata una rima fatta nel modo giusto. La lista dei punti di convergenza sarebbe comunque lunghissima ed impossibile da sintetizzare in poche righe.
Nella precedente domanda ho menzionato il rap, genere da cui provieni nonostante negli ultimi anni le tue produzioni siano uscite anche per tua stessa ammissione da qualsiasi etichetta o cornice di genere. Ti chiedo come sta la musica italiana o oggi e se c'è qualche artista in particolare che ti senti di consigliare.
In giro c’è tantissima musica con un’offerta spropositatamente maggiore rispetto alla domanda perché la modalità di accesso alla possibilità di fare musica e distribuirla è totalmente diversa anche solo rispetto a dieci anni fa. Ci sono tantissimi ragazzi e ragazze che fanno cose nuove ed estremamente interessanti: difficile citarne infatti uno solo. Negli ultimi tempi ho notato con piacere che come risposta all’incursione del pop più mainstream nel mondo underground, che ha portato molti artisti a dover necessariamente uscire dal contesti più indipendenti, ci sono artiste ed artisti emergenti che hanno cominciato a mettere in atto idee molto creative cercando il più possibile di distinguersi a prescindere dalla hit o comunque dal pezzo confezionato esclusivamente per il successo. Trovo che questo approccio, con lo stato attuale delle cose appena descritto, sia la stella polare da seguire per chi vuole fare musica.
Oggi siamo abituati ad avere un’anteprima per tutto, dalla scaletta di un concerto ad un piatto che gusteremo al ristorante. Per questo spettacolo, hai chiesto espressamente al tuo pubblico di ridurre al minimo le attività dei dispositivi elettronici per mantenere vivo lo spirito della sorpresa. Senza spoiler, cosa dobbiamo aspettarci da "Una cosetta così"?
Tutto vero e fino adesso ha funzionato alla grande. Questo mio invito fa parte del gioco. Se chiedi complicità al pubblico cambia anche la prospettiva perché è più semplice riceverla e rendi il “divieto” meno scioccante. La mia richiesta di spegnere i telefoni o comunque di limitarne le attività ha sicuramente aiutato lo spettacolo ad andare avanti con le sue gambe creando una buona dose di stupore e ricevendo in cambio una spontaneità nella risposta da parte del pubblico stesso altrimenti difficile. Avere un’anteprima per tutto, penso anche alle scalette che vengono rivelate attraverso i social prima dei concerti, è una questione noiosa, soprattutto nell’intrattenimento; preferisco non sapere, fidarmi per poi rimanere piacevolmente sorpreso o meno. Fa parte del gioco! Per rispondere invece all’altra domanda, mi aspetto che “Una cosetta così” vi faccia divertire e anche riflettere (ride). Chi parteciperà allo spettacolo del 30 maggio avrà l’occasione di assistere al debutto anche delle nuove canzoni nei piccoli momenti musicali che ci saranno, sicuramente diverse rispetto a quelle proposte al Castello Sforzesco la scorsa estate, oltre ai tanti nuovi elementi inseriti nello spettacolo che non ha mai sentito nessuno se non io stesso durante le prove. Questa è un’altra bella scusa per poter andare avanti e partorire qualcosa di nuovo di fronte al pubblico dandogli così il più giusto dei battesimi.