“The Ocean Breath”: ricerca universitaria e nautica unite per la conoscenza dell’oceano - Bnews “The Ocean Breath”: ricerca universitaria e nautica unite per la conoscenza dell’oceano

“The Ocean Breath”: ricerca universitaria e nautica unite per la conoscenza dell’oceano

“The Ocean Breath”: ricerca universitaria e nautica unite per la conoscenza dell’oceano
CodeZero Maccaferri Futura

Studiare il "respiro dell’oceano" per comprendere il suo stato di salute: è questo l’obiettivo di The Ocean Breath, il progetto sviluppato al MaRHE Center dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove i ricercatori analizzano le molecole volatili rilasciate dall’ambiente marino, i cosiddetti VOC (Volatile Organic Compounds), che possono diventare veri e propri indicatori della qualità degli ecosistemi oceanici.

Le campagne di monitoraggio si svolgono a bordo di imbarcazioni a vela, sia da diporto sia da regata. Una scelta che permette di ridurre il rumore di fondo generato da inquinanti e di operare in modo sostenibile, raccogliendo dati anche in aree remote. Navigare a vela quindi per ascoltare il respiro dell’oceano e comprendere meglio come cambia il nostro mare.

Luca Rosetti - Credits photo Code Zero | Maccaferri Futura
Luca Rosetti - Credits photo Code Zero | Maccaferri Futura

Tra le collaborazioni attive c’è quella con Maccaferri Futura e lo skipper Luca Rosetti: un’iniziativa che unisce sport di altissimo livello e ricerca scientifica. La barca oceanica Maccaferri Futura, un Class40 da regata oceanica, è stata adattata per fungere da laboratorio galleggiante e sperimentare nuove tecnologie e metodi partecipativi di raccolta dati, con l’obiettivo di migliorare la conoscenza e la tutela dell’oceano. Proprio in questi giorni Luca Rosetti sta raccogliendo dati scientifici con la strumentazione presente a bordo durante la regata Les Sables – Horta – Les Sables, 2.540 miglia nautiche di traversata tra Les Sables d’Olonne, e Horta, nelle Azzorre.

Le attività di The Ocean Breath si estendono anche all’Oceano Indiano, con missioni alle Maldive grazie alla base scientifica MaRHE Center dell’ateneo sull’isola di Magoodhoo, e al Mar Mediterraneo, dove recentemente sono stati raccolti campioni da parte di alcuni studenti del PhD in Marine Sciences: Technologies and Management ospitati a bordo del catamarano One nell’ambito del progetto di citizen science Marine Adventure for Research & Education promosso dalla Fondazione Centro Velico Caprera E.T.S. e da One Ocean Foundation.

Dott. Saliu, come nasce la collaborazione tra l’Università di Milano-Bicocca e il progetto sportivo di Luca Rosetti con Maccaferri Futura? Quali sono gli obiettivi scientifici principali della missione?

Francesco Saliu

La collaborazione nasce da una passione condivisa per il mare, inteso come luogo da vivere, amare e proteggere.
È questo amore per l’ambiente marino il filo rosso che unisce tutti gli attori coinvolti nel progetto: il mare è per noi uno spazio di rigenerazione, un ambiente capace di creare una profonda connessione con sé stessi e con il senso più autentico dell’esistenza.

Siamo persone che vivono la vela a diversi livelli, ma con lo stesso entusiasmo. Un tratto distintivo ci accomuna: ci brillano gli occhi ogni volta che si parla di mare e di navigazione.
Che il mare sia diventato anche parte delle nostre attività professionali è stata quasi una conseguenza naturale di questa passione.

C’è quindi anche una propensione alla condivisione che va ben oltre l’ambito lavorativo, ed è forse questo che ci ha permesso di entrare subito in sintonia, fin dalla prima stretta di mano.
Gli obiettivi scientifici sono ambiziosi e, in parte, anche visionari: stiamo cercando di realizzare qualcosa che non è mai stato fatto prima, ovvero raccogliere dati ambientali complessi, legati alla chimica dell’oceano, a bordo di una barca a vela da competizione. Una sfida tecnica e logistica tutt’altro che semplice, che richiede sperimentazione e adattabilità.

In questa fase stiamo testando diversi materiali e approcci analitici, per capire quali segnali associati al “respiro dell’oceano” possano essere effettivamente rilevati e utilizzati in modo significativo. Parallelamente, lavoriamo per rendere il sistema di campionamento il più semplice, compatto e robusto possibile, adatto alle condizioni estreme della navigazione oceanica.

L’obiettivo finale è: definire metodiche standardizzate che possano essere implementate su strumenti sempre più miniaturizzati e facili da usare, così da estendere la raccolta dati a un numero crescente di imbarcazioni, sia in ambito competitivo sia nella nautica da diporto.
Un passo concreto verso la creazione di una rete diffusa di monitoraggio partecipato, al servizio della ricerca e della tutela dell’ambiente marino.

Attualmente, la raccolta di dati oceanografici da imbarcazioni da regata è già ben sviluppata e performante per alcuni parametri fondamentali, come temperatura, salinità e ossigeno disciolto. Questi dati vengono integrati con le informazioni di navigazione, posizione dell’imbarcazione, batimetria, intensità e direzione del vento, altezza e periodo delle onde, e trasmessi in tempo reale, offrendo un quadro dinamico e aggiornato delle condizioni marine.

Vorremmo estendere queste potenzialità anche alla raccolta di dati relativi ai contaminanti di origine antropica e alle molecole bio-organiche marine, ancora poco rappresentati nelle reti di monitoraggio esistenti.

Quali tecnologie e strumenti di campionamento avete installato a bordo del Class40 e quali parametri state monitorando durante la regata?

Per The Ocean Breath utilizziamo strumenti ad alta tecnologia e metodiche innovative sviluppate in collaborazione con Chromline e SRA Instruments, aziende italiane leader nel settore delle analisi molecolari. A bordo di Maccaferri Futura stiamo testando speciali micro-campionatori diffusivi, progettati per occupare pochissimo spazio e garantire la massima semplicità d’uso, anche durante la navigazione sportiva. I campionatori, dopo l’utilizzo, vengono spediti nei nostri laboratori universitari per l’analisi tramite spettrometria di massa. L’obiettivo a lungo termine è automatizzare l’intero processo, compresa l’analisi e la trasmissione dei dati, attraverso spettrometri di massa compatti e portatili. Per l’elaborazione dei dati stiamo inoltre utilizzando piattaforme open source di Intelligenza Artificiale che consentono di ricostruire reti molecolari sulla base della relazione tra struttura chimica e segnali analitici raccolti.

In che modo i dati raccolti contribuiscono alla ricerca sui cambiamenti climatici e alla comprensione dello stato di salute dell’oceano?

La ricerca sui composti organici volatili (VOCs) emessi dall’ambiente marino è un campo estremamente complesso e ancora poco esplorato, ma di grande rilevanza per la comprensione dell'attuale crisi ecologica. Queste molecole, che includono metaboliti secondari prodotti dagli organismi marini, possono fornire informazioni preziose sulla biodiversità e sugli stress ambientali, diventando potenziali indicatori dello stato di salute degli ecosistemi. Per fare un parallelo con la medicina, così come si possono evidenziare stati di alterazione metabolica e diagnosticare delle patologie, analizzando le molecole presenti nel respiro umano (breath analysis), allo stesso modo i composti volatili rilasciati dagli oceani possono fornire informazioni relative alla fisiologia ambientale.

Il secondo aspetto, ancora più sfidante, riguarda la comprensione dei meccanismi chimico-fisici della biosfera e l’impatto delle attività umane su di essi. In particolare, anche in collaborazione con l’Acquario di Genova, stiamo studiando il ruolo cruciale che il fitoplancton svolge nei cicli biogeochimici, nella formazione del particolato secondario e nella regolazione del clima attraverso l’emissione di VOCs.

Quanto è importante oggi portare la scienza fuori dai laboratori attraverso iniziative di citizen science e collaborazioni con atleti, imprese e reti internazionali?

È fondamentale, soprattutto per le scienze ambientali e la ricerca sulla sostenibilità significa prima di tutto fare divulgazione e sensibilizzazione: si ama e si protegge solo ciò che si conosce.

Lo sport è un ottimo volano per coinvolgere le persone, per evidenziare il legame inscindibile tra uomo e ambiente e per discutere l’impatto delle scelte individuali e collettive che riguardano il vivere sociale e l’uso delle tecnologie. Il nostro obiettivo è di attivare la comunità nautica, e non solo, per contribuire alla protezione dell’oceano, ottimizzare le azioni di conservazione e ispirare innovazioni tecnologiche orientate alla sostenibilità.

Lo sport ha la capacità di unire le persone, anche quando provengono da culture molto diverse, con un linguaggio semplice e immediato. Questa è un'ottima base di partenza anche per costruire gli accordi internazionali , spesso complessi , che possano orientare maggiori investimenti per la tutela del nostro pianeta, la nostra casa comune..

Anche la collaborazione con le aziende è fondamentale, soprattutto con quelle realtà che adottano un modello proattivo e innovativo, capace di“fare sistema” e di anticipare le soluzioni per un futuro sostenibile, anziché attendere passivamente vincoli normativi. E’ auspicabile che il Made In Italy diventi pioniere a livello internazionale di questo modello. La collaborazione con il progetto sportivo di Maccaferri vuole essere un laboratorio di sperimentazione anche in questa direzione.

Quali ricadute vi aspettate da questo progetto per la ricerca universitaria, la formazione degli studenti e le future politiche ambientali europee?

Fare ricerca universitaria e formarsi in ambito scientifico sono esperienze prima di tutto appassionanti e divertenti: significa viaggiare, incontrare persone, confrontarsi con sfide complesse, e soprattutto crescere, superando ogni volta i propri limiti. Spero quindi che direttamente o indirettamente il progetto trasmetta questi valori e ringrazio quindi Bnews per lo spazio concesso e per l’attenzione dedicata a questa iniziativa.

Per quanto riguarda le ricadute sulle politiche ambientali, il progetto The Ocean Breath punta a generare dati utili e significativi in un contesto, quello marino, che per troppo tempo è stato trascurato. La contaminazione ambientale, soprattutto nei mari, è stata a lungo sottovalutata, specialmente durante il boom economico vissuto dalle generazioni precedenti. Basti pensare agli episodi frequenti di spiaggiamento di catrame negli anni ’70 e ’80, o alla crescita esponenziale della presenza della plastica in mare, oggi visibile ovunque: sulle spiagge, nei fondali e persino nelle zone più remote dell’oceano, come confermano anche i racconti dei navigatori oceanici. Tutto questo dimostra che l’idea di una “diluizione infinita” degli inquinanti in mare è un falso mito.

Accanto all’inquinamento visibile esiste però una forma invisibile, rilevabile solo grazie a strumenti analitici sofisticati. Parliamo dei cosiddetti inquinanti emergenti: micro e nanoplastiche, PFAS (sostanze per e polifluoroalchiliche), pesticidi, biocidi di nuova generazione, PPCPs (prodotti farmaceutici e per la cura personale), plasticizzanti e metalli pesanti in forme nuove come le nanoparticelle. La gestione di questi contaminanti richiede un aggiornamento normativo ambizioso, che non può prescindere da evidenze scientifiche solide e aggiornate. Solo così sarà possibile definire priorità d’intervento realmente efficaci.

In questo senso, la nostra attività si collega direttamente ai provvedimenti internazionali in corso, come l’aggiornamento delle convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma, e soprattutto al dibattito attuale presso l’UNEA (United Nations Environment Assembly) per la definizione del Trattato globale sulla plastica (UN Global Plastic Treaty).

Purtroppo, stiamo attraversando una fase storica complessa: a fronte delle tensioni internazionali crescenti, assistiamo anche a un rallentamento nell’implementazione delle politiche ambientali, dopo l’accelerazione impressa dall’Agenda 2030. Abbiamo vissuto anni molto promettenti, che hanno introdotto strumenti normativi importanti come la responsabilità estesa del produttore, la rendicontazione di sostenibilità, l’ecodesign e il rafforzamento della responsabilità sociale d’impresa. Oggi, però, percepiamo una certa fase di stallo, anche all’interno dell’Unione Europea.

Personalmente, trovo ispirazione nel coraggio e nella determinazione di figure come Luca Rosetti e nella straordinaria comunità della vela oceanica italiana. Sono persone che affrontano difficoltà estreme con passione, entusiasmo e grande resilienza. Che vincano o perdano, ripartono sempre con un nuovo progetto, con rinnovato slancio.
Ecco: è proprio questo lo spirito con cui intendiamo proseguire anche nella ricerca.