Scarpe dal kiwi: si può! Dagli scarti vegetali un materiale sostenibile e rispettoso degli animali sviluppato dai ricercatori di Milano-Bicocca - Bnews Scarpe dal kiwi: si può! Dagli scarti vegetali un materiale sostenibile e rispettoso degli animali sviluppato dai ricercatori di Milano-Bicocca

Scarpe dal kiwi: si può! Dagli scarti vegetali un materiale sostenibile e rispettoso degli animali sviluppato dai ricercatori di Milano-Bicocca

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La crescente consapevolezza delle sfide ambientali e sociali legate all'industria della moda e dell'abbigliamento sta portando sempre più aziende a creare prodotti più sostenibili. In relazione ai tessuti, questo significa utilizzare materiali riciclati, biologici o naturali, oltre a ridurre gli sprechi durante la produzione.

Il lino, la canapa, il bambù e il tencel, che viene estratto dalla cellulosa di legno, sono entrati a far parte della produzione industriale.

Inoltre assistiamo allo sviluppo di tessuti sempre più innovativi che utilizzano tecnologie avanzate come materiali a base di alghe, fibril di cellulosa e tessuti riciclati al 100%.

Oltre all'utilizzo di fibre vegetali, particolare rilievo assumono tessuti con proprietà termoregolatrici ricavati dalle ortiche o realizzati con tecnologie di stampa digitale che consente una produzione ambientalmente responsabile e opportunità per migliorare il funzionamento della catena di approvvigionamento.

Sono tutte nuove opportunità offerte ai designer per creare capi di moda unici e funzionali.

Molte di queste soluzioni innovative non sarebbero possibili senza l’inarrestabile studio delle tecnologie di stampa e della scienza dei materiali. Tra i team di ricerca di Milano-Bicocca che sono attivi anche su questo versante c’è il gruppo di ricerca diretto dal professor Roberto Simonutti a cui abbiamo chiesto di esplorare lo scenario dell’utilizzo di scarti alimentari per la produzione di tessuti sostenibili.

“Un aspetto particolarmente importante nello sviluppo di tessuti e materiali sostenibili per la moda” – spiega Simonutti - “è quello dell’utilizzo di scarti dell’industria agroalimentare ed in generale della filiera agricola. La produzione di succhi di frutta, oli vegetali, vino, estratti, salse e piatti pronti, genera un notevole quantità di scarti, che contengono la parte strutturale del frutto o della pianta, ovvero cellulosa, emicellulosa, pectina, lignina ed altri polimeri. Infatti, questi scarti spesso non sono altro che le bucce della frutta o i gambi delle verdure. Pensiamo un momento alla buccia della banana, del pomodoro o del kiwi, qual è la loro funzione? Proteggere la polpa dall’esterno ed evitare che marcisca prima del tempo, ovvero è il packaging che la natura ha sviluppato per la frutta. Se noi riusciamo a riprocessare in maniera opportuna gli scarti vegetali possiamo sviluppare i migliori materiali per il packaging alimentare. Infatti, sarebbero completamente riciclabili e con i tempi di vita degli alimenti.

Queste idee sono state alle base dell’attività di ricerca del mio gruppo negli ultimi cinque anni; con Michele Mauri ricercatore di Milano-Bicocca insieme al gruppo della Dott.ssa. Athanassia Athanassiou e del Dott. Giovanni Perotto, dell’Istituto Italiano di Tecnologia, abbiamo prima sviluppato sperimentalmente e poi pubblicato una serie di protocolli per la fabbricazione di film plastici a parti da scarti di carota, avocado, bucce di patate e d’arancia.

Nel pieno della pandemia, l’eco di questi lavori è arrivata in California, più precisamente a Marina del Rey, dove è la sede di Mink Vegan Shoes, che da più di vent’anni sotto la guida visionaria della CEO, Rebecca Mink, propone scarpe vegane d’alta moda alle celebrities di Hollywood.

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Mink che ha trascorso anni come guardarobiera per le star ed ha voluto unire la sua passione per la moda alla salvaguardia dell’ambiente e l’amore per gli animali, oggi vanta tra i suoi clienti e testimonial Miley Cyrus, Pamela Anderson e Jennifer Lopez. La sua visione imprenditoriale era arrivata ad un punto critico: utilizzando materiali vegetali con caratteristiche simili alla pelle non era soddisfatta delle performance e non li riteneva adatti per calzature fashion di alta gamma, perciò stava cercando dei partner scientifici per sviluppare un nuovo tessuto spalmato a base vegetale (Mink Materials). Ci ha quindi contattati proponendo di sviluppare insieme nuovi materiali di origini vegetale per scarpe, cinture e accessori, utilizzando le nostre metodologie di trasformazione degli scarti. Era un’idea semplice ma allo stesso tempo geniale, avevamo dimostrato che si potevano produrre film per pacciamatura a partire da bucce di avocado, sicuramente si poteva replicare le proprietà del cuoio selezionando gli scarti alimentari più adatti. Abbiamo accettato con entusiasmo la proposta di Rebecca Mink e nell’arco di sei mesi abbiamo messo a punto un processo, in fase di brevettazione entro l’anno, che permette di ottenere dei materiali che replicano in maniera ottimale le proprietà del cuoio. È emerso che le bucce di kiwi forniscono al materiale finale le migliori performance anche se è possibile utilizzare moltissimi altri scarti.”

Ci può indicare i principali elementi che ci aiutano a capire se un prodotto di moda sia sostenibile?

“Certo, ci sono diversi elementi che possono aiutare a capire se un prodotto di moda è sostenibile. Ecco alcuni dei principali:

● Materiali utilizzati: i materiali sostenibili includono tessuti come cotone organico, lino, canapa e materiali riciclati come poliestere riciclato.

● Metodi di produzione: è importante considerare come e dove viene prodotto il capo di abbigliamento e le tecniche utilizzate come la tessitura a mano, la produzione a piccola scala e l’utilizzo di energia pulita.

● Impatto sociale: consideriamo come viene trattato il personale che lavora nella produzione del capo. I produttori sostenibili dovrebbero garantire salari equi e condizioni di lavoro sicure per i loro dipendenti.

● Durabilità: i prodotti sostenibili sono progettati per durare nel tempo, in modo da ridurre l’impatto ambientale del rinnovo continuo del guardaroba.

● Trasparenza: un’altra cosa importante da tenere a mente è la trasparenza delle informazioni fornite dal produttore riguardo alle sue pratiche sostenibili, se ci sono certificazioni o segni distintivi che attestano la sostenibilità dei prodotti.

● Imballaggio: considerare anche l’imballaggio, se è biodegradabile o riciclabile e se la quantità è ottimizzata per evitare sprechi

● Riciclabilità e fine vita: Valutare se il prodotto è facilmente riciclabile o può essere riparato o riutilizzato in futuro.

Tenendo presenti questi elementi, è possibile avere una migliore comprensione dell’impatto ambientale e sociale di un prodotto di moda e prendere decisioni di acquisto più informate.”

Sono sempre più numerose le esperienze di tessuti creati a partire da materie prime inedite, come gli scarti degli agrumi, i fondi di caffè, l’ananas e persino le mele, la sua ricerca va proprio in questa direzione, ci racconti…

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“Effettivamente gli scarti degli agrumi, come la buccia e la polpa, sono ricchi di cellulosa, una fibra vegetale utilizzata comunemente nella produzione di tessuti come il lino e il cotone. Attraverso un processo chiamato “estrazione meccanica”, la cellulosa può essere estratta dagli scarti degli agrumi e utilizzata per produrre una fibra tessile, come nel caso di Orange Fiber.

Anche il fondo di caffè è stato studiato per essere utilizzato per la produzione di tessuti, si può utilizzare la cellulosa presente nella polvere del fondo del caffè per creare una fibra tessile.

Inoltre l’ananas e le mele (Frumart di Appleskin) possono essere utilizzate per produrre tessuti, le foglie vengono lavorate per estrarre una fibra chiamata Piña (Pinatex) o Agave (Desserto), comunemente utilizzata per tessuti come abiti, foulard e cappelli.

Queste ricerche mostrano che è possibile utilizzare scarti alimentari per la produzione di tessuti sostenibili, riducendo così l'impatto ambientale dell'industria tessile. Inoltre, utilizzare scarti alimentari per la produzione di tessuti può anche aiutare a ridurre gli sprechi alimentari e dare una nuova vita a materiali che altrimenti sarebbero stati scartati.

Questi tipi di tessuti hanno anche caratteristiche interessanti come la resistenza all'acqua e al calore, ma ovviamente vanno testati in modo specifico per capire le loro proprietà e resistenza nel tempo.”

A che punto siamo con la reale adozione di tessuti innovativi nell’industria tessile?

“Una delle principali sfide è che spesso questi tessuti innovativi hanno un costo maggiore rispetto ai tessuti tradizionali. C’è ancora una limitata disponibilità di questi tessuti, il che significa che le aziende possono trovare difficile ottenere abbastanza materiale per la produzione di grandi quantità di prodotti.

In questa prospettiva, risulta particolarmente importante che i grandi marchi del lusso si stiamo movendo verso materiali vegani, per esempio Kering (società propretaria di brand quali Balenciaga, Bottega Veneta, Gucci) sta investendo nello sviluppo di un processo biotecnologico per la produzione di materiali vegetali con caratteristiche simili alla pelle. Anche molti stilisti stanno proponendo collezioni vegani, come Stella McCartney. Infatti, per definizione, per i clienti del lusso il costo non è un parametro importante ma lo è la qualità e la filosofia che il capo esprime.

L’alta moda, perciò, può rappresentare la locomotiva per lo sviluppo di nuovi materiali vegani e sostenibili. Inoltre, la mancanza di standard e certificazioni per questi tessuti innovativi può rendere difficile per i consumatori capire se i prodotti sono veramente sostenibili, quindi c'è ancora una necessità di maggiore trasparenza e chiarezza in questo settore.”

Cosa possiamo aspettarci come prossime tappe nel settore dei tessuti fashion sostenibili?

"Penso che vedremo sempre più aziende adottare tessuti innovativi e sostenibili, poiché diventa sempre più chiaro che questo è l’orientamento dei consumatori. Un passaggio importante sarà l’utilizzo sempre maggiore da parte del mondo automotive di materiali sostenibili e vegani. Attualmente infatti è possibile avere interni solo in super cars (per esempio la Porsche Taycan) o concept cars (per esempio la Mercedes elettrica EQXX). Un bene per noi e per il pianeta."