Perché lo studio dei pollini può aiutarci a salvare l'ambiente - Bnews Perché lo studio dei pollini può aiutarci a salvare l'ambiente

Un gruppo di biologi del nostro Ateneo ha appena pubblicato sulla rivista Methods in Ecology and Evolution un articolo in cui presenta i vantaggi di E-PoSa (Electronic Pollen Sampler), uno strumento innovativo per il campionamento dei pollini. Ne abbiamo parlato con il dottor Emiliano Pioltelli, che fa parte del team di ricercatori che l’ha ideato e testato.

(#ChiediloaiPROF - Lorenzo Guzzetti, uno dei ricercatori del team)

Partiamo dal principio: perché è importante oggi condurre uno studio scientifico sui pollini?

L’aspetto più conosciuto al grande pubblico è il declino degli insetti impollinatori, che non sono solo le api da miele, di cui si parla molto, ma anche le meno note api selvatiche - di cui sono presenti in Italia circa mille specie - e gli altri impollinatori in generale: si stima che la riproduzione del 90% delle piante selvatiche dipenda dal servizio ecosistemico di impollinazione degli insetti. L’impollinazione animale ha un ruolo fondamentale tanto per la tutela della biodiversità che per la produzione agricola.

La dieta degli insetti impollinatori è varia, ma polline e nettare rappresentano le due fonti principali di nutrimento: capire la qualità dei pollini di cui si alimentano e il loro impatto nutrizionale è fondamentale per definire il loro stato di salute, proprio come conoscere la nostra dieta è importante per capire il nostro stato di salute. Da questa base si può partire per pianificare azioni di supporto delle popolazioni locali di insetti, per esempio cercando di ridurne lo stress ossidativo causato dall’inquinamento o dall’utilizzo di pesticidi.

Quali sono attualmente i metodi più usati per la raccolta del polline e quali vantaggi comporta lo strumento che avete introdotto?

Alcuni metodi di raccolta prevedono l’estrazione delle antere, gli organi florali che contengono il polline, e una successiva lavorazione per recuperare e isolare il polline. Questo procedimento però può causare delle alterazioni e dei bias nella caratterizzazione nutrizionale; altri metodi invece risolvono questo aspetto, ma al prezzo di una procedura più complessa e lunga in termini di tempo.

Noi siamo andati alla ricerca di uno strumento che facilitasse il processo di raccolta dei pollini e crediamo di averlo trovato. Si tratta di un piccolo aspirapolvere portatile, per uso domestico, a cui abbiamo applicato degli accorgimenti tecnici e dei filtri. Lo abbiamo testato e possiamo dire che non solo funziona bene, ma i benefici sono molteplici: in primo luogo garantisce una maggiore immediatezza, cioè si può campionare direttamente su campo in maniera non distruttiva e ottenere una provetta disponibile subito per l’analisi. In secondo luogo, gli studi scientifici attualmente utilizzano tecniche di raccolta diverse, il che rende più difficile fare analisi comparative, oltre alla difficoltà di fornire un output omogeneo agli stakeholder, che possono essere per esempio Parchi naturali interessati alla conservazione degli impollinatori. Lo strumento che proponiamo potrebbe portare ad una standardizzazione dei metodi di raccolta.

Infine c’è un aspetto da non sottovalutare: la semplicità di utilizzo dello strumento che abbiamo introdotto lo rende impiegabile anche da personale non qualificato, questo ci permetterebbe di coinvolgere semplici cittadini in progetti di citizen science. Basterà dar loro un certo numero di E-PoSa per avere un campionamento a largo spettro di un grande prato o di un parco urbano.

Se lo strumento verrà adottato da altri gruppi di ricerca potremmo creare dataset in cui un gran numero di specie vegetali saranno caratterizzate sulla base dei loro aspetti nutrizionali. Tra l’altro in futuro si potrebbe pensare di produrre lo strumento attraverso applicazioni di stampa 3d. L’accoglienza che abbiamo riscontrato per il momento è stata buona.

Quali scenari possiamo ipotizzare nei prossimi anni per garantire la salvaguardia della biodiversità?

Questa è una domanda molto attuale nel senso che è urgente trasferire la conoscenza scientifica che abbiamo dell’ambiente in un ambito applicativo, ciò significa per noi progettare misure che permettano di conservare la biodiversità. Il processo che è ormai in corso da decenni ci racconta due cose: da un lato abbiamo una forte intensificazione dello sfruttamento agricolo dei suoli, dovuta all’aumento della popolazione, con il conseguente uso intensivo di erbicidi e pesticidi; dall’altro la crescita della popolazione porta ad uno sviluppo ulteriore delle aree urbane e dell’inquinamento. Questi cambiamenti d’uso del suolo, sia nelle aree agricole che in quelle di nuova urbanizzazione, sono quelli che impattano di più sulla conservazione della biodiversità perché distruggono habitat naturali.

Fortunatamente la consapevolezza su questi temi è aumentata negli ultimi anni, sia a livello di opinione pubblica che a livello istituzionale. In Europa verrà messa in atto nei prossimi anni la Nature restoration law. Questa legge stabilisce obiettivi concreti che ogni Paese comunitario dovrà raggiungere in termini di conservazione dell’ambiente e della biodiversità. Ciò significa per esempio una gestione diversa del verde urbano, la creazione di nuovi spazi verdi, il progetto di de-pavimentazione delle piazze in Bicocca ne è un esempio. L’obiettivo è la creazione di aree interconnesse tra loro che possano trasformarsi in corridoi ecologici per lo spostamento e la colonizzazione di impollinatori, uccelli, piccoli mammiferi.

Siamo moderatamente ottimisti perché sempre più si afferma il legame tra biodiversità e salute umana, ben espresso nel concetto “One health: la salute psicologica e fisica umana può realizzarsi solo all’interno di un contesto ambientale integro.