Capire l’evoluzione del linguaggio, nei bambini con impianto cocleare, in rapporto alle informazioni che provengono dai sensi nelle prime fasi dello sviluppo. E come il cervello possa reagire alla deprivazione uditiva sullo sviluppo linguistico. È quanto hanno cercato di fare ricercatori della Scuola IMT Alti Studi di Lucca, dell’Università di Trento e dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con due ospedali pediatrici, il Meyer di Firenze e il Burlo Garofolo di Trieste. Un progetto di ricerca finanziato con un PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) del Ministero dell’Università e della Ricerca e con un Grant di un’azienda attiva nel settore degli impianti cocleari. I risultati sono stati pubblicati in un articolo sulla rivista “Communication Biology” del gruppo Nature. A parlarcene è Elena Nava, professoressa di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione del dipartimento di Psicologia del nostro ateneo.
Elena Nava, come si è svolta la vostra ricerca?
Lo studio ha coinvolto circa cento bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni per studiare quanto il cervello sia “predisposto” a elaborare il linguaggio parlato e quanto invece dipenda dai suoni che riceve dopo la nascita. Per fare questo, abbiamo confrontato bambini udenti e bambini sordi il cui udito è stato ripristinato con l’impianto cocleare, il cosiddetto “orecchio bionico”. Nella pratica clinica, si applica l’impianto cocleare a bambini sempre più piccoli, anche a partire dai nove mesi qualora la sordità sia precoce, come quando insorge alla nascita. Il confronto tra bambini che hanno sentito o meno nelle prime fasi della vita ha permesso di capire quale fosse l’evoluzione del linguaggio in rapporto alle informazioni che provengono dai sensi nelle prime fasi dello sviluppo.
Con quali strumenti è stato realizzato questo studio?
I ricercatori hanno usato tecniche di neuroimmagini elettriche per investigare come l’attività cerebrale dei bambini, misurata mediante elettroencefalografia (EEG), si sincronizzasse con il linguaggio parlato naturale, mentre cioè ascoltavano audiolibri adatti alla loro età. Visto che ascoltare con un impianto cocleare non è come ascoltare con le orecchie, ma è solo una buona approssimazione, un gruppo di bambini udenti di controllo è stato testato mentre ascoltava audiolibri i cui suoni simulavano l’informazione veicolata dall’impianto cocleare.
Quali sono stati i risultati della ricerca?
"I ricercatori hanno evidenziato come i bambini con impianto cocleare sviluppassero capacità di sincronizzazione cerebrale con il linguaggio parlato simile a quella dei bambini normo udenti. E che l’impianto precoce consentisse di mitigare gli affetti del periodo di sordità precedente all’impianto cocleare. Inoltre i ricercatori hanno anche svelato che queste misure di sincronizzazione cerebrale con gli audiolibri fossero in grado di svelare anche aspetti più di alto livello dell’elaborazione del linguaggio, pertinenti alla comprensione e al ricordo del contenuto, e come questi potessero avere risentito del periodo di sordità avvenuto nelle prime fasi dello sviluppo.