«La cultura della legalità mette radici in terre fertili di responsabilità. È questa la spina dorsale di una democrazia.» Così ha sottolineato Don Ciotti, ospite dell’evento conclusivo del progetto “Messaggeri di legalità”. Ha 78 anni, un'esperienza nella lotta antimafia di lungo corso, ma quando parla ha ancora il fervore delle prime volte capace di coinvolgere tutti i presenti.
Il progetto dei “Messaggeri” è partito a gennaio 2023, con finanziamento del MUR, e consisteva in quasi un anno di percorso educativo aperto a tutti gli studenti di Milano-Bicocca. Articolato in due fasi - una parte formativa, con la proposta di seminari e una attiva, con la partecipazione a eventi simbolici come la Settimana della legalità in Sicilia – il percorso si è appena concluso con la testimonianza attiva degli 11 Messaggeri selezionati, presso alcune scuole medie superiori di secondo grado di Milano, con lo scopo di diffondere la cultura della legalità coinvolgendo i più giovani.
«All’inizio ho partecipato per interesse verso gli incontri: i nomi dei relatori dei seminari (da professionisti delle istituzioni ad attori dell’associazionismo e della società civile) mi hanno stimolato a partecipare, visto anche i miei studi in giurisprudenza. – racconta Martina Griffini, una degli 11 Messaggeri che hanno svolto tutto il percorso – Ma in breve ho capito che questo progetto mi stava facendo cambiare prospettiva, rendendomi più consapevole su queste tematiche di legalità e antimafia. Da un’occasione di formazione quindi, si è trasformato in un progetto più ampio da costruire insieme. Per me, per esempio, l’incontro con gli avvocati del Foro di Milano sul ruolo dell’avvocato difensore in processi di mafia, è stato letteralmente commovente e mi ha fatto comprendere meglio alcuni aspetti della realtà che ci circonda, come la criminalità organizzata, che finora non avevo mai avuto modo di affrontare nello studio dei vari insegnamenti.»
Martina ha partecipato a tutto il percorso della formazione dei “Messaggeri”: dalla prima fase, costituita da un ciclo di seminari formativi (dal 3 febbraio al 9 giugno 2023) aperta agli studenti di qualsiasi corso di laurea dell’Università di Milano-Bicocca, e che ha visto il coinvolgimento di molteplici operatori nell’ambito della legalità; alla selezione, attraverso bando, degli 11 studenti che hanno poi partecipato ad un Summer camp tra il 26 e il 29 giugno presso l’Università Milano-Bicocca, fino all’assegnazione di una delle tre borse di ricerca, finalizzate allo svolgimento di tre studi su aspetti del fenomeno mafioso.
«Ho scelto di effettuare una ricerca sul fenomeno dell’attrazione del tessuto economico lombardo verso le mafie. – specifica Martina - Mi ha sorpreso scoprire come esse si siano insinuate nelle società, prendendo a modello il sistema imprenditoriale milanese per agire in modo illegale nel mercato. Ora sono molto felice che il mio lavoro sia stato pubblicato dalla casa editrice Giappichelli di Torino.»
La fase conclusiva del progetto è stata quindi la restituzione di quanto appreso attraverso la testimonianza diretta degli 11 messaggeri presso 5 classi degli Istituti superiori coinvolti (L. Cremona, Severi-Correnti e C. Cattaneo di Milano). «Mi è piaciuto molto lavorare con i ragazzi su queste tematiche. - dice Martina – I ragazzi in modo autonomo, prendendo spunto dalle nostre lezioni, hanno realizzato dei video e dei poster che rappresentano le tematiche presentate nelle varie classi. Nel mio caso gli studenti si sono concentrati sulla tematica della confisca dei beni alla mafia. In particolare hanno analizzato la città di Milano e, scegliendo dei luoghi significativi, hanno creato una mappatura dei beni confiscati nella loro città.»
Un progetto che per la studentessa ha segnato una svolta personale, come spiega lei stessa: «Grazie a questo progetto ho iniziato a prendere in considerazione anche la carriera della magistratura perché, nonostante in Italia si pensi che il sistema giudiziario, in particolare l’apparato della magistratura, non funzionino e non portino mai a termine gli obiettivi che si pongono, mi sono ricreduta. Ho conosciuto infatti varie personalità impegnate a livello sociale e lavorativo nel contrasto alla mafia che mi han fatto sentire personalmente presa in causa, anche a livello di responsabilità: ora quindi vedo naturale la scelta di svolgere un ruolo attivo nella società e quindi fare il magistrato.»