Malattie del sangue: all'origine dell'eritrocitosi idiopatica - Bnews Malattie del sangue: all'origine dell'eritrocitosi idiopatica

Malattie del sangue: all'origine dell'eritrocitosi idiopatica

Malattie del sangue: all'origine dell'eritrocitosi idiopatica
Globuli-rossi-nel-sangue

Dopo l’identificazione di una nuova forma di mielofibrosi, alla quale la rivista Blood ha recentemente dedicato la copertina, parliamo di una nuova scoperta che nasce dalla collaborazione tra la dottoressa Elena Elli - dirigente medico del IRCCS San Gerardo di Monza - e il team di ricercatori diretto dal professor Carlo Gambacorti-Passerini, dell’Università Milano–Bicocca, pubblicata su Clinical and Experimental Medicine.

La ricerca ha consentito di identificare le cause alla base di molti casi di eritrocitosi idiopatica. Ne parliamo con la dottoressa Elli che ci spiega il significato di questa scoperta.

Da cosa è partita la vostra ricerca?

Foto-di- Elena-Elli

Nel reparto di ematologia dell’ospedale San Gerardo ci occupiamo con una certa frequenza di poliglobulie, altrimenti dette eritrocitosi. Sono patologie accomunate da un aumento sregolato del numero di globuli rossi nel sangue. Tra queste condizioni la più grave è la policitemia vera, determinata dalla presenza di mutazioni somatiche a carico di un gene specifico, chiamato JAk2, che determinano la natura tumorale di questo disordine, attivando in maniera costitutiva una via genetica chiamata JAK-STAT. La policitemia vera fa parte del gruppo delle neoplasie mieloproliferative croniche e si caratterizza per un rischio vascolare elevato e per le complicanze trombo-emorragiche, che rappresentano la prima causa di morbilità di questi pazienti. Il trattamento ha come principale scopo quello di controllare il rischio di trombosi del paziente.

Quando troviamo un paziente che presenta una poliglobulia normalmente cerchiamo di capire se questa forma è “primitiva”, quindi ha origine nel fatto che il midollo si è ammalato, oppure se si tratta di una forma secondaria, nella quale l’incremento dei globuli rossi è una manifestazione di qualcos’altro: per es. malattie cardiache, polmonari (come la bronchite cronica, l’enfisema e le apnee notturne), o renali. In quest’ultimo caso di solito si tratta comunque di una situazione reversibile, nel senso che curando la patologia di base, la poliglobulia migliora o si risolve.

Molto poco invece era noto fino ad oggi dei casi di eritrocitosi che presentano una sintomatologia simile a quella della policitemia vera, ma in cui non è possibile identificare mutazioni in quei geni che noi usiamo come “marcatori”. Facciamo tutti gli accertamenti sul cuore, sul polmone, sul rene e non troviamo nulla: questa condizione è quella che viene definita “eritrocitosi idiopatica”, che è stato proprio il focus della nostra ricerca. Si tratta di una condizione sottostimata nella popolazione, trattandosi di una diagnosi a cui si arriva per esclusione. Una stima approssimativa ci porta a ritenere che l’incidenza dell’eritrocitosi idiopatica sia intorno all’1‰ dei soggetti. Per avere un’idea, su dieci pazienti che vediamo, probabilmente sette hanno una forma di eritrocitosi secondaria, uno ha la policitemia vera e due potrebbero avere un’eritrocitosi idiopatica.

Come siete arrivati ai risultati del vostro studio?

Siamo partiti da una evidenza clinica in real-life su un gruppo di pazienti prevalentemente maschi, giovani, che sono risultati - dopo il work-up diagnostico di primo livello - affetti da una eritrocitosi JAK2 negativa. Con il nostro gruppo di ricerca, costituito da medici clinici e ricercatori dell’Università Milano-Bicocca, siamo arrivati a comprendere in modo abbastanza inaspettato, come circa il 70% dei pazienti affetti da eritrocitosi idiopatica presenti mutazioni non somatiche ma germinali, che coinvolgono geni che influenzano la produzione di globuli rossi. Confrontando poi, tramite tecniche di laboratorio avanzate, campioni di DNA accoppiati di sangue e saliva di ciascuno dei pazienti affetti, abbiamo confermato la natura germinale, vale a dire presente fin dalla nascita e non acquisita di queste varianti.

Una volta identificata una gamma di mutazioni in geni “interessanti” correlati alla eritrocitosi, siamo andati ad effettuare un approfondimento in laboratorio, utilizzando dei modelli cellulari sofisticati per riprodurre la stessa situazione che si verifica in vivo. Le varianti germinali più ricorrenti sono risultate a carico soprattutto di tre vie genetiche legate all’ipossia (quindi relative alla quantità di ossigeno all’interno delle cellule), al metabolismo del ferro e al pathway di Jak-STAT, lo stesso coinvolto nella policitemia vera, ma questa volta alterato a livello germinale, non somatico. Abbiamo visto che i pazienti con l’eritrocitosi idiopatica spesso hanno una o più mutazioni co-correnti a livello di queste tre cascate genetiche e abbiamo avuto conferma della nostra ipotesi di un loro coinvolgimento anche nei modelli cellulari, che hanno riprodotto esattamente il fenotipo clinico dei nostri pazienti.

Dal punto di vista clinico cosa significa?

Abbiamo compreso un punto molto importante: circa il 70% di questi pazienti non ha un tumore del sangue, che non è un’informazione da poco; significa alleggerire anche da un punto di vista della gestione psicologica della problematica il paziente, che non è affetto da policitemia vera, patologia tumorale che può evolvere anche in una leucemia acuta nel 10-15% dei casi circa. Per contro, stiamo continuando a raccogliere i casi, cercando di capire come varia la quota residua di pazienti con mutazioni somatiche, se quel 25-30% di pazienti che non ha sviluppato un tumore resta tale, ma ci vuole tempo per avere un'osservazione adeguata. L’altra cosa che sottolineerei è che la nostra scoperta apre la strada a trial clinici dedicati a comprendere quale sia il miglior trattamento per questi pazienti con eritrocitosi idiopatica, in cui il rischio di trombosi, in questo studio, si conferma basso ma comunque non trascurabile (intorno al 10%), malgrado non siano per lo più affetti da una neoplasia mieloproliferativa.