Mille chilometri giù e su dalla Germania per dare un esame. La scelta delle scadenze in base al programma teatrale. I libri da studiare sempre dietro, tra un pas de trois e le pause in camerino. Per diventare un “ballerino sociologo” bisogna calcolare tutto nei minimi dettagli. “Faticoso, ma fattibile”, assicura Robin Strona, 29 anni, artista in forza alla compagnia di ballo della Bayerisches Staatsballett di Monaco di Baviera. E laureato Bicocca in Sociologia con 110 e lode.
Robin, partiamo dalla carriera: qual è stato il tuo percorso?
Dopo il diploma all’Accademia della Scala, ho lavorato ad Anversa presso il Balletto Reale delle Fiandre, poi all’Opera di Zurigo, e dal 2013 a Monaco di Baviera, tranne un anno al Semperoper Ballett di Dresda.
Che effetto fa ballare senza pubblico?
Due settimane fa sono andato in scena in “Bedroom Folk”, balletto moderno con la coreografia di Sharon Eyal e Gai Behar: è stato il mio debutto in modalità esclusivamente streaming causa lockdown. Si sente l’assenza di quell’atmosfera speciale, di quell’adrenalina che ti trasmettono gli spettatori.
Difficoltà e scoperte di questo periodo?
È stato complicato tenersi in forma riducendo le ore di prova in teatro. Il corpo non reagisce bene alle lezioni su zoom in salotto o in cucina. Anche le recite sono diminuite sensibilmente, ma per fortuna ho un contratto stabile con la compagnia. Allo stesso tempo ho cominciato a coltivare altri hobby: ho ripreso a suonare la tastiera e, nel tempo libero, faccio il deejay di musica tecno..
Qualche anno fa hai scelto di iscriverti a Sociologia: perché?
L’università è sempre stata una mia fissa. Non appena mi sono stabilizzato, ho deciso di provarci, senza sapere a quale corso iscrivermi. Una mia amica mi ha prestato un paio di libri di sociologia e mi si è aperto un mondo. Milano era la città più comoda da raggiungere in giornata e il test di valutazione della preparazione iniziale della Bicocca cadeva in uno dei miei pochi giorni liberi. Ho avuto pochi dubbi sulla scelta.
Come ti sei trovato?
Benissimo. Studiando scoprivo sempre cose nuove e interessanti. Tanto che ora sto pensando di iscrivermi anche alla magistrale. Quando ero sotto esame, mi mettevo sui libri appena possibile, all’alba prima delle prove, in pausa, anche la sera. Mi sono laureato da non frequentante.
Come ti organizzavi per dare gli esami?
Confrontavo il programma del teatro con il calendario dell’università: i giorni di spettacolo erano off limits. Andavo e tornavo in giornata. Per le sessioni mattutine, con il treno notte non ce l’avrei fatta e prendevo il pullman. Non arrivavo molto riposato. Alle 6.30 mia mamma mi raccoglieva a Lampugnano e stavamo in auto fino all’inizio dell’esame. Al ritorno prendevo l’aereo o il treno. Nelle sessioni pomeridiane facevo il contrario. Più di 500 chilometri di viaggio per scendere e più di 500 per risalire. Ma alla fine è andata bene: 110 e lode.
Tesi su…?
La professione del ballerino, intervistando i miei colleghi della compagnia di ballo. Ho descritto una comunità socialmente abbastanza chiusa e spiegato come questo influenzi le condizioni lavorative. Mi sono laureato con la professoressa Sonia Stefanizzi della quale avevo seguito al primo anno un corso in e-learning, preparando anche un progetto di ricerca. Via skype e per telefono mi era apparsa da subito molto comprensiva.
Quale balletto ambienteresti tra gli edifici della Bicocca?
Essendo di recente costruzione ma nati su una realtà industriale preesistente, penso al ”Romeo e Giulietta” di Prokofiev con la coreografia di Christian Spuck: un mix tra antico e moderno.
Prossimo impegno?
Una prima moderna ad aprile, “Der Schneesturm”, dal racconto “La tormenta” di Puškin. Spero di danzare nuovamente davanti al pubblico.
Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti gratuitamente alla newsletter Bnews per rimanere aggiornato su tutte le ultime news dal Campus.
Foto credits per le foto di scena: Nicha Rodboon