Laura, Milano-Parigi in bici per i bambini africani - Bnews Laura, Milano-Parigi in bici per i bambini africani

Un’idea nata per gioco e per amore: di un fidanzato, dell’aria aperta e del movimento, che si è trasformata in una storia di solidarietà. È l’avventura di Laura Romano, studentessa di Economia e amministrazione delle imprese all’Università Bicocca, che lo scorso luglio ha intrapreso un viaggio insolito: più di 1000 chilometri percorsi in bicicletta da Milano a Parigi.

Come è nata l’idea del viaggio Milano-Parigi in bici?   
Il mio ragazzo lavora da due anni a Parigi. Un giorno gli ho detto: “Manca solo che ti venga a trovare in bici”. Ma la cosa è morta lì. Con il passare dei giorni ho ripensato a quella frase pronunciata per scherzo e mi sono detta: lo faccio!         
Non sono un'appassionata di ciclismo: lo seguo e vado in bici quando ne ho voglia. Non sono nemmeno una vera sportiva. Non conosco tabelle di allenamento o rinunce particolari. Ma sono una grande appassionata di montagna, quindi le gambe le ho sempre avute.

Come si è trasformata in un’impresa di solidarietà?    
A dicembre dello scorso anno ho conosciuto una realtà molto bella: CBM Italia Onlus. Curano e prevengono le disabilità nei Paesi del Sud del Mondo attraverso la costruzione di ospedali, la formazione di personale qualificato e l’inclusione dei bambini con disabilità nelle scuole. Dopo qualche settimana ho iniziato uno stage da loro, nel settore digital.   
Nel frattempo, facevo qualche pedalata per allenarmi, mentre sul posto di lavoro mi trovavo bene e cresceva in me una consapevolezza: con poco si può fare davvero tanto. Da stagista, perciò, ho preso coraggio e ho proposto la mia idea al mio capo: pedalare per 1000 chilometri e lanciare una campagna sui social, invitando le persone a donare un euro per ogni chilometro che avrei percorso.

Come è andata la raccolta fondi?    
Ho pensato molto al metodo di donazione e ho deciso di creare una landing page direttamente sul sito di CMB Italia. Alla raccolta fondi online, ho accompagnato una campagna offline, un po’ vecchio stile. Nel paese in cui abito, mia madre ha un negozio e mi conoscono tutti: ho pensato che sarebbe stato più semplice mettere dei salvadanai in qualche negozio, così i commercianti avrebebro potuto raccontare anche di persona il progetto.         
In undici giorni ho percorso quasi 1100 chilometri, ho raccolto 1400 euro. La cifra è stata devoluta per medicinali e cure all'ospedale Buluk di Giuba, in Sudan del Sud, dove lavora un nostro cooperante.

Quali sono state le difficoltà e quali le soddisfazioni di questa avventura?        
La parte più difficile è stata anche quella più bella: la condivisione serale della mia giornata attraverso i post sui social. Dopo aver percorso cento chilometri al giorno, avresti solo voglia di dormire. Invece, ho cercato ogni giorno di coinvolgere le persone, di scaldare un po’ i loro cuori. La fatica l’ho sentita, ma mi abituavo sempre di più e il fisico ha retto bene. L’aspetto più bello del viaggio? Il fatto di averlo fatto da sola, ma essere stata accompagnata dalla generosità di tutti. Sono partita dall'Arco della Pace accompagnata dai miei colleghi, per tutto il tragitto ho ricevuto tantissimi messaggi da persone che non sentivo da anni, da persone che mi incoraggiavano senza conoscermi e sono arrivata all'Arco di Trionfo con il mio ragazzo. Ho pedalato sola, ma non ero sola.
 
Ci sono altre esperienze di questo tipo tra i tuoi progetti per il futuro? 
È stata un'esperienza fantastica e vorrei rimanesse unica. Non mi metterò a raggiungere tutte le capitali del mondo facendo raccolte fondi: questo so che riuscirei a farlo. Mi vorrò sicuramente inventare altre cose, sperimentare sempre qualcosa di nuovo.          
Vorrei dire una cosa ai giovanissimi (io ho quasi 27 anni, non sono più così di primo pelo!): fate qualunque cosa vi appassioni davvero. Il mondo del lavoro è molto diverso da quello che trovate sui libri. Ma se credete in ciò che fate, potete arrivare ovunque, anche a Parigi in bici. E raggiungere un obiettivo non è qualcosa che ha a che fare con la carriera e con la busta paga: quello è arrivismo. Arrivare per me significa avere a cuore un progetto di valore, per se stessi e per il mondo, ed essere così perseveranti da realizzarlo.